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Traslocare con il gatto: quali accorgimenti sono importanti per la sua serenità?

Traslocare con il gatto: quali accorgimenti sono importanti per la sua serenità?

Accade spesso che il medico veterinario esperto in comportamento sia interpellato quando è in programma un cambiamento importante che coinvolgerà anche il gatto della famiglia. Chiunque viva con questo animale conosce perfettamente le difficoltà che può avere nell’affrontare anche piccoli cambiamenti, apparentemente insignificanti: arredamento nuovo, un ospite che resta qualche giorno in casa, affrontare un breve viaggio. Oramai molti studi confermano quanto sia importante per il gatto la stabilità dell’ambiente di vita così come delle abitudini, della routine. Il gatto ama sottolineare la sua presenza in casa e la destinazione d’uso delle diverse parti dell’ambiente di vita, utilizzando diversi tipi di marcatura olfattiva e visiva e questo gli permette di sentire la casa più sua, lasciando indicazioni che gli danno sicurezza e rendono ogni particolare della casa una certezza da ritrovare ad ogni annusata. Per questo motivo, ad ogni cambio di stanza, ogni movimento, ogni modificazione della compagnia in una stanza può indurre il gatto a lasciare tracce di sé, depositando marcature differenti, paragonabili a dei cartelli stradali o a post it, effettuate attraverso i feromoni.  Questi segnali chimici para-olfattivi portano un messaggio al cervello, passando attraverso un organo senso – olfattorio accessorio posto tra cavità buccale e nasale (Organo Vomero Nasale o di Jacobson), di fondamentale importanza per molti animali perché consente loro di decifrare messaggi lasciati da animali della stessa specie. I feromoni sono quindi una sorta di evidenziatore usato dall’animale per segnalare la sua presenza in zona, eventuali pericoli, lo stato fisiologico, le differenti funzioni di un luogo o l’altro e sono secreti da differenti parti del corpo, a seconda del messaggio da depositare e della necessità individuata dal gatto. Le marcature facciali sono quelle che vengono depositate su oggetti, passaggi, persone con lo scopo di sottolinearne l’importanza e la “proprietà”. Strofinando guance e mento, il gatto deposita delle molecole prodotte dalle ghiandole facciali, talvolta anche visibili come “macchie” untuose sugli spigoli delle pareti. Le marcature con graffio, al contrario di quanto comunemente si pensi, non vengono effettuate per “farsi le unghie” ma per indicare un punto di transito o un luogo in cui il gatto ama appartarsi e appisolarsi. Queste sono molto importanti perché permettono al gatto di lasciare due tipi di messaggi: visivo – il graffio che rimane sul substrato – olfattivo – con la deposizione di feromoni prodotti dalle ghiandole sottoungueali.  Una terza modalità di marcatura del gatto è quella che avviene tramite l’urina (raramente con le feci).  La marcatura urinaria può essere depositata quando qualcosa nell’ambiente non va come il gatto vorrebbe: se ci sono altri felini sconosciuti oppure se vengono eliminate le marcature – ad esempio, quando si tinteggiano le pareti o si cambia il divano perché è stato graffiato. Questa marcatura può comparire anche quando il gatto subisce un trasloco senza le dovute attenzioni e precauzioni, trovandosi catapultato in un nuovo ambiente del tutto sconosciuto. Come prepararsi al cambiamento Il trasloco è un evento impegnativo anche per noi, implica un periodo di confusione in casa, tra scatoloni e gran parte delle nostre cose fuori posto, andirivieni continui tra due case, organizzazione di tempo e spazi, adattamento alle novità.  Per immaginare cosa significhi per il gatto dovremmo poterci immergere nella sua percezione dello spazio e alla sicurezza che questo animale trova delimitando la propria casa con i feromoni e che è strettamente correlata ad una stabile routine accanto a noi.  Per un gatto “trasloco” vuol dire essere stressato e vederci stressati, impegnati nel districarci tra le mille cose da fare e risolvere, distratti rispetto al quotidiano condiviso con lui, sotto sopra da ogni punto di vista. In aggiunta, per il gatto vedere la casa altrettanto stravolta in ogni angolo è un elemento di ulteriore stress e perdita di riferimenti di ogni tipo. Allora prepararsi al cambiamento significa prevenire aiutare il gatto ad accettare il più possibile serenamente questo grande cambiamento. Quando cominciare a prepararlo ai cambiamenti?  Questo è variabile ed è in relazione alla nostra capacità di organizzazione che potrà rivelarsi preziosissima in una situazione del genere.  Se il trasloco andrà fatto in poco tempo e si prevede che al caos, si potranno aggiungere concitazione e un po’ di ansia, sarà bene quanto meno anticipare tutto il possibile per limitare lo stress dell’animale, cominciando ad adottare accorgimenti almeno un mese prima.  Esistono in commercio prodotti specifici, nutraceutici o integratori alimentari, molto validi per supportare l’animale in un momento che potrebbe rivelarsi stressante. Si tratta prodotti utili per ridurre l’ansia e assolutamente sicuri perché privi di controindicazioni. Il medico veterinario potrà consigliare i più adatti all’animale, a seconda del suo profilo comportamentale e della sua adattabilità. Un altro supporto molto importante per aiutare il gatto ad affrontare al meglio il cambiamento sono i feromoni di sintesi, copie di quei messaggi chimici che il gatto deposita quotidianamente nel proprio ambiente e che gli danno sicurezza.  Esistono in commercio feromoni di sintesi, che si diffondono nell’ambiente grazie a un diffusore elettrico, che possono attenuare l’ansia da cambiamento anticipando, nel contempo, l’azione di marcatura del gatto nella nuova casa fintanto che non sarà lui stesso a appropriarsene una volta trasferiti. Questi dovrebbero essere applicati nella nuova casa almeno 7-10 giorni prima del trasferimento del gatto, per offrirgli al suo arrivo un ambiente più confortevole e rassicurante. Nell’attesa possiamo anche inserire attività di preparazione per prevenire lo stress.  Qualche tempo prima può essere utile lasciare in casa scatole e scatoloni vuoti, di diverse dimensioni e in diversi posti, lasciando al gatto la libertà di esplorarli. Questi oggetti, che presto invaderanno tutta casa, possono comparire preventivamente come situazioni di divertimento: il gatto potrà essere incoraggiato a nascondersi dentro lo scatolone, giocarci e abituarsi a ciò che accadrà durante i preparativi. Con estrema semplicità potremo quindi trasformare ciò che potrebbe essere qualcosa di stressante per la modificazione ambientale, la perdita di controllo e di riferimenti domestici, in un divertentissimo gioco. Accogliendo gli agguati e il nascondino tra una scatolone e l’altro, offrendo al gatto qualche scatola creata ad hoc per la ricerca di qualche buono snack o di alcuni dei suoi giochi preferiti, potremo facilmente trasformare i preparativi in un momento di interazione e distrazione, alleviando lo stress di tutti.   Il trasloco si avvicina Buona abitudine sarebbe tenere sempre a portata di gatto il suo trasportino affinché non diventi un oggetto del terrore, associato all’idea che si andrà dal dottore ma un luogo di riposo. Perché la percezione olfattiva di questo luogo sia positiva è importante lavarlo bene dopo ogni trasporto dal veterinario, affinché i messaggi di paura (feromoni di allarme) che il gatto può avervi lasciato durante il tragitto attraverso i cuscinetti plantari, scompaiano insieme alla paura che ha provato. A tale scopo è sufficiente lavare accuratamente interno ed esterno del trasportino con acqua e sapone, per poi passarlo con alcool e, dopo aver fatto asciugare bene ed evaporare ogni odore, sistemarci una copertina morbida o un cuscino. La collocazione del trasportino, preventivamente pulito, in un punto della casa gradito al gatto, stimolerà la sua curiosità e lo incoraggerà ad esplorarlo, entrarci, sdraiarsi sul tetto, portarci qualche giocattolo o andare a farsi un pisolino al riparo da rumori e dal movimento in casa. Questa preparazione, oltre ad essere utile per cancellare l’antipatia per il trasportino, ci permetterà di abituare il gatto a brevi spostamenti senza che questi siano associati esclusivamente alla visita veterinaria e farà sì che il trasferimento dalla casa vecchia alla nuova possa essere più tranquillo. Inoltre, una buona percezione del trasportino ci permetterà di far conoscere al gatto la nuova dimora in più riprese, portandocelo per qualche ora quando andremo a sistemare le nostre e le sue cose, e fintanto che tutto sarà sistemato e tutta la famiglia si ricollocherà nella nuova casa.   Predisporre la nuova casa al meglio Per aiutare il gatto ad adattarsi più rapidamente e con minore stress al cambiamento, può essere utile allestire inizialmente una zona delimitata dell’abitazione dove potrà trovare una o più cassettine igieniche, dei punti cibo ben distanziati dalle cassettine, acqua, giocattoli, cucce e elementi di arredo per arrampicarsi ed appartarsi in alto, tiragraffi e tutto ciò che più gradiva nella precedente abitazione. Nella stessa zona sarà utile applicare, come scritto in precedenza, i feromoni (in una presa di corrente in basso). In questo modo daremo al gatto il tempo per ambientarsi gradualmente, secondo i suoi tempi e gli eviteremo di sentirsi spaesato, sopraffatto da troppe novità. Nel contempo, il nostro amico avrà la possibilità di apprezzare l’effetto dei feromoni di sintesi e di arricchire con marcature di sua produzione il nuovo ambiente, rilassandosi con eventuali nutraceutici consigliati dal medico veterinario e divertendosi a fare la caccia al tesoro tra gli scatoloni in attesa di collocazione. “Med. Vet., PhD, Esperto in comportamento animale riconosciuto FNOVI, Presidente SISCA (Società Italiana Scienze Comportamentali Applicate) - (Medicina comportamentale)”Dr.ssa Maria Chiara CatalaniAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Edema polmonare cardiogeno

