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IL DIABETE MELLITO NEL GATTO

IL DIABETE MELLITO NEL GATTO

Il diabete mellito è una patologia caratterizzata da una concentrazione costantemente elevata di glucosio nel sangue (iperglicemia) che può risultare pericolosa e fatale se non riconosciuta e appropriatamente trattata. Il diabete mellito è determinato da un insieme di disturbi che causa un’incapacità del pancreas di secernere l’ormone insulina, oppure da un’incapacità dei vari tessuti di utilizzare l’insulina stessa. Questo ormone è necessario al fine di diminuire la concentrazione di glucosio nel sangue e permettere ai vari tessuti di utilizzare il glucosio per produrre energia.   QUALI TIPI DI DIABETE MELLITO SONO PRESENTI NEL GATTO? Esistono diversi tipi di diabete mellito, classificabili similmente a quanto riportato in medicina umana.Il cosiddetto diabete di tipo 1 (che in passato veniva chiamato “insulino-dipendente”) è caratterizzato da una perdita irreversibile della funzionalità del pancreas nel produrre insulina, e risulta raro nel gatto.Quasi tutti i soggetti appartenenti alla specie felina sviluppano invece il cosiddetto diabete mellito di tipo 2 (“non insulino-dipendente”), caratterizzato da una perdita relativa e spesso reversibile della produzione di insulina e/o da una resistenza dei vari tessuti nei confronti dell’azione dell’insulina stessa. Questa malattia è piuttosto comune (prevalenza nel gatto stimata tra lo 0,2 e 0,5%) ed è più frequente in soggetti anziani (> 8 anni), di sesso maschile, in sovrappeso/obesi o in quelli appartenenti a specifiche razze (es. Burmese, Main Coon, Blu di Russia, Siamese). Il sovrappeso è senza dubbio il maggiore fattore di rischio per lo sviluppo di diabete mellito nel gatto. Anche uno stile di vita sedentario o prettamente indoor, la somministrazione di particolari farmaci (es. cortisonici) e alcuni fattori genetici possono predisporre allo sviluppo di diabete mellito in questa specie.   SEGNI CLINICI INDICATIVI DI DIABETE MELLITO I gatti malati si presentano tipicamente affetti da poliuria (eccesso nell’urinare), polidipsia (eccesso nel bere), polifagia (eccessiva fame) e da una progressiva perdita di peso (nonostante la condizione di obesità sottostante renda talvolta difficile identificare questo segno clinico). In casi più gravi si possono evidenziare segni clinici riconducibili a una neuropatia diabetica (debolezza degli arti posteriori, incapacità di saltare e “plantigradia”, ovvero una postura anomala evidente sui posteriori) (FOTO 1) o ad una chetoacidosi diabetica, ossia lo scompenso del diabete mellito caratterizzato da forte depressione, vomito e anoressia. FOTO 1: Gatto diabetico che ha sviluppato una neuropatia che ha determinato plantigrafia COME SI EFFETTUA LA DIAGNOSI Il diabete si può diagnosticare evidenziando una condizione di iperglicemia persistente, presenza di glucosio nelle urine (glicosuria) e in presenza di segni clinici specifici precedentemente citati (soprattutto il bere e l’urinare in eccesso). Il Medico Veterinario può inoltre avvalersi della misurazione delle fruttosamine, ossia delle proteine glicate sieriche che aumentano in corso di diabete. Poiché lo stress, un evento comune nei gatti in visita dal Medico Veterinario, o la somministrazione di alcuni farmaci (es. cortisonici) possono essere una causa di iperglicemia, è importante valutare la glicemia nel corretto contesto clinico, e non scambiare una iperglicemia da stress con un diabete mellito. Il Medico Veterinario potrebbe richiedere ulteriori indagini di laboratorio (esame delle urine con relativo esame batteriologico, esame emocromocitometrico, esame biochimico, emogasanalisi e valutazioni degli ormoni tiroidei) ed esami  strumentali (ecografia dell’addome) al fine di escludere altre malattie concomitanti che possono aver scatenato o aggravare la condizione del diabete mellito (es. infezione delle vie urinarie, ipertiroidismo, pancreatite).   