Edema polmonare cardiogeno

Cos’è l’edema polmonare? L’edema polmonare è un’emergenza, potenzialmente fatale, caratterizzata da un accumulo anomalo di fluidi extravascolari in alcuni comparti del parenchima polmonare, quali l’interstizio (edema interstiziale) e/o gli alveoli polmonari (edema alveolare).  Quali sono le cause di un edema polmonare? L’edema polmonare può essere determinato da problematiche cardiache e non, ma le prime risultano sicuramente tra le cause più frequenti e l’edema polmonare in questo caso caratterizza la cosiddetta “insufficienza cardiaca congestizia” o “scompenso cardiaco”. Tra le patologie cardiache più frequenti, potenzialmente responsabili di edema polmonare cardiogeno ricordiamo:  La degenerazione mixomatosa della valvola mitrale, che rappresenta la patologia cardiaca acquisita riscontrata più frequentemente nel cane, specialmente nelle razze di piccola taglia.  La miocardiopatia dilatativa (DCM), che è la forma di miocardiopatia (ovvero di patologia del muscolo cardiaco) più comune nel cane, specialmente nelle razze di grossa taglia (Dobermann, Terranova, Alano).  La miocardiopatia ipertrofica (HCM) che rappresenta la malattia cardiaca più frequente nel gatto, in cui le razze maggiormente a rischio sono il Maine Coon, Ragdoll, Persiano, British Shorthair, Sphinx, anche se si riscontra con una frequenza molto elevata anche nei comuni europei.  La miocardiopatia restrittiva; anche questa è una miocardiopatia tipica del gatto ma meno frequente rispetto alla forma ipertrofica.  L’endocardite è tra le possibili cause di scompenso cardiaco e quindi edema polmonare nel cane, solitamente negli animali è a prevalenza aortica, a differenza dell’uomo; l’incidenza di questa patologia è piuttosto bassa, si attesta intorno allo 0,05%, e sono maggiormente a rischio cani adulti di grossa taglia. La miocardite (ovvero un disordine infiammatorio del muscolo cardiaco), rappresenta una delle patologie cardiache più complesse da diagnosticare ed ha un’incidenza dell’1,5% nella specie canina fino al 2,5% nella felina.  Tachiaritmie. Sono molte le patologie del ritmo cardiaco che possono rendersi responsabili di uno scompenso cardiaco con edema polmonare.   Ci sono anche delle cardiopatie congenite, quindi presenti sin dalla nascita, che possono essere responsabili di edema polmonare, tra cui il difetto del setto interventricolare (DIV) ed il Dotto Arterioso Pervio (PDA). Questa malattia è particolarmente frequente in alcune razze come il Pastore Tedesco, Pastore Australiano, Terranova, Border Collie, Maltese, con predisposizione maggiore nei soggetti di sesso femminile.  Come posso sospettare uno scompenso cardiaco? L’animale in scompenso cardiaco presenta difficoltà respiratoria, che può essere più o meno evidente a seconda dell’estensione delle lesioni, del soggetto e della specie. Può comparire improvvisamente tosse o, a volte, si può avere solo un aumento della frequenza respiratoria, con respiro affannoso od a bocca aperta, inoltre si può notare una maggiore compartecipazione addominale (guardando il proprio animale si vedono delle escursioni importanti dell’addome durante gli atti respiratori). L’ animale in scompenso cardiaco può anche assumere posizioni particolari, volte ad agevolare la respirazione, come ad esempio la testa particolarmente estesa, allungata sul collo e gli arti anteriori divaricati, oppure comportamenti particolari, come la riluttanza a distendersi, ad adagiarsi nella cuccia ed a mangiare.  Quando in un animale si nota una sintomatologia di questo tipo, l’indicazione è sempre quella di contattare il proprio medico veterinario curante e di condurre l’animale in visita d’urgenza nella struttura veterinaria più vicina, evitando per quanto possibile ogni forma di stress, così da non peggiorare una funzione respiratoria già compromessa.  Come viene diagnosticato? La diagnosi deve essere confermata in maniera tempestiva in modo da evitare la progressione e la complicazione del quadro clinico, aumentando le probabilità di sopravvivenza.  L’edema polmonare viene già sospettato dal veterinario in presenza di una storia clinica di malattia cardiaca, dei sintomi clinici precedentemente descritti e dei rilievi dell’esame fisico, tra cui il riscontro di soffi cardiaci o di aritmie, indicativi di una patologia cardiaca sottostante. Nell’auscultazione dei campi polmonari solitamente si percepiscono particolari rumori respiratori, quali crepitii e rantoli. La diagnosi viene poi confermata con un esame radiografico del torace, oppure da un’ecografia del torace, ed entrambi possono essere utilizzati dal veterinario anche per il monitoraggio del paziente. Nel gatto può essere considerata dal medico veterinario l’esecuzione di un test ematico volto alla ricerca di porzioni di proteine prodotte normalmente dal muscolo cardiaco. Solo una volta stabilizzato l’animale il veterinario potrà ritenere necessario eseguire un esame ecocardiografico, così come esami ematici di laboratorio possono essere necessari per la valutazione complessiva dell’animale in funzione delle necessità terapeutiche che il veterinario deve intraprendere.    Quale è la terapia?  I soggetti affetti da edema polmonare devono essere gestiti il più delicatamente possibile riducendo al minimo ogni forma di stress.  La terapia è di tipo medico, volta a ridurre la congestione venosa ed a migliorare lo stato emodinamico e di ossigenazione del paziente.    Quale è la prognosi? La prognosi dell’edema polmonare cardiogeno è riservata. È possibile aumentare le probabilità di sopravvivenza se il paziente viene portato dal veterinario il più rapidamente possibile.  Cosa posso monitorare a casa in un animale cardiopatico che ha avuto un edema polmonare?  Al proprietario di un animale che ha avuto un edema polmonare, ma in generale al proprietario di ogni soggetto affetto da patologia cardiaca, si consiglia di monitorare con costanza a casa la frequenza respiratoria del proprio animale. Per fare ciò si contano, quando l’animale è in assoluto riposo, gli atti respiratori in un minuto (può risultare più pratico contare gli atti respiratori in 15 secondi e poi moltiplicare per 4. In condizioni normali gli atti respiratori dei nostri animali a casa ed a riposo devono essere inferiori a 30; ovviamente tale parametro è riferito a condizioni di normalità in assenza di altri fattori determinanti un aumento della frequenza respiratoria (stato di agitazione, alte temperature…). Qualora si registri un aumento della frequenza respiratoria del proprio animale si consiglia di contattare il proprio medico curante o di condurre il soggetto a visita di controllo urgente.   “Med. Vet., Med Vet, GPCert in Cardiologia - (Cardiologia)”Dr.ssa Marta ClarettiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Cistite Idiopatica Felina

Cistite Idiopatica Felina

Cos’è la cistite idiopatica felina? La cistite idiopatica felina (FIC) è una sindrome infiammatoria di origine sconosciuta a carico della vescica urinaria del gatto. La FIC rappresenta la patologia più comune (55%) delle basse vie urinarie nel gatto seguita dalla cistite batterica (20%), tappi uretrali (10%), calcoli urinari (7%) e tumori (4%).  Quali sono i sintomi di cistite idiopatica felina? I gatti con FIC presentano sintomi riferibili alla infiammazione delle basse vie urinarie: Urinazione dolorosa (detta stranguria) o difficoltosa (detta disuria) Urinazione frequente di piccole quantità di urine (detta pollachiuria) Urinazione in posti inusuali della casa e al di fuori della lettiera (detta periuria) Presenza di sangue nelle urine (detta ematuria) L’eccessivo leccamento della regione genitale (overgrooming) Inoltre a seconda della gravità o durata della malattia possono insorgere altri sintomi quali : Abbattimento Perdita di appetito Vocalizzazioni Febbre Dolore addominale Mancata urinazione (anuria)   Perché insorge la Cistite Idiopatica Felina ? Ad oggi, l’esatta causa della FIC rimane sconosciuta. Si sospetta che la malattia sia multifattoriale con il coinvolgimento di diversi fattori del paziente ma anche ambientali.  I fattori che sembrano avere un ruolo nello sviluppo della malattia includono: Predisposizione genetica: che rende alcuni soggetti più a rischio di altri. Alterazioni nella composizione della parete della vescica: in gatti con Cistite Idiopatica Felina è stata dimostrata una carenza di glicosamminoglicani delle sostanze che proteggono l’epitelio (cellule di rivestimento) della vescica predisponendolo a erosione e infiammazione.   Infiammazione di origine neurogena: le terminazioni nervose presenti nella parete della vescica possono essere stimolate da stimoli o irritanti locali oppure venire stimolate in eccesso dal sistema nervoso centrale (encefalo) in risposta a stress di diverso tipo. La stimolazione di tali fibre nervose porterebbe al rilascio di sostanze chimiche (neurotrasmettitori) in grado di esacerbare l’irritazione e l’infiammazione locale.  Stress: Diversi studi dimostrano che lo stress gioca un ruolo chiave nella Cistite Idiopatica Felina. In molti casi l’insorgenza della malattia viene scatenata da un evento stressante sia all’interno che all’esterno dell’abitazione. Risposta adattativa anomala allo stress: alcuni studi dimostrano che i gatti con Cistite Idiopatica Felina sviluppano una risposta adattativa all’evento stressante anomala rispetto ai gatti sani con la produzione eccessiva di alcuni neurotrasmettitori “pro-infiammatori” ma la totale assenza di neurotrasmettitori ad effetto “anti-infiammatorio.   Quali gatti sono a maggior rischio di Cistite Idiopatica Felina? La Cistite Idiopatica Felina tipicamente colpisce gatti nervosi che vivono esclusivamente indoor e che sono stati esposti di recente a stress ambientali come l’aggressione da parte di altri gatti all’interno o esterno della casa, l’arrivo di un nuovo animale nella casa, la presenza di persone estranee nell’ambiente domestico o l’inizio di lavori all’interno della abitazione). Inoltre, i gatti di mezza età di sesso maschile e in sovrappeso sembrano particolarmente a rischio. Non è stata invece dimostrata nessuna predisposizione di razza.   Come si fa diagnosi di Cistite Idiopatica Felina? Non esiste un test diagnostico specifico per la Cistite Idiopatica Felina. Di conseguenza, la diagnosi viene effettuata escludendo le altre patologie a carico delle basse vie urinarie nel gatto (chiamate nel complesso FLUTD).  Per far ciò, i gatti con sintomi da basse vie urinarie vengono sottoposti a: Esame fisico chimico delle urine, analisi del sedimento e esame colturale delle urine Radiografie dell’addome con o senza l’uso di mezzi di contrasto Ecografia del tratto urinario L’esame delle urine permette di escludere un’Infezione batterica delle basse vie urinarie (UTI). La radiografia addominale con o senza mezzo di contrasto e/o l’ecografia permette di escludere la presenza di calcoli urinari, restringimenti (stenosi) dell’uretra o masse/neoformazioni.   I rilievi possibili nei casi di FIC includono:  Presenza di sangue o cellule infiammatorie all’esame delle urine Ostruzione uretrale in assenza di calcoli o masse  Ispessimento della parete vescicale con sedimento e possibile reattività dei tessuti circostanti (Fig.1)   Fig.1 Immagine ecografica della vescica urinaria di un gatto con FIC. Si noti l’ispessimento della parete della vescica (*), la reattività dei tessuti circostanti (#) e la presenza di 2 piccoli calcoli nel lume della vescica (**).  Come si tratta la Cistite Idiopatica Felina? Nella maggior parte dei casi, soprattutto se si tratta del primo episodio di Cistite Idiopatica Felina, i sintomi si risolvono spontaneamente dopo pochi giorni senza terapie. In altri casi invece può essere necessario che il veterinario somministri terapia fluida endovenosa, terapia antidolorifica e antinfiammatoria.Fondamentale sarà la prevenzione di recidive, riducendo il più possibile o eliminando le possibili fonti di stress. Importante è utilizzare tecniche di arricchimento ambientale con l’introduzione di tiragraffi, giochi o altri elementi di intrattenimento felino. Alcuni gatti sembrano beneficiare dell’effetto di ferormoni felini sintetici, presenti in commercio come diffusori per ambiente. E' anche importante cercare di ridurre il conflitto tra i gatti conviventi aumentando il numero di lettiere o di ciotole presenti in casa, inoltre, laddove è possibile, ogni cambiamento della routine familiare e domestica deve essere introdotto in maniera graduale. Per quanto riguarda l’alimentazione nella Cistite Idiopatica Felina, al momento non sono presenti in letteratura studi riguardo l’efficacia della terapia dietetica ma sono commercializzate diete veterinarie apposite che hanno un aumentato contenuto di acqua, antiossidanti e triptofano.   Quali sono le complicazioni della Cistite Idiopatica Felina? La complicazione maggiore della cistite idiopatica è la comparsa di un’ostruzione uretrale funzionale, secondaria all’infiammazione, che impedisce la normale urinazione.L’ostruzione uretrale è una emergenza clinica che richiede attenzione immediata da parte di un medico veterinario che cercherà di disostruire l’uretra in aggiunta a fornire terapia di supporto. Per risolvere l’ostruzione il veterinario applica un catetere urinario (sotto sedazione o anestesia generale) che, se necessario, può essere tenuto in sede per le 48-72 ore successive in aggiunta a terapia analgesica, antinfiammatoria e fluidoterapia endovenosa. Qualora non si intervenga tempestivamente, la dilatazione della vescica e il ristagno di urine possono causare squilibri elettroliti (es. iperpotassiemia), rottura della vescica o danno renale grave che possono mettere in pericolo la vita del paziente. In rari casi, in cui la disostruzione uretrale non sia possibile – nel caso di recidive o di comparsa di stenosi uretrale, potrebbe rendersi necessaria l’esecuzione di una chirurgia di uretrostomia (con la creazione di un’apertura uretrale – stoma- artificiale).   Qual è la prognosi nei gatti con Cistite Idiopatica Felina? Fatto salvo l’insorgenza di complicazioni, la prognosi della cistite idiopatica felina è favorevole soprattutto se le misure volte a ridurre eventi stressanti e recidive vengono messe in atto. Nonostante ciò, il tasso di recidiva rimane alto: si stima che circa il 50% dei gatti con patologie delle basse vie urinarie (FLUTD) vada incontro a recidive spesso dovute a un’errata terapia ambientale.  “Med. Vet., Diplomato ACVIM, Diplomato ECVIM-CA, MRCVS, EBVS® - Specialist in Small Animal Internal Medicine”Dr. Fabio ProcoliAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La Torsione Dilatazione gastrica (GDV) nel cane