LA TERAPIA Lo scopo della terapia è quella di ridurre la glicemia a valori accettabili, eliminando i segni clinici e garantendo una buona qualità di vita. In circa il 20-30% dei casi, gatti diabetici possono ottenere una remissione della malattia, attraverso la combinazione di una corretta terapia e di frequenti monitoraggi clinici e laboratoristici. La terapia più efficace, e spesso necessaria per la malattia, è la somministrazione di insulina.Solitamente all’inizio della terapia il veterinario, al fine di evitare episodi ipoglicemici, prescrive bassi dosaggi insulinici; con il tempo, solitamente tali dosaggi vengono incrementati fino ad individuare la dose adeguata allo specifico soggetto.Esistono diversi prodotti insulinici in commercio e solitamente per il gatto si prediligono insuline a lunga durata d’azione. Questo farmaco viene normalmente somministrato due volte al giorno, sotto cute, utilizzando una piccola siringa o delle apposite penne da iniezione (FOTO 2). FOTO 2: Penna veterinaria per la somministrazione di insulina e una siringa per la somministrazione di insuline alla concentrazione di 40U/ml.Una dieta adeguata, caratterizzata da una bassa concentrazione di carboidrati e da una alta componente proteica, è importante per ottenere un controllo stabile della glicemia ed ottimizzare l’efficacia della terapia insulinica per cui il veterinario prescriverà una dieta specifica. Risolvere la condizione di sovrappeso/obesità permette inoltre di avere un migliore controllo della malattia ed aumentare la possibilità di una remissione completa. Risulta importante che i pasti siano quanto più possibile forniti agli stessi orari e somministrati in ugual quantità, evitando di lasciare del cibo disponibile ad libitum e garantendo che il gatto effettui sempre un pasto completo.   L’utilizzo di ipoglicemizzanti orali può essere considerata un’alternativa alla terapia insulinica, tuttavia ha una efficacia inferiore rispetto all’insulina. A breve verranno immessi in commercio nuovi ipoglicemizzanti orali per il gatto che dai primi studi sembrano essere estremamente promettenti.   PARTICOLARI ATTENZIONI PER LA TERAPIA INSULINICA La somministrazione giornaliera di insulina non risulta difficoltosa per la maggior parte dei proprietari e non è un evento stressante per il gatto.È tuttavia importante ricordare poche, semplici regole per ottenere un controllo adeguato della glicemia e della malattia, evitando errori grossolani nella somministrazione insulinica: L’insulina deve essere adeguatamente conservata in frigo e miscelata prima di ogni utilizzo; Le siringhe utilizzate per la terapia insulinica devono essere specifiche per l’insulina scelta: l’insulina glargine presenta solitamente con una concentrazione di 100 U/ml, come la maggior parte delle insuline ad uso umano, mentre altre insuline ad uso veterinario (es. insuline “lente”) presentano una concentrazione più bassa (40 U/ml) e necessitano pertanto di siringhe specifiche. L’utilizzo di una siringa errata può comportare un controllo inefficace della glicemia o mettere a rischio la vita del gatto causando una condizione di ipoglicemia. E’ fortemente sconsigliato somministrare l’insulina da 40U/ml con siringhe da 100 U/ml, anche nel caso in cui si decida di effettuare l’apposita proporzione. Questo calcolo è infatti spessissimo fonte di errori. Nel caso in cui si utilizzino insuline più concentrate (es glargine 300U/ml) la somministrazione va effettuata esclusivamente con l’apposita penna. La presenza di bolle d’aria nella siringa o una somministrazione inadeguata nel sottocute del gatto può determinare una minore efficacia della terapia, una condizione grave se tali errori vengano reiterati giornalmente.   MONITORAGGIO DELLA TERAPIA Al fine di ottenere un buon controllo della malattia dovranno essere attentamente monitorati cambiamenti nei segni clinici ed il veterinario dovrà effettuare un controllo periodico e regolare dei valori glicemici. Dopo l’introduzione della terapia insulinica verranno programmati dei controlli settimanali per i primi 1-2 mesi, successivamente i controlli verranno effettuati circa ogni 4-6 mesi. La valutazione dei valori glicemici, in associazione agli aspetti clinici, permette al veterinario di individuare la dose insulinica più adeguata. La valutazione seriale della glicemia, attraverso cosiddette “curve glicemiche”, consiste nella valutazione della glicemia nell’arco di un’intera giornata, sia prima che dopo i pasti e della somministrazione della terapia insulinica. Il metodo più efficace e meno invasivo prevede l’utilizzo di glucometri portatili specificatamente progettati per l’utilizzo in ambito veterinario.Questi apparecchi possono valutare la glicemia del gatto attraverso una piccola goccia di sangue, prelevabile facilmente e senza dolore dal padiglione auricolare o dai polpastrelli.I valori di glicemia in un gatto diabetico dovranno approssimativamente essere compresi tra 90 e 250 mg/dl.    