La Torsione Dilatazione gastrica (GDV) nel cane

Cos’è la Torsione Dilatazione gastrica nel cane? La Torsione Dilazione Gastrica nel cane (abbreviata GDV) è una emergenza gastroenterica potenzialmente fatale, se non riconosciuta e trattata tempestivamente, caratterizzata da una eccessiva dilatazione dello stomaco per accumulo di gas e fluidi e dalla concomitante rotazione dello stomaco lungo il proprio asse.    Come avviene la Torsione Dilatazione gastrica nel cane? Il meccanismo esatto di sviluppo della Torsione Dilatazione gastrica nel cane non è ancora del tutto chiaro. Diverse sono le ipotesi sin qui avanzate ma è probabile che si tratti di una malattia multi fattoriale con la compartecipazione di diverse cause in cani geneticamente predisposti. Tra i fattori ritenuti co-responsabili della Torsione Dilatazione gastrica troviamo:  Razza di taglia gigante e grande ad esempio Alano, Pastore Tedesco, Setter Inglese e Irlandese e Barbone (anche se qualsiasi cane può sviluppare Torsione Dilatazione gastrica) Conformazione profonda della gabbia toracica Età avanzata Condizioni fisiche scadenti ed eccessivo dimagrimento Numero e quantità eccessiva dei pasti Esercizio fisico dopo il pasto Aerofagia (ingestione di grandi quantità di aria)  Sbalzi termici improvvisi Ridotta motilità dello stomaco Lassità dei legamenti epato-gastrico (che collegano stomaco a fegato)   Oltre ai fattori di rischio, rimane ancora da delucidare se il meccanismo scatenante della Torsione Dilatazione gastrica sia la dilatazione eccessiva dello stomaco (per cause diverse come deglutizione eccessiva di aria e saliva, fermentazioni batteriche, accumulo di materiale alimentare o secrezioni nello stomaco) con conseguente rotazione dell’organo, o se la dilatazione avvenga come conseguenza di una iniziale rotazione dello stomaco sul suo asse lungo. In entrambi i casi, la rotazione dello stomaco lungo il proprio asse, che può essere completa (a 360°) o incompleta (a 180°), porta a un vero e proprio intrappolamento nello stomaco di gas, saliva, secrezioni e cibo che non hanno modo di lasciare l’organo portando a una sua dilatazione incontrollata.    Che succede allo stomaco in seguito alla Torsione Dilatazione gastrica? In corso di Torsione Dilatazione gastrica, la significativa dilatazione dello stomaco all’interno dell’addome porterà a una compressione dei vasi sanguini limitrofi con conseguente congestione venosa e formazione di trombi. Inoltre, la milza che è vicina allo stomaco può essa stessa diventare congesta ed eventualmente torcersi e rompersi. Infine, l’intrappolamento di succhi acidi nello stomaco può portare alla ulcerazione della parete gastrica e alla possibile perforazione.  Inoltre, la condizione di ridotto flusso sanguigno e di carenza di ossigeno tissutale porta al rilascio massiccio in circolo di sostanze chimiche che possono causare danno al muscolo del cuore con comparsa di aritmie potenzialmente fatali e che possono indurre una sindrome da infiammazione generalizzata che può portare alla insufficienza di diversi organi e del sistema della coagulazione e portare eventualmente al decesso del cane. È quindi davvero importante ai fini prognostici identificare e trattare in maniera tempestiva queste complicazioni, in aggiunta alla gestione specifica della Torsione Dilatazione gastrica, per garantire la sopravvivenza del paziente.     Come posso sospettare una Torsione Dilatazione gastrica nel mio cane? Al fine di poter trattare tempestivamente la Torsione Dilatazione gastrica evitando conseguenze gravi è fondamentale che il proprietario di un cane a rischio di Torsione Dilatazione gastrica possa riconoscerne i sintomi clinici ad essa associati per poi richiedere l’attenzione del proprio medico veterinario.    I sintomi più comuni della Torsione Dilatazione gastrica includono:  Agitazione  Ipersalivazione (produzione eccessiva e perdita di saliva dalla bocca)  Conati di vomito improduttivi (senza espulsione di materiale)  Rigurgito di saliva (espulsione dalla bocca senza conati)  Eruttazioni ripetute Difficoltà respiratoria con respiro affannoso e sforzi respiratori eccessivi (per compressione dello stomaco dilatato sul diaframma e una ridotta distensione dei polmoni)  Distensione dell’addome Grave abbattimento dello stato mentale Colore pallido o grigiastro delle mucose orali Nei casi più gravi di Torsione Dilatazione gastrica o in caso di intervento ritardato il quadro clinico si può aggravare in modo irrimediabile fino allo sviluppo di shock (collasso) cardiocircolatorio (causato da un ridotto flusso di sangue da e al cuore) con grave calo della pressione sanguigna e morte.   Come si conferma la diagnosi di Torsione Dilatazione gastrica nel cane? La diagnosi nel cane deve essere confermata in maniera tempestiva in modo da evitare l’insorgenza di gravi complicazioni e aumentare le probabilità di sopravvivenza. Solitamente la diagnosi di GDV viene già sospettata dal veterinario in presenza di sintomi clinici già elencati e di rilievi dell’esame fisico tipici della malattia come il rilevamento di grave distensione dell’addome associata a timpanismo (suono caratteristico della presenza di gas alla percussione addominale). Tuttavia, la diagnosi definitiva può essere emessa con l’esecuzione di una radiografia addominale che dimostrerà uno stomaco disteso da gas e situato in una posizione diversa da quella fisiologica. L’avvenuta rotazione dello stomaco sul suo asse lungo determina inoltre la comparsa di una “doppia bolla” rappresentata da 2 regioni anatomiche dello stomaco separate da una banda di tessuto ed entrambe distese da gas (foto 1).Il Veterinario potrà anche richiedere ulteriori ed utili indagini diagnostiche come per esempio test di laboratorio utili per le cure mediche necessarie a stabilizzare il paziente, valutare lo stato clinico e predire in modo più accurato le possibilità di sopravvivenza (prognosi). Foto 1: Radiografia addominale latero-laterale. Possiamo osservare lo stomaco dilatato e torto con il tipico aspetto a “doppia bolla”Come si tratta la Torsione Dilatazione gastrica nel cane? L’approccio terapeutico alla GDV del cane va diviso in 3 fasi: Fase di stabilizzazione del paziente. Questa è la fase più importante. L’obbiettivo è quello di correggere le alterazioni emodinamiche del paziente preparandolo ad affrontare la fase successiva della chirurgia nella maniera più sicura e riducendo il rischio di complicazioni. Terapia chirurgica: la tecnica chirurgica rappresenta la terapia risolutiva. Mediante un approccio in laparotomia (apertura dell’addome) è possibile visualizzare lo stato degli organi addominali, il loro posizionamento e integrità. Successivamente sarà possibile, mediante manualità del chirurgo, il corretto riposizionamento dello stomaco, e facilitarne lo svuotamento aiutando il posizionamento del tubo orogastrico per lavanda gastrica. Infine, il chirurgo procede alla pessi, ovvero all’ancoraggio dello stomaco a strutture addominali adiacenti. La pessi è fondamentale per ridurre il rischio di torsioni future che potrebbero manifestarsi con una certa probabilità. In particolare, questa procedura chirurgica non eviterà la dilatazione dello stomaco ma permetterà di prevenire la torsione dell’organo e tutti i rischi correlati. Esistono varie tipologie di pessi la cui scelta è a discrezione del chirurgo e della confidenza che ha con le diverse tecniche.  Gestione post-operatoria: la terapia postoperatoria che il veterinario imposterà sarà molto importante per assicurare la completa guarigione. Importante sarà anche seguire un piano alimentare riabilitativo al fine di ristabilire la funzionalità gastrica. L’assunzione di alimento semisolido o solido in assenza di episodi di vomito in genere è indice di ripresa della funzionalità gastroenterica.   Quale è la prognosi della Torsione Dilatazione gastrica nel cane? La prognosi della Torsione Dilatazione gastrica nel cane è riservata. Il rischio di mortalità è alto con percentuale di decessi variabile del 10-45%. È possibile aumentare le probabilità di sopravvivenza se il paziente viene portato dal Veterinario il più rapidamente possibile riducendo così la probabilità di insorgenza delle sequele della malattia, tra cui il danno ischemico ai tessuti, la necrosi e la perforazione della parete dello stomaco.   Come posso prevenire il rischio che il mio cane sviluppi una Torsione Dilatazione gastrica?  In presenza di fattori di rischio per lo sviluppo di Torsione Dilatazione gastrica (ad esempio in cani di taglia gigante e grande), il vostro medico veterinario può effettuare una procedura di gastropessi preventiva per ridurre il rischio di sviluppo di Torsione Dilatazione gastrica più in là nel corso della vita.“Med. Vet., Diplomato ACVIM, Diplomato ECVIM-CA, MRCVS, EBVS® - Specialist in Small Animal Internal Medicine”Dr. Fabio ProcoliAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Ipoglicemia nel cane e nel gatto, sintomi e cause

Ipoglicemia nel cane e nel gatto, sintomi e cause

Definizione: Nel cane e nel gatto si definisce ipoglicemia una concentrazione di glucosio nel sangue inferiore a 60 mg/dl. Meccanismi di regolazione del glucosio: nei soggetti sani i valori di glucosio ematici sono mantenuti nel range di normalità (70-110 mg/dl) grazie a complessi meccanismi neuroendocrini e cellulari tra loro collegati.  I normali livelli di glucosio vengono mantenuti dall’interazione tra l’assorbimento alimentare, i depositi epatici ed il loro rilascio, e gli effetti dei principali ormoni che controllano la glicemia (insulina e glucagone). Il fegato funge da organo di deposito del glucosio, che viene accumulato in questa sede sotto forma di glicogeno e può essere rilasciato in seguito alla glicogenolisi o attraverso la mobilizzazione di acidi grassi o di aminoacidi (gluconeogenesi). Anche altri ormoni oltre all’insulina ed al glucagone, sebbene in misura minore, intervengono nel controllo glicemico aumentando il rilascio di glucosio da parte del fegato o influenzando la risposta cellulare all’insulina; tra questi vi sono i glucocorticoidi, gli ormoni tiroidei, le catecolamine e il progesterone. Il glucosio rappresenta la fonte energetica primaria per l’organismo, in particolare, il sistema nervoso centrale è totalmente dipendente dai livelli di glucosio in circolo.    Sintomi clinici: bassi livelli di glucosio nel sistema nervoso (neuroglicopenia) determinano una sintomatologia neurologica di origine centrale, tipicamente caratterizzata da affaticamento, letargia, depressione, incoordinazione, nonché atteggiamenti bizzarri ed episodi convulsivi culminanti in uno stato comatoso. Le manifestazioni cliniche dipendono, tuttavia, dalla durata (ipoglicemie croniche a lenta insorgenza possono essere asintomatiche) e dall’intensità dell’episodio ipoglicemico, solitamente risultano evidenti quando i livelli di glucosio ematici risultano inferiori a 45 mg/dl.In caso si osservi una sintomatologia simile consigliamo di far visitare con urgenza il proprio animale da un Medico Veterinario.   Cause di ipoglicemia: La condizione di ipoglicemica può essere il risultato di diversi meccanismi quali:  un eccessivo consumo di zucchero da parte delle cellule sane o tumorali  tumori che producono insulina (insulinomi) o fattori insulino simili anomalie connesse allo stoccaggio epatico del glicogeno  insufficienza epatica (come nel caso di anomalie vascolari [shunt] epatici) carenza di cortisolo (ipoadrenocorticismo o Morbo di Addison)  un insufficiente apporto dietetico di glucosio; questo si osserva soprattutto nei cuccioli o in animali giovani, si parla di ipoglicemia giovanile.  una combinazione di uno o più di questi meccanismi, come nel caso infezioni sistemiche (sepsi).  somministrazione accidentale di insulina somministrazione eccessiva di insulina o di altri farmaci ipoglicemizzanti in un animale diabetico assunzione di xilitolo nel cane (es uso di dentifrici con xilitolo o ingestione di caramelle che contengono xilitolo)  Il riscontro di bassi livelli ematici di glucosio può essere anche un artefatto di laboratorio, ovvero il risultato di un intervallo di tempo troppo lungo dal momento del prelievo di sangue alla separazione del plasma o del siero per effettuare l’analisi.   Terapia: La terapia migliore per l’ipoglicemia è sempre quella volta alla risoluzione della causa sottostante e deve essere impostata dal Medico Veterinario dopo una diagnosi precisa. Se ciò risultasse impossibile, il Veterinario potrà impostare una terapia sintomatica. Se l’animale è cosciente è possibile offrirgli dell’alimento. Somministrare alimento è una tecnica efficace nel cane e un po’ meno nel gatto. Se l’animale non è cosciente, si preferisce la somministrazione endovenosa di una soluzione a base di glucosio al 2,5-5%. In casi estremamente gravi, con risentimento neurologico, può rendersi necessaria anche la somministrazione di farmaci antiepilettici. Nel caso in cui l’episodio ipoglicemico si verifichi a casa si può ricorrere alla somministrazione per bocca di miele o sciroppi zuccherini. Nel caso in cui si identifichi una causa specifica dello sviluppo dell’ipoglicemia il veterinario potrà instaurare una terapia mirata: pasti piccoli e frequenti possono prevenire l’ipoglicemia giovanile  fluidoterapia endovenosa con soluzioni glucosate per contrastare l’ipoglicemia da eccessiva somministrazione di insulina, altri ipoglicemizzanti, sepsi, insufficienza epatica acuta  il trattamento ottimale per l’insulinoma o per tumori che producono ormoni simili all’insulina è la rimozione chirurgica del tumore. Se il tumore non può essere rimosso, o in attesa della rimozione, si ricorre a una terapia palliativa rappresentata da pasti piccoli e frequenti, limitazione dell’esercizio fisico, eventuale somministrazione di basse dosi di cortisonici (es prednisolone), eventuale somministrazione orale di diazzossido (un farmaco iperglicemizzante) la somministrazione di cortisonici è utile in caso di ipoadrenocorticismo (Morbo di Addison), insulinoma o altri tumori. antibiotici in caso di sepsi non esistono terapia specifiche per le malattie da anomalo accumulo di glicogeno Decorso: solitamente nei soggetti ipoglicemici le concentrazioni di glucosio vanno monitorate nel tempo fino a quando l’ipoglicemia non rientra. Un’eccezione è rappresentata dall’insulinoma che solitamente non richiede un monitoraggio costante della glicemia. Dopo la rimozione di un insulinoma solitamente la glicemia aumenta rapidamente e alcuni soggetti possono addirittura diventare iperglicemici; in tali casi può essere necessario introdurre una terapia insulinica.  Prognosi: solitamente si osserva una buona risposta alla terapia quando l’ipoglicemia è dovuta a giovane età del soggetto (digiuno prolungato), accidentale o eccessiva somministrazione di insulina o Morbo di Addison.La prognosi è più riservata se l’ipoglicemia ha determinato gravi alterazioni neurologiche fino a crisi convulsive.L’asportazione chirurgica di un insulinoma è solitamente buona nel breve periodo. Tuttavia, trattandosi di un tumore che il più delle volte è maligno, non è infrequente osservare metastasi già entro un anno dalla chirurgia. In alcuni casi di insulinoma o altre neoplasie rimosse completamente, si può avere la completa guarigione dell’animale.L’ipoglicemia da sepsi o da insufficienza epatica può essere di difficile gestione e la risposta terapeutica può essere variabile. “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

I parassiti del cane e del gatto e la salute umana (le antropozoonosi parassitarie)

I parassiti del cane e del gatto e la salute umana (le antropozoonosi parassitarie)