L’utilizzo di sensori per il monitoraggio continuo di glucosio è un’alternativa recentemente diffusa anche in ambito veterinario. Viene posizionato a tale scopo un sensore sulla cute del gatto (Foto 3), solitamente nel collo, che permette di monitorare costantemente il glucosio semplicemente avvicinando uno smartphone al sensore.FOTO 3 (in copertina): Sensore per il monitoraggio continuo del glucosio applicato sul collo del gatto. L’applicazione non è dolorosa e non richiede sedazione. In questo modo si possono ottenere dei grafici nei quali il glucosio viene monitorato costantemente (figura 4) IMMAGINE 4: Monitoraggio di 24 ore del glucosio ottenuto con sistema di monitoraggio continuo. I pallini e i numeri di glucosio corrispondenti (espressi in mg/dl) rappresentano il momento nel quale il proprietario scansiona il sensore attraverso l’uso dello smartphone.Proprietari adeguatamente istruiti dal loro veterinario possono, con il tempo, imparare ad effettuare i controlli glicemici tramite un apposito glucometro anche da casa, diminuendo l’effetto stressante che la visita clinica o il ricovero giornaliero può avere sul gatto e sulla valutazione glicemica. I valori di glicemia ottenuti da questi controlli e gli eventuali cambiamenti clinici dovranno essere appuntati e consegnati al Medico Veterinario curante; sulla base di questi parametri verrà deciso se modificare il dosaggio di insulina giornaliero. Nel caso in cui non siano evidenti miglioramenti nelle condizioni cliniche o nei controlli glicemici, dopo alcuni mesi di trattamento, il Medico Veterinario potrà richiedere ulteriori accertamenti diagnostici, tramite esami di laboratorio o esami strumentali, per escludere alcune malattie concomitanti che possano causare un mancato controllo del diabete (es. acromegalia, ipertiroidismo, infezione delle vie urinarie, pancreatiti croniche, tumori).   REMISSIONE DELLA MALATTIA Poiché nei gatti affetti da diabete mellito di tipo 2 adeguatamente trattati è possibile ottenere una remissione della malattia, è particolarmente importante effettuare scrupolosamente la terapia e rispettare i numerosi controlli indicati dal veterinario. Nel caso di una remissione della malattia non opportunamente identificata o di un sovradosaggio della terapia insulinica è possibile che si sviluppi una condizione di ipoglicemia (glucosio < 40-50 mg/dl), potenzialmente rischiosa per la vita del gatto e che può rappresentre un’urgenza medica. In questi casi potrebbero essere evidente una forte depressione, barcollamenti, tremori e nei casi più gravi sviluppo crisi convulsive. In tal caso è importante sospendere la somministrazione di insulina, somministrare del miele per via orale e contattare il Medico Veterinario.    PROGNOSI La prognosi in un gatto affetto da diabete mellito di tipo 2 dipende da quanto precocemente è stata effettuata la diagnosi, dall’ottenimento di un buon controllo glicemico, dalla presenza di eventuali patologie concomitanti e dallo sviluppo di remissione della malattia. Al fine di ottenere un buon controllo del diabete mellito ed evitare una recidiva della malattia dopo la sua remissione, è importante effettuare controlli clinici periodici e della glicemia, mantenendo uno stile di vita ed alimentare adeguato. In collaborazione con il Dr. Francesco LunettaLe immagini pubblicate sono concesse dagli Autori “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Prurito nel gatto come si manifesta

Prurito nel gatto come si manifesta

Che cosa è il prurito nel gatto e come si manifesta? Il sintomo prurito è un a sensazione spiacevole che si genera da stimoli periferici che raggiungono il cervello per poi ritornare mediante fibre nervose alla cute.Tale sintomo è molto comune in dermatologia felina e riconosce numerose cause. Bisogna ricordare che la sensazione di prurito non si manifesta solo mediante il grattamento ma, soprattutto nel gatto, anche il leccamento è un classico sintomo di prurito.   Quando un gatto presenta prurito? Le malattie dermatologiche pruriginose sono di diversa natura e includono più frequentemente cause parassitarie e allergiche. Meno comunemente possono generare il sintomo prurito nei gatti le malattie metaboliche, infettive (dermatofitosi), immunomediate o neoplastiche. Le allergie, sia alimentari sia nei confronti di allergeni ambientali o di allergeni presenti nella saliva delle pulci, sono sicuramente le cause più comuni di prurito.   