Antropozoonosi significa: malattia trasmissibile degli animali all’uomo. Questo termine ha sempre creato e sempre più crea disagio nell’opinione pubblica divisa tra amanti degli animali, fortemente convinti che un animale da compagnia non possa mai creare problemi, e persone che per antico retaggio culturale demonizzano a sproposito e in qualsiasi ambito (specie in quello sanitario) la convivenza cane, gatto/uomo. È necessario quindi affrontare questa dicotomia di pensiero in modo scientifico ed equilibrato senza enfatizzare alcuni aspetti di scarso rilievo e senza sottovalutarne altri. I parassiti del cane e del gatto rappresentano una larga parte delle antropozoonosi se non la maggioranza ma le priorità sanitarie legate a frequenza e gravità e i conseguenti necessari piani di prevenzione e terapia non sono ancora oggi diffusamente conosciuti. Affrontando una loro disamina è possibile distinguere tra le zoonosi causate da elminti ovvero vermi (nematodi e cestodi) e quelle sostenute da protozoi che invece sono organismi unicellulari e quindi invisibili ad occhio nudo.   NEMATODI (vermi tondi)  Ascaridi Tra i nematodi che più frequentemente infestano il cane ed il gatto e che possono causare patologie nell’uomo, Toxocara canis e Toxocara cati, più comunemente noti come Ascaridi, rappresentano le specie più importanti, diffuse e pericolose.  Si tratta infatti dei parassi gastrointestinali di più frequente riscontro, virtualmente presenti per modalità di trasmissione in tutti i soggetti giovani poichè la trasmissione può avvenire per via intrauterina (durante la gravidanza) e per via galattogena nel cane (ovvero attraverso il latte dalla madre al cucciolo) e per via galattogena nel gatto, ma non solo nei giovani infatti possono essere riscontrati in qualsiasi fascia di età, spesso senza o con moderato riscontro clinico. Le uova, fornite di spesso guscio sono altamente resistenti nell’ambiente (anni). Come è noto sono i cuccioli a manifestare i maggiori segni clinici gastro-enterici in corso di infestazioni da ascaridi e ne sono i principali diffusori nell’ambiente. Sono molto difficili da eradicare per svariati motivi: forte resistenza delle uova nell’ambiente esterno, trasmissione trans-placentare in gravidanza, persistenza delle uova in ospiti paratenici (ospiti intermedi) e persistenza delle uova in forma latente in cani e gatti adulti (infestazioni somatiche). Questo rende l’eradicazione praticamente impossibile e la loro presenza un potenziale e continuativo rischio zoonosico. Nell’uomo la toxocariasi è una sindrome, ampiamente diffusa. Secondo dati dell’OMS le geo-elmintiasi (tra cui la toxocariasi) colpiscono nel mondo circa 2 miliardi di individui. Il rischio non è legato al convivere strettamente con un cane o un gatto ma alla frequentazione di ambienti (parchi, giardini) altamente contaminati. Si stima che a livello Europeo dal 3 al 8% della popolazione abbia un titolo anticorpale positivo (abbia quindi ingerito accidentalmente uova) per Toxocara sp. La toxocariasi si sviluppa infatti tramite l’ingestione di uova embrionate presenti nel terreno che possono contaminare mani o alimenti (principalmente vegetali, frutti ed acqua contaminata), ma anche attraverso l’ingestione di carne cruda o poco cotta di ospiti paratenici (pollo e coniglio principalmente). Una volta ingerire le uova si schiudono nell’intestino liberando le larve che penetrano nella parete intestinale e si diffondono nel torrente ematico. Quasi tutti i tessuti del corpo possono essere coinvolti, ma fegato e polmoni sono quelli maggiormente colpiti. Le larve possono restare vive nell’essere umano per molti mesi, provocando danni con il loro transito nei diversi tessuti e stimolando una reazione infiammatoria flogistica cronica. Nell’uomo le larve non raggiungono la fase adulta riproduttiva, ovvero il verme intestinale, cosa che avviene solo se infestano il cane o il gatto.  I segni clinici della toxocariasi nell’uomo e nei bambini sono variabili in base alla carica infestante, all’età ed alle condizioni generali del soggetto.Le misure di controllo sono fondamentali per ridurre il rischio di toxocariasi ed il veterinario gioca un ruolo chiave in questa prevenzione. Poiché è impensabile un azione di decontaminazione con agenti fisici/chimici) è necessario informare i proprietari sul rischio di toxocariasi, sulle vie di trasmissione ( terreno contaminato, verdure, carne e pelo del cane), sulle situazioni maggiormente  a rischio (bambini che giocano in terreni potenzialmente contaminati da feci di cane e gatto) promuovere un responsabile atteggiamento civico (rimozione delle deiezioni) ma soprattutto evitare che cani e gatti (siano essi giovani o adulti) contaminino l’ambiente stesso attraverso trattamenti mirati e pianificati (4 all’anno) costanti lungo il corso di tutta la vita che impediscano ai nostri animali da compagnia di contaminare l’ambiente. Uova di Toxocara cati larvate. Per raggiungere questo stadio infestante le uova necessitano di alcune settimane nel terreno protette dal guscio molto spesso. Le uova appena emesse non sono infestanti. Questo spiega che la convivenza con il gatto (in questo caso) e con il cane non costituisce un fattore di rischio, che invece risiede nel contatto con il suolo in ambienti contaminati. Ancylostomi Un altro nematode, Ancylostoma caninum, può essere responsabile di patologie nell’uomo. Le larve infestanti che schiudono dalle uova emesse in ambienti idonei caldo umidi rimangono vitali nell’ambiente per alcuni giorni in attesa di poter infestare l’ospite definitivo, il cane, per via orale o transcutanea. Le stesse larve tuttavia a contatto con la cute dell’uomo esposta sono in grado di penetrala causando dermatiti con papule e pustole. Anche in questo caso la prevenzione si basa sul ridurre la possibilità di esposizione della cute in ambienti potenzialmente pericolosi (parchi, giardini nel periodo tardo primaverile o inizio autunnale) ma soprattutto nel controllo ed eliminazione di questi parassiti nell’ospite definitivo. CESTODI (vermi piatti)  Per quanto concerne i cestodi Echinococcus granulosus è il parassita che in ambito Europeo, e in alcune zone dell’Italia presenta ancora una vasta endemia e deve essere considerato come una priorità nella prevenzione delle antropozoonosi da lui causata e denominata Idatidosi cistica. L’uomo è esposto tramite l’assunzione di uova presenti su vegetali contaminati da cani infestati, mentre l’endemia si mantiene nel cane (ospite definitivo) grazie l’assunzione di carni o visceri di ruminanti. Al momento i casi peraltro numerosi umani di idatidosi appaiono principalmente concentrati in alcune regioni dove il comportamento alimentare concessi ai cani ne consente la diffusione, però deve essere considerata potenzialmente presente su tutto il territorio nazionale (per movimentazione dei cani, adozioni da regioni distanti) e potenzialmente in espansione grazie alla crescente, pericolosa e diffusa tendenza di alimentare anche i cani strettamente domestici con visceri crudi (alimentazione BARF). Nell’ambito del genere Echinococco non deve essere poi dimentica l’idatidosi alveolare causata da Echinococcus multilocularis. Ospite definitivo di questo parassita sono cane, volpe ma anche il gatto, e gli ospiti intermedi piccoli roditori. Si tratta di una antropozonosi più insidiosa dell’Idatidosi cistica per la tendenza delle cisti a metastatizzare e che deve essere attentamente osservata perché l’urbanizzazione delle volpi e lo stesso ambito predatorio da queste condivise con il gatto potrebbero veicolare il parassita in un ciclo urbano. In entrambi i casi, specie in quello dell’Idatidosi cistica una corretta istruzione dei proprietari sulle norme igieniche da mantenere è fondamentale ma il controllo del problema e il tentativo di contenerlo o eradicarlo non possono prescindere da trattamenti ripetuti di cane e gatto con farmaci efficaci e molto ben tollerati. Un altro cestode comune nel cane nel gatto è il Dipylidium caninum e può infestare l’uomo. La modalità di infestazione (ingestione della pulce) è la stessa dell’ospite e rende particolarmente esposti i bambini per tale motivo. Non è zoonosi grave ma è di diagnosi sicuramente difficile perché non conosciuta dai pediatri determinando quadri sovrapponibili all’Ossiuriasi con conseguenti ripetuti fallimenti terapeutici. Per concludere possiamo dire che in generale, dagli studi condotti, risulta che la maggior parte dei proprietari di cani e di gatti sottovaluta il rischio zoonosico legato ai nematodi intestinali del cane e del gatto. Questo dato è correlabile in parte ad una carenza informativa da parte del medico e del veterinario ed in parte al fatto che cani e gatti portatori e diffusori di nematodi sono generalmente in buone condizioni di salute. PROTOZOI (ORGANISMI UNICELLULARI) Toxoplasma Considerando i protozoi è d’obbligo chiarire la reale valenza antropozoonotica di un  parassita molto conosciuto e temuto. Toxoplasma gondi. Nonostante questa informazione sia chiara a tutti i medici veterinari è opportuno ricordare che Toxoplasma gondi forse il parassita con più ampia e frequente diffusione mantiene il suo ciclo vitale nel gatto, reservoir naturale, ma nonostante ciò la convivenza con un gatto non rappresenta un fattore di rischio per contrarre l’infestazione se vengono mantenuti standard igienici e rispettate alcune semplici regole. Oramai numerosi studi multicentrici hanno ampiamente dimostrato o ciò individuando nel contatto con il terreno (giardinaggio), nel consumo di verdure non lavate e/o carni poco cotte e nei viaggi al di fuori dell’Europa in paesi a bassa civilizzazione gli unici rischi per la donna in corso di gravidanza. Questa breve disamina evidenzia come alcuni problemi inerenti le antropozonosi parassitarie siano sopravvalutati ed altri invece sottovalutati. È nostro compito e dovere attribuire a ciascuno di essi una reale valenza e mantenere un’elevata soglia di attenzione nei confronti di quelli più frequenti e pericolosi con piani di profilassi adeguati e costanti che secondo le indicazioni dei Board delle Società di parassitologia più qualificate (ESCCAP / CAPC) dovrebbero avere cadenza trimestrale per un controllo efficace di questi problemi. “DVM, Specialista in Clinica dei Piccoli Animali, Diplomato EVPC, EBVS® - European Veterinary Specialist in Parasitology”.Dr. Luigi VencoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La colangite del gatto

La colangite del gatto

Che cosa è la colangite del gatto? La colangite del gatto (o colangioepatite) è una malattia di natura infiammatoria che colpisce le vie biliari e il fegato dei gatti. La colangite è una malattia epatica frequentemente diagnosticata nella specie felina e seconda solo alla sindrome della lipidosi epatica.  Cosa causa la colangite del gatto? La colangite del gatto esiste in 2 forme principali: la colangite neutrofilica e la colangite linfocitica.La colangite neutrofilica è causata da una infezione delle vie biliari da parte di batteri di origine intestinale.La colangite linfocitica è invece sterile e causata da una disfunzione del sistema immunitario (malattia immunomediata) con l’accumulo di cellule immunitarie nelle vie biliari e nel fegato con conseguente infiammazione e fibrosi.Una terza forma di colangite, molto rara e riportata solo in alcune aree geografiche del mediterraneo e il alcuni paesi subequatoriali, è la colangite parassitaria causata dalla migrazione di parassiti (assunti accidentalmente dal gatto in seguito all’ingestione di pesce parassitato) dall’intestino al dotto biliare dove causano una ostruzione con conseguente grave reazione infiammatoria. Quali gatti possono sviluppare la colangite? Nella colangite del gatto non sono state appurate predisposizioni di razza, sesso o età. Tuttavia, la forma neutrofilica è più frequente nei gatti di giovane età, mentre la forma linfocitica è più comune nei gatti di mezza età. Infine, alcuni studi scientifici hanno evidenziato un rischio maggiore per i gatti di razza Persiana di contrarre la forma linfocitica della malattia.Quali sono i sintomi tipici della colangite del gatto? I segni clinici mostrati dai gatti affetti da colangite sono diversi e dipendono in parte dalla durata e dalla gravità della malattia e dalla presenza o meno di interessamento di altri organi addominali anatomicamente e funzionalmente annessi al fegato come il pancreas e l’intestino tenue.  I sintomi più comunemente riportati dai proprietari di gatti con colangite includono: Inappetenza o anoressia Letargia  Nausea e eccessiva salivazione Sintomi gastrointestinali quali vomito e meno comunemente diarrea Perdita di peso (più comune nella forma linfocitica che ha un andamento cronico) Sintomi meno comuni includono: Colorazione giallastra (ittero) delle sclere (occhi), della mucosa orale e della cute visibile (più comune nella forma neutrofilica) Distensione dell’addome (causata da perdita di liquido nell’addome, nella forma linfocitica) Aumento della fame (polifagia, nella forma linfocitica) Quali rilievi vengono riscontrati all’esame clinico di un gatto con colangite?  I rilievi dell’esame clinico nei gatti con colangite dipenderanno dalla durata e gravità della malattia, dalla presenza di patologie concomitanti o dalla comparsa di complicazioni legate alla malattia.  I rilievi più comunemente riscontrati (non obbligatoriamente presenti) includono:  Condizione corporea subottimale Disidratazione Ipersalivazione (segno di nausea) Depressione e letargia  Colorazione giallastra delle mucose e della cute (ittero)  Febbre (più comune nella forma neutrofilica)  Dolorabilità addominale Aumento di volume del fegato Riscontro di distensione addominale da accumulo di liquido libero  Come si può diagnosticare la colangite nel gatto? Per emettere la diagnosi definitiva di colangite, per caratterizzarne la forma (neutrofilica o linfocitica) e infine per delineare una terapia mirata sarà necessaria una biopsia del fegato con esame istologico unitamente a un esame colturale della bile.  Tuttavia, prima di procedere con la biopsia epatica sarà prima necessario avanzare un sospetto clinico di colangite ed escludere la presenza di patologie concomitanti mediante l’esecuzione di indagini iniziali come esami di laboratorio ed ecografia addominale.  Le alterazioni più comunemente riscontrate negli esami di laboratorio in gatti con colangite includono: Presenza di una lieve anemia Aumento o riduzione del numero dei globuli bianchi  Aumento della bilirubina (pigmento responsabile della colorazione giallastra delle mucose e della cute) Aumento degli enzimi epatici come ALT, ALP, GGT Aumento delle globuline (una frazione delle proteine ematiche)  L’esame ecografico dell’addome è una indagine molto utile ad avanzare il sospetto di colangite e a valutare la presenza di patologie concomitanti a carico di pancreas e intestino. Inoltre, l’esame ecografico permette di raccogliere prelievi di tessuto epatico per ago infissione (generalmente poco invasivi e ben tollerati) per esecuzione dell’esame citologico, che in circa il 30% dei casi può essere sufficiente per diagnosticare una colangite neutrofilica senza la necessità di eseguire una biopsia (solitamente necessaria per una diagnosi definitiva).  I rilievi più comuni all’esame ecografico addominale in gatti con colangite includono l’aumento di volume del fegato, l’ispessimento della parete della cistifellea con accumulo di sedimento (Figura 1), la dilatazione delle vie biliari.  Una volta avanzato il sospetto di colangite attraverso le indagini iniziali sarà necessario, nella maggior parte dei casi, procedere con l’esecuzione di una biopsia epatica e l’esame istologico per ottenere la conferma della diagnosi di colangite e per caratterizzare la forma della malattia, neutrofilica o linfocitica della malattia. I criteri istologici utilizzati per classificare la colangite in una delle due forme sono il tipo di infiltrato cellulare riscontrato, la presenza di necrosi, il coinvolgimento dei piccoli dotti biliari e del loro rivestimento e la presenza di fibrosi significativa. Figura 2. Immagine ecografica di fegato affetto da colangite. Si notano ispessimento della parete della colecisti con presenza di materiale sedimentato al suo interno. Quali metodi il Veterinario può utilizzare per raccogliere una biopsia epatica?  Le biopsie del fegato, per poter poi effettuare un esame istologico, possono essere raccolte con 3 metodi differenti. Il primo è quello ecografia-guidato attraverso l’uso di aghi da biopsia appositi (Figura 2). Le biopsie ottenute con questo metodo sono relativamente piccole per cui vanno raccolte in numero adeguato a far si che l’esito dell’esame istologico sia rappresentativo di tutto il fegato.  Il secondo metodo è quello chirurgico laparoscopico. La laparoscopia è una tecnica mininvasiva che si effettua attraverso piccole incisioni nella parete addominale senza ricorrere a una vera e propria apertura chirurgica della cavità addominale. Con questa tecnica i campioni ottenuti sono di dimensioni adeguate e il recupero dalla procedura è rapidissimo. Il terzo e ultimo metodo è quello della laparotomia esplorativa con apertura chirurgica della parete addominale ed esplorazione diretta del fegato e la raccolta di campioni bioptici di dimensioni maggiori rispetto alle altre due tecniche. La scelta della tecnica dipende da una serie di fattori e verrà scelta dal Medico Veterinario.  Inoltre il Veterinario può decidere di effettuare anche un prelievo di bile dalla cistifellea per un esame colturale che permette di isolare e identificare batteri (nel caso della colangite neutrofilica) e di valutare la scelta dell’antibiotico più efficace. I batteri più frequentemente isolati dalla bile di gatti con colangite neutrofilica sono Escherichia coli, Streptococchi ed Enterococchi tutti di origine intestinale.    Figura 2. Esecuzione di una biopsia ecoguidato con ago Tru-Cut. Quale è la terapia della colangite del gatto? Il trattamento della colangite del gatto dipende dalla forma della malattia. Nel caso della colangite neutrofilica la terapia è basata sull’uso di uno o più antibiotici idealmente scelti sulla base del risultato dell’esame colturale e della prova di antibiotico suscettibilità. Nei casi acuti e gravi di questa forma di colangite sarà necessario iniziare rapidamente la terapia antibiotica prima che i risultati dell’esame colturale siano disponibili. In questo caso gli antibiotici più utilizzati sono quelli in grado di agire su batteri di origine intestinale e di raggiungere quantità adeguate nella bile. La durata della terapia varierà dalla gravita della malattia ma solitamente prevede circa 4 settimane di trattamento. Nel caso della colangite linfocitica che, al contrario della forma neutrofilica, è sterile e su base immuno-mediata, la terapia prevede l’uso di farmaci immunosoppressivi (che sopprimono il sistema immunitario) in aggiunta a farmaci ad azione antiossidante e epatoprotettiva. Nel caso della colangite linfocitica la durata della terapia è più lunga e in alcuni casi indefinita. In aggiunta alla terapia specifica della colangite sarà importante stabilire un regime terapeutico di supporto individuale che tenga presente anche dei sintomi del gatto a base di fluidoterapia endovenosa (nel caso di disidratazione), alimentazione assistita (nel caso di anoressia prolungata), di farmaci anti-vomito e di analgesia (nel caso di dolore addominale). Quale è la prognosi della colangite nel gatto? Nel complesso la prognosi della colangite neutrofilica non complicata è ottima con una buona percentuale di gatti che ritornano alla normalità al termine del trattamento antibiotico. Nella colangite linfocitica la risposta alla terapia è più variabile per via della natura immunomediata della patologia. Solitamente la maggior parte dei gatti affetti dalla forma linfocitica hanno un miglioramento clinico iniziale ma subiscono poi una recidiva alla sospensione della terapia che viene quindi continuata nel lungo-termine. Nel corso della terapia per colangite, il veterinario dovrà monitorare il decorso della malattia attraverso visite ed esami di controllo necessari per decidere se modificare o sospendere la terapia. “Med. Vet., Diplomato ACVIM, Diplomato ECVIM-CA, MRCVS, EBVS® - Specialist in Small Animal Internal Medicine”Dr. Fabio ProcoliAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Osteosarcoma del cane

Osteosarcoma del cane

L’osteosarcoma, il tumore osseo primario più frequente nel cane, può localizzarsi in qualsiasi parte dello scheletro.  La localizzazione più caratteristica è a livello delle ossa degli arti, soprattutto di quelli anteriori. I cani colpiti sono in genere di media-grossa taglia (ma non solo) e per lo più maschi, ma anche le femmine possono ammalarsi. L’età media è 5-7 anni, ma anche soggetti di 2-3 anni ne possono risultare affetti.  Le ossa del bacino, la scapola, il cranio e le coste sono meno frequentemente colpite e ancor più raramente le vertebre.  L’osteosarcoma del cane, se localizzato agli arti, provoca una tumefazione dura con conseguente dolore e zoppia, fino alla sottrazione completa dell’arto al carico (che si può verificare soprattutto in caso di localizzazioni alte, ad esempio se localizzato sull’omero, ovvero il braccio del cane). L’osteosarcoma costale (costole) determina invece una deformazione dura e fissa della parete toracica, quello cranico una deformazione della faccia, mentre quello pelvico (bacino) può inizialmente passare inosservato, specie nei soggetti vigorosi e ben nutriti.  Dopo che il veterinario ha visitato il cane, in caso di sospetto di osteosarcoma, si potranno richiedere ulteriori accertamenti, prima di tutto un esame radiografico. La diagnosi definitiva si basa comunque su ago-aspirato ed esame citologico e, preferibilmente, biopsia ed esame istologico. Per escludere la disseminazione metastatica, il veterinario potrà richiedere un esame TC “total body”, utile anche per stabilire come operare.  L’aggressività clinica dell’osteosarcoma può essere influenzata dalla sua localizzazione: se a carico degli arti, è possibile che il tumore sia meno aggressivo se localizzato sotto al carpo (il nostro polso) o al garretto, quelli a carico del cranio possono essere meno aggressivi ma il problema, in questo caso, è spesso la possibilità o meno di resezione chirurgica completa (fattibile in caso di localizzazione mandibolare o mascellare, meno in altri casi).  In caso di osteosarcoma del cane, l’esame del sangue può aiutare il veterinario a rilevare alcuni fattori prognostici negativi (ad es. linfocitosi, aumento della fosfatasi alcalina, etc.). Anche se raramente, anche i linfonodi regionali possono essere interessati dalla neoplasia; pertanto, il veterinario, durante la chirurgia definitiva per la rimozione del tumore, può decidere di rimuoverli per farli esaminare istologicamente.  In circa il 90% dei casi, sia l’esame radiografico sia la TC sono negativi per metastasi alla prima presentazione ma, purtroppo, soprattutto in caso di osteosarcoma ad un arto, micrometastasi sono probabilmente già presenti. Questo giustifica il ricorso alla chemioterapia dopo la chirurgia.  La terapia chirurgica, in assenza di metastasi visibili, consiste nell’eliminazione in blocco della neoplasia che può comportare l’amputazione di un intero arto o solo la resezione della parte interessata seguita, se del caso, da ricostruzione, come per l’osteosarcoma localizzato alla parete toracica (che comporta la resezione di più segmenti costali), o alla mandibola (mandibolectomia), al bacino (pelvectomia parziale o emipelvectomia), etc. Solo raramente si osservano, dopo chirurgia, problemi funzionali seri e duraturi.  Spesso l’amputazione di un arto è più un problema per il proprietario che per il cane, sono veramente pochi i soggetti che non possono tollerarla ed è controindicata solo nei pazienti neurologici o in quelli troppo obesi. Per l’accettazione dell’amputazione come atto terapeutico è importante il consenso familiare unanime, i cani questo, in un qualche modo, lo avvertono.  Per quanto riguarda la prognosi, in caso di osteosarcoma dell’arto, la sola chirurgia è da considerarsi palliativa poiché nella stragrande maggioranza dei casi possono comparire metastasi entro 4-8 mesi. In questi casi la chemioterapia post chirurgia migliora la sopravvivenza (45-50% di cani vivi a 1 anno, 10-15% a 2 anni).  Se invece la localizzazione è costale le cose vanno peggio mentre vanno meglio se la localizzazione è cranica (ad es. mandibolare) e il tumore può essere completamente escisso.  Per tentare di migliorare queste percentuali, si propone oggi anche l’immunoterapia, in associazione comunque alla terapia standard (chirurgia + chemioterapia).Come alternativa alla chirurgia, in caso di reale non operabilità (a causa della localizzazione del tumore) e/o volontà di non far amputare il proprio cane, è proponibile la radioterapia che, oltre a lenire il dolore per qualche mese, può essere associata a terapia farmacologica, specie nei casi non metastatici, nel tentativo di prolungare la sopravvivenza. Per il controllo del dolore, oltre alla radioterapia, il veterinario può ricorrere a farmaci come anti-infiammatori, analgesici e bifosfonati. “DVM, Prof. Ordinario Clinica Chirurgica Veterinaria, Diplomato ECVS, EBVS® - European Specialist in Small Animal Surgery - (Oncologia Clinica, Chirurgia Oncologica, Chirurgia dei Tessuti Molli)”Prof. Paolo BuraccoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La Gengivostomatite Cronica Felina