Quali sono le lesioni cliniche osservate sulla cute dei gatti con prurito? Le manifestazioni cliniche del prurito nel gatto sono molto diverse tra loro e creano talvolta difficoltà d’interpretazione; se a questo sommiamo il fatto che esse non sono indicative della causa sottostante, si capisce come il gatto “dermatologico” sia un paziente molto complesso da gestire. Tra le lesioni dermatologiche associate al prurito sono incluse: le dermatiti erosive-ulcerative della faccia, testa e collo legate all’auto-traumatismo procurato con gli artigli (prurito testa-collo) la cosiddetta “dermatite miliare”, una dermatite caratterizzata da piccole papule eritematose delle dimensioni di un seme di miglio (da qui il termine “miliare”) distribuite su tutto il tronco l’alopecia simmetrica autoindotta, che si manifesta con la riduzione della lunghezza del mantello che il gatto crea mediante un grooming eccessivo legato al forte prurito; le lesioni del cosiddetto complesso granuloma eosinofilico, un gruppo di lesioni dermatologiche che comprende il granuloma eosinofilico (granuloma lineare su profilo posteriore delle cosce o granuloma del labbro inferiore o dei spazi interdigitali ventrali e cuscinetti), l’ulcera indolente labiale e le placche eosinofiliche, solitamente presenti su addome e interno cosce. Fig. 1 - Alopecia autoindotta da leccamento, causata da pruritoFig. 3 - Dermatite miliareFig. 5 - Dermatite erosiva-ulcerativa del collo, causata da auto-traumatismoFig. 7 - Dermatite erosiva-ulcerativa del collo, causata da auto-traumatismoFig. 2 - Alopecia autoindotta da leccamento causata da pruritoFig. 4 - Dermatite miliareFig. 6 - Dermatite erosiva-ulcerativa del collo, causata da auto-traumatismoFig. 8 - Dermatite erosiva-ulcerativa causata da auto-traumatismoFig. 1 - Alopecia autoindotta da leccamento, causata da pruritoFig. 2 - Alopecia autoindotta da leccamento causata da pruritoFig. 3 - Dermatite miliareFig. 4 - Dermatite miliareFig. 5 - Dermatite erosiva-ulcerativa del collo, causata da auto-traumatismoFig. 6 - Dermatite erosiva-ulcerativa del collo, causata da auto-traumatismoFig. 7 - Dermatite erosiva-ulcerativa del collo, causata da auto-traumatismoFig. 8 - Dermatite erosiva-ulcerativa causata da auto-traumatismoCome si diagnostica la causa del prurito nel gatto ? L’iter diagnostico del prurito nel gatto si esegue per esclusione, mediante un approccio ragionato che escluda via via le diverse diagnosi differenziali. Il primo step che il veterinario effettuerà, insieme alla visita clinica, prevede l’esclusione delle malattie infettive (dermatofitosi) o parassitarie (rogne o presenza di pulci) attraverso l’esecuzione di tecniche diagnostiche ambulatoriali (lampada di Wood, esame citologico, esame microscopico del pelo, raschiato cutaneo, semina in terreni selettivi per dermatofiti) e trattamenti di prevenzione con farmaci antiparassitari. Qualora queste malattie venissero escluse, il veterinario procederà alla ricerca di una causa da ipersensibilità (allergia) che potrebbe essere dovuta ad un problema alimentare (reazione avversa al cibo) individuabile mediante una dieta selettiva, basata su fonti alimentari mai ingerite dal paziente, per un periodo minimo di 8 settimane. Al termine di questo trial dietetico restrittivo, qualora il gatto continuasse a grattarsi, il veterinario potrà formulare una diagnosi clinica di ipersensibilità nei confronti di allergeni ambientali e procedere con un test allergico su siero ed un’eventuale immunoterapia allergene specifica.   Ma il prurito è sempre su base allergica? Sebbene nella quasi totalità dei casi il prurito nel gatto sia legato a malattie da ipersensibilità, ci sono malattie rare con cause ed aspetti clinici particolari che possono generare prurito, fra queste alcune neoplasie cutanee (linfoma epiteliotropo), sindromi paraneoplastiche (alopecia paraneoplastica, dermatite esfoliativa associata a Timoma), malattie idiopatiche immunomediate (follicolite murale) ecc. La storia del paziente, che deve essere fornita con molta precisione dal proprietario, il segnalamento (età, razza e sesso) e l’aspetto clinico di queste lesioni, possono indirizzare il veterinario verso una di queste diagnosi più complesse. In copertina: gatto con lesioni della testa da autotraumatismo per prurito.Tutte le immagini sono gentilmente concesse dall'Autore.“Medico Veterinario - (Dermatologia ed Allergologia - Citologia ed Istologia dermatologica – Micologia - Parassitologia dermatologica e Otologia)”Dr. Francesco AlbaneseAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La panleucopenia felina: una malattia antica, ma ancora attuale

La panleucopenia felina: una malattia antica, ma ancora attuale