La Gengivostomatite Cronica Felina

Cos’è la Gengivostomatite Cronica Felina? La Gengivostomatite Cronica Felina (FCGS) è una grave malattia infiammatoria su base immunomediata a carico della mucosa orale del gatto. Si tratta di una condizione spesso molto dolorosa e debilitante dal lungo decorso variabile da mesi fino ad alcuni anni. La Gengivostomatite Cronica Felina si differenzia dalla semplice gengivite in quanto l’infiammazione include e supera la giunzione tra gengive e mucosa buccale fino ad estendersi alla fossa palatina/tonsillare.  Quanto comune è la Gengivostomatite cronica felina? Sebbene l’esatta prevalenza della Gengivostomatite Cronica Felina non sia nota, la patologia è frequentemente riscontrata nella pratica veterinaria ambulatoriale. La letteratura scientifica esistente mostra dei tassi di prevalenza variabili da 0,7% fino al 12%.  Cosa causa la Gengivostomatite cronica felina? Seppur l’esatta patogenesi (causa) della Gengivostomatite Cronica Felina non è nota, si sospetta che si tratti una malattia multifattoriale con la compartecipazione di diversi fattori di rischio in aggiunta a una disfunzione del sistema immunitario. I fattori di rischio più probabili includono: Agenti infettivi: diversi agenti infettivi sono stati associati allo sviluppo della malattia. In particolare, alcuni virus, come il calicivirus felino (FCV), l’herpesvirus felino (FHV-1), il virus dell’immunodeficienza felina (FIV) e quello della leucemia felina (FeLV) sono stati valutati come possibili responsabili della malattia. Di questi, il calicivirus felino sembra avere un ruolo più convincente nello sviluppo della malattia in quanto viene isolato nel 60% dei gatti affetti da Gengivostomatite Cronica Felina (rispetto al 24% dei gatti senza FGCS e al 23% nei gatti con altre patologie dentali).  Stress ambientale: la prevalenza della Gengivostomatite Cronica Felina è maggiore in ambienti sovraffollati come colonie e gattili per via dell’ impatto negativo sul sistema immunitario causato dallo stress e per la maggiore facilità di trasmissione di virus come il calicivirus felino (FCV).  Odontopatie e Periodontiti: è stato dimostrato che gatti affetti da Gengivostomatite Cronica Felina presentano patologie del cavo orale concomitanti, come periodontiti avanzate generalizzate. Alterazione della flora batterica orale: studi effettuati sulla flora batterica orale in gatti con Gengivostomatite Cronica Felina hanno evidenziato una minore diversità rispetto alla flora di gatti sani con la sovraccrescita di alcune specie potenzialmente patogene (patobionti) come Pasteurella multocida, Bacteroides spp e Peptostreptococcus spp e la scomparsa di alcune specie benefiche.  Iperattività del sistema immunitario locale e sistemico: diversi studi scientifici hanno dimostrato a a livello della mucosa orale la presenza di un imponente infiltrato infiammatorio caratterizzato da piccoli linfociti e plasmacellule ad indicare una attivazione cronica del sistema immunitario. Ulteriori studi di immunochimica effettuati sulle biopsie di mucosa orale in gatti con Gengivostomatite Cronica Felina hanno inoltre evidenziato un aumento di linfociti di tipo T CD8+ (detti citotossici) a discapito di quelli di tipo CD4+ (detti helper o immunoregolatori) a indicare una disfunzione del sistema immunitario di tipo proinfammatorio a discapito del sistema anti-infiammatorio tipica delle malattie su base immunomediata e autoimmune.    Quali sono i sintomi clinici della Gengivostomatite cronica felina? La Gengivostomatite Cronica Felina è una malattia molto debilitante e dolorosa per il paziente. Nelle forme a carattere proliferativo, le lesioni orali e buccali possono essere così esuberanti da impedire la normale prensione e la masticazione del cibo. Nelle forme più gravi la qualità di vita dell’animale può essere drasticamente ridotta.  I sintomi più comunemente riportati dai proprietari di gatti con Gengivostomatite Cronica Felina sono: Dolore alla masticazione e alla prensione dell’alimento (odinofagia) Alitosi Ptialismo (aumento di salivazione) Riduzione delle normali attività di grooming  Irritabilità e alterazione del comportamento Iporessia (ridotta assunzione di cibo) o anoressia Perdita di peso Quali alterazioni si riscontrano all’esame del cavo orale nei gatti con Gengivostomatite cronica felina? All’esame del cavo orale, si riscontrano principalmente due tipologie di lesioni: quelle di tipo ulcerativo (con perdita di tessuto) e quelle di tipo proliferativo (con presenza di tessuto esuberante) che in entrambi i casi si localizzano soprattutto lateralmente alla fossa palatoglossa (detta anche istmo delle fauci), nella parte più caudale del cavo orale. In casi gravi, le lesioni possono coinvolgere anche i lati della lingua impedendone la sua normale retrazione (Fig. 1). Fig. 1 -  Foto della cavità orale di un gatto affetto da gengivostomatite cronica felina dove si apprezza la presenza di estese aree ulcerative (*) in entrambe le fosse palatoglosse. Come viene emessa la diagnosi di Gengivostomatite cronica felina? Nonostante l’esame istopatologico su biopsie delle lesioni mucogengivali sia necessario per una diagnosi definitiva di Gengivostomatite Cronica Felina (con il ritrovamento di grave infiltrato infiammatorio linfo-plasmocellulare con ulcerazione o ipertrofia dello strato epiteliale), la presentazione clinica unitamente alla localizzazione apparenza delle lesioni orali sono talmente caratteristiche da permettere di avanzare un forte sospetto diagnostico sulla sola base dell’esame del cavo orale.  Come si tratta la Gengivostomatite cronica felina? Il Veterinario dopo aver valutato l’astensione e la gravità della patologia sceglierà la tipologia di trattamento più adatta per quel determinato paziente. In linea generale il trattamento della Gengivostomatite Cronica Felina si basa sul controllo del dolore (terapia sintomatica) e sulla gestione delle lesioni orali (terapia specifica) per via chirurgica e/o farmacologica.  La terapia chirurgica è considerata quella di elezione con la terapia farmacologica usata come terapia adiuvante alla chirurgia oppure in alternativa nei casi in cui la chirurgia non è praticabile o non viene accettata dal proprietario del gatto.  Gestione del dolore: qualunque sia la terapia specifica prescelta è fondamentale controllare il dolore nei gatti con Gengivostomatite Cronica Felina che è una malattia estremamente debilitante e dolorosa e che può influenzare negativamente la qualità di vita del paziente. La scelta della terapia analgesica dipenderà da diversi fattori come presenza di malattie concomitanti (es. patologie renali ed epatiche), la modalità e facilità di somministrazione e la percezione del dolore provato dal gatto da parte del proprietario stesso. In genere vengono utilizzati analgesici oppioidi in associazione o meno a farmaci per il controllo del dolore neuropatico.  Terapia Chirurgica: esistono due diversi tipi di approccio chirurgico. Il primo prevede l’estrazione dentale parziale (rimozione dei soli denti premolari e molari). Il secondo invece consiste nell’estrazione dentale totale. In generale l’approccio chirurgico (con estrazione completa o parziale) fornisce i migliori risultati terapeutici a lungo termine, con un miglioramento del quadro clinico nel 50-70% dei casi. L’estrazione dentale parziale (molari e premolari) viene scelta in genere come prima linea di trattamento. In tal modo è possibile ridurre i tempi chirurgici e anestesiologici, i rischi chirurgici e il recupero post-operatorio. Nel caso in cui non si registri un miglioramento clinico nei primi 4 mesi post-intervento, si prende in considerazione la possibilità di eseguire un’estrazione completa come seconda linea di trattamento. Nel periodo post-operatorio è necessario impostare una terapia medica di supporto nelle due settimane successive con uso di antibiotici, anti infiammatori e farmaci analgesici. Studi più recenti hanno dimostrato che gatti trattati con estrazione dentale (sia completa che parziale) hanno avuto una risoluzione completa o un miglioramento del quadro clinico nei 30 giorni post-operatori nel 51% dei casi. Terapia farmacologica: essendo la Gengivostomatite Cronica Felina una malattia infiammatoria cronica con una base immunomediata, la terapia farmacologica si basa sull’utilizzo di farmaci anti-infiammatori e immunomodulanti come Corticosteroidi, Interferone omega ricombinante felino, Ciclosporina Cellule staminali: allo studio anche una terapia sperimentale che prevedere l’utilizzo di cellule staminali e che può essere utilizzata nei casi refrattari ai precedenti trattamenti. Fig. 2 - Foto della cavità orale di un gatto affetto da gengivostomatite cronica che mostra l’avvenuta rimozione di tutti i denti e l’applicazione di punti di sutura. Naturalmente qualunque terapia scelta ed impostata dal Veterinario prevede che il paziente sia controllato attentamente nel tempo. “Med. Vet., Diplomato ACVIM, Diplomato ECVIM-CA, MRCVS, EBVS® - Specialist in Small Animal Internal Medicine”Dr. Fabio ProcoliAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Incontinenza urinaria nel cane

Incontinenza urinaria nel cane

Cosa si intende per incontinenza urinaria? L’incontinenza urinaria è l’emissione involontaria di urina che può verificarsi in maniera intermittente, alternata con minzione (urinazione) normale, o continua in diversi momenti della giornata.Come avviene la minzione (urinazione) nel cane? La minzione è un processo che avviene in due fasi: una fase di riempimento passivo di urina nella vescica urinaria e una fase di svuotamento attivo della vescica.  La vescica urinaria contiene uno strato muscolare liscio, composto dalle fibre del muscolo detrusore, che si continua nell’uretra (la parte del sistema urinario attraverso cui l’urina viene espulsa e che sbocca nel pavimento della vagina) dove forma uno sfintere (orifizio) chiamato sfintere uretrale interno. Nella sua parte terminale, l’uretra presenta un altro ispessimento muscolare che costituisce lo sfintere uretrale esterno. Il muscolo detrusore e i due sfinteri uretrali sono sotto il controllo di un sistema di innervazione, volontario e involontario, rappresentato dal nervo ipogastrico e dai nervi pelvico e pudendo che controllano in maniera coordinata il rilassamento e la contrazione della vescica e degli sfinteri uretrali di fatto permettendo il riempimento e lo svuotamento della vescica urinaria.  Durante la fase di riempimento la vescica è rilassata mentre gli sfinteri uretrali si contraggono per non permettere all’urina di fuoriuscire; durante la fase di svuotamento la vescica si contrae mentre gli sfinteri uretrali si rilassa favorendo la fuoriuscita di urina durante l’urinazione.  Quali sono le possibili cause di incontinenza urinaria nel cane? Le cause di incontinenza urinaria sono diverse e si dividono in neurogene (ossia dovute ad un disordine neurologico) e non-neurogene.  Tra le cause di incontinenza urinaria neurogene ricordiamo: Disturbi del motoneurone inferiore che includono tutte quelle lesioni/patologie a carico del tratto lombare e sacrale del midollo spinale. In questi casi l’incontinenza è associata a una vescica urinaria flaccida e poco contrattile e facilmente svuotabile manualmente.  Disturbi del motoneurone superiore che includono tutte quelle lesioni/patologie a monte del tratto lombare e sacrale lombare del midollo spinale. In questi casi la vescica è ipertonica (spastica) e difficilmente svuotabile manualmente.  Disautonomia. Un disordine molto raro dovuto ad una disfunzione del sistema nervoso autonomo (la parte del sistema nervoso che regola i riflessi involontari).  Tra le cause di incontinenza urinaria non neurogene vi sono: Alterazioni anatomiche congenite o acquisite delle vie urinarie quali: Ectopia ureterale (unilaterale o bilaterale): si tratta di una malformazione anatomica congenita a carico di uno solo o entrambi gli ureteri (i tubicini che collegano il bacinetto renale alla vescica). In questi casi gli ureteri si aprono direttamente nell’uretra o in vagina bypassando di fatto la vescica e lo sfintere uretrale. Di conseguenza si verifica una perdita involontaria continua di urina Vescica intrapelvica: malformazione associata a ridotto tono dello sfintere uretrale causato dalla posizione eccessivamente caudale nel canale pelvico del collo della vescica. Questa sindrome è spesso associata a un’uretra molto corta.   Ureterocele: dilatazione cistica della parte terminale dell’uretere che sporge all’interno della vescica causando pressione sulla vescica stessa. Fistola uretero-vaginale: comunicazione anomala tra l’uretere e la vagina. Fistola uretro-rettale: comunicazione anomala tra l’uretere e il retto può essere congenita o acquisita come conseguenza di traumi pelvici.  Alterazioni della funzionalità dello sfintere uretrale  Incompetenza del meccanismo dello sfintere uretrale (USMI): causa più comune nelle cagne e si manifesta spesso con perdita di urina intermittente durante il riposo in decubito laterale (quindi spesso di notte durante il sonno). È una condizione descritta soprattutto nelle cagne di grossa taglia che sono state sterilizzate in giovane età ed è legata alla riduzione dei livelli di estrogeni (o testosterone nei maschi) in seguito alla sterilizzazione e la susseguente perdita di tono dello sfintere uretrale.  Alterazioni della contrattilità della vescica Iperattività del muscolo detrusore: disordine caratterizzato da contrazioni eccessive involontarie del muscolo vescicale secondarie a diversi stimoli (infezioni, calcoli urinari o tumori della vescica). In questo caso si verificano frequenti perdite di piccole quantità di urina associate a una sensazione di urgenza.  Instabilità idiopatica del detrusore: disordine molto raro caratterizzato dalla ridotta contrattilità del muscolo detrusore.   Quali cani sono maggiormente predisposti a incontinenza urinaria? La predisposizione di sesso, razza o età  allo sviluppo di incontinenza urinaria dipende dalla patologia sottostante. Per quanto riguarda le patologie spinali da disco intervertebrale (discopatie), ad esempio, è nota la maggior predisposizione nei bassotti tedeschi, nei barboni toy e nei beagle, ma anche in cani di media e grossa taglia come il labrador retriver, il dobermann, il dalmata. Per l’incontinenza urinaria secondaria a incompetenza del meccanismo dello sfintere uretrale (USMI), questa colpisce soprattutto cani femmina di grossa taglia sottoposte a sterilizzazione precoce. L’ectopia ureterale invece è maggiormente descritta nel siberian husky, il labrador retriever, il terranova, il bulldog inglese, west highland white terrier, il fox terrier, lo skye terrier e barboni toy. Generalmente le femmine sono più colpite dei maschi. Infine, i bulldog inglesi sono più comunemente affetti da fistole uretro-rettali congenite.   Quali sono i sintomi associati a incontinenza urinaria nel cane? L’incontinenza urinaria è definita come la mancanza di controllo volontario del riflesso della minzione (urinazione), che provoca perdita involontaria di urina. La frequenza e gravità della incontinenza dipenderà dalla natura e gravità della patologia sottostante. Nel caso di incompetenza del meccanismo dello sfintere uretrale (USMI) o incontinenza di natura neurogena il proprietario riporterà il ritrovamento di piccole quantità di urine sul pavimento o sulle superfici dove il cane riposa (cuccia, letto, divani). Nel caso invece di ectopia ureterale, il proprietario potrebbe notare la perdita involontaria continua di urina anche durante la camminata. Nei cani con disordini del midollo spinale l’incontinenza urinaria (associata a ritenzione urinaria e perdita da overflow) è spesso presente anche incontinenza fecale in associazione ad alterazioni della deambulazione.    Quali saranno i possibili rilievi dell’esame fisico in un cane con incontinenza? Il veterinario visitando l’animale potrà evidenziare ulteriori alterazioni che dipenderanno dalla causa sottostante. Nei disordini non neurologici l’esame risulterà spesso nella norma fatta eccezione per il riscontro di eritema o anche irritazione da urina nella zona perineale e genitale, un odore pungente di urine proveniente dal pelo o la presenza di residuo o sgocciolamento di urine dalla vagina. Nel caso invece di cause neurogene l’esame fisico potrà mettere in evidenza una serie di deficit dei riflessi spinali, alterazioni nella deambulazione, la presenza di una vescica sovradistesa più o meno facilmente svuotabile manualmente o l’assenza di tono dello sfintere anale.    Quali indagini diagnostiche potranno essere richieste dal veterinario per identificare la causa di incontinenza urinaria in un cane? La scelta dell’iter diagnostico da seguire in un cane con incontinenza urinaria dipenderà dal sospetto della probabile causa derivante dall’anamnesi riportata dal proprietario e dall’esito dell’esame fisico e neurologico.Nel caso di sospetta incontinenza di tipo neurogeno il veterinario potrebbe consigliare l’esecuzione di un esame di risonanza magnetica della colonna spinale.Nel caso di cause non neurogene, si procederà con l’esecuzione di esame fisico-chimico e colturale delle urine e con indagini di diagnostica per immagini quali ad esempio l’ecografia addominale, la radiografia con mezzo di contrasto, la cistoscopia o la tomografia computerizzata (TC).La cistoscopia, ossia l’utilizzo di una telecamera inserita attraverso l’uretra, permette di visualizzare le basse vie urinarie dall’interno e quindi non solo di identificare direttamente la presenza di alterazioni anatomiche ma anche di effettuare procedure bioptiche o terapeutiche interventistiche. Immagine TAC di un uretere ectopico (freccia gialla), con inserimento dello stesso in una posizione anomala della vescica urinaria. Come si tratta l’incontinenza urinaria nel cane? Il trattamento dell’incontinenza urinaria dipenderà dalla patologia sottostante.Per quanto riguarda le cause neurogene, in assenza di una lesione spinale non correggibile chirurgicamente, il veterinario potrà consigliare una terapia palliativa che si baserà sull’uso di farmaci per diminuire o aumentare il tono del muscolo detrusore e degli sfinteri uretrali e sullo svuotamento manuale della vescica in aggiunta alla gestione delle infezioni urinaria che spesso sopravvengono a causa della ritenzione urinaria. Nell’incontinenza urinaria da incompetenza del meccanismo dello sfintere uretrale (USMI) il veterinario potrà prescrivere una terapia basata sull’uso sequenziale di farmaci per aumentare il tono dello sfintere uretrale e nei casi refrattari potrebbe consigliare procedure  endoscopiche (come l’iniezione periuretrale di collagene per via endoscopica) o chirurgiche (come la colposospensione o l’applicazione di un occluding device attorno al collo della vescica).  Nel caso di ectopia ureterale la terapia sarà chirurgica. Nella maggior parte dei casi sarà comunque necessaria una terapia farmacologica adiuvante per ottenere una remissione clinica completa.  “Med. Vet., Diplomato ACVIM, Diplomato ECVIM-CA, MRCVS, EBVS® - Specialist in Small Animal Internal Medicine”Dr. Fabio ProcoliAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

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