Dal parvovirus del gatto a quello del cane La panleucopenia felina è una delle malattie infettiva del gatto conosciute da più tempo, in quanto le prime segnalazioni risalgono agli anni ’20 del XX secolo. È causata da un virus, il parvovirus del gatto o virus della panleucopenia felina (FPV), che è molto simile al parvovirus del cane (CPV), responsabile della gastroenterite emorragica in questa specie.  Oggi si ritiene che il parvovirus del cane, comparso per la prima volta verso la metà degli anni ’70, si sia evoluto a partire daL virus della panleucopenia felina (FPV) mediante un salto di specie dal gatto al cane. Nel corso degli anni, mentre il virus della panleucopenia felina (FPV) è rimasto geneticamente stabile, il parvovirus del cane (CPV) si è evoluto in tre varianti, CPV-2a, CPV-2b e CPV-2c, che hanno soppiantato completamente il vecchio ceppo, rispetto al quale le varianti sono più aggressive ed hanno acquisito la capacità di causare malattia anche nel gatto. I parvovirus sono virus eccezionalmente resistenti, restando vivi e vitali nell’ambiente esterno anche per parecchi mesi, per cui i gatti possono infettarsi non solo per contatto diretto con soggetti malati, ma anche attraverso il contatto con le loro feci o con oggetti e superfici contaminati da questi ed altri secreti ed escreti.  Una malattia letale non solo per i gattini La panleucopenia felina è una delle malattie più gravi e diffuse del gatto, specie se colpisce gattini al di sotto dei sei mesi di età. Il virus della panleucopenia felina replica nei tessuti linfatici, causando una diminuzione di tutte le componenti dei glubuli bianchi (panleucopenia), e nell’epitelio dell’intestino, in particolari strutture, le cripte intestinali, che rappresentano i centri germinativi delle cellule di rivestimento, causandone la necrosi. Gli animali colpiti presentano vomito incoercibile, diarrea profusa (spesso emorragica), abbattimento, inappetenza, a volte febbre. La diminuzione del numero di globuli bianchi determina un’abbassamento delle difese immunitarie (immunodepresisone) per cui i gatti infetti possono sviluppare infezioni batteriche secondarie. La prognosi è spesso infausta, perché l’esito dell’infezione è la morte dell’animale, nonostante gli interventi terapeutici.  Una forma particolare di malattia può essere osservata nei gattini che si infettano durante le ultime settimane di gravidanza (per passaggio del virus dalla madre infetta ai feti attraverso la placenta) oppure durante le prime settimane di vita.I gattini infetti manifestano, in questo caso, soprattutto una forma neurologica a causa della localizzazione del virus in cervelletto e retina. I sintomi più facilmente riscontrabili sono incoordinazione motoria, tremori e cecità. Le gatte gravide possono anche manifestare turbe della riproduzione, con riassorbimento embrionale, aborto o natimortalità. I gatti adulti sono maggiormente resistenti alle forme cliniche, ma si osservano sempre più spesso focolai di malattia grave, anche mortale, in colonie feline, con coinvolgimento di tutte le fasce di età.    Come si cura la panleucopenia felina? La panleucopenia felina è una malattia acuta, che può portare alla morte dei gatti infetti in pochissimi giorni. Perciò è fondamentale che il medico veterinario visiti il gatto alla prima comparsa dei sintomi clinici. Infatti, un atteggiamento dilatorio ed attendista da parte del proprietario può compromettere irrimediabilmente le capacità di ripresa dalla malattia, condannando a morte l’animale infetto. Non esistono farmaci antivirali efficaci nei confronti della panleucopenia felina, per cui la terapia della panleucopenia felina è quasi esclusivamente di supporto. È necessario somministrare antiemetici per bloccare il vomito e soprattutto provvedere rapidamente ad una terapia reidratante per ripristinare l’equilibrio idrico-salino.A volte si deve ricorrere ad un’alimentazione parenterale per evitare l’espulsione del cibo attraverso il vomito. Gli antibiotici ad ampio spettro, non efficaci contro il virus ma sono importanti per prevenire le infezioni batteriche secondarie e soprattutto una possibile setticemia conseguente alla distruzione della barriera intestinale.   Come si previene la panleucopenia felina? La migliore arma per combattere la panleucopenia è la prevenzione, che si ottiene attraverso la vaccinazione. I vaccini più efficaci per la profilassi della panleucopenia felina sono vaccini vivi attenuati, cioè allestiti con ceppi in grado di replicare attivamente nel gatto, stimolando la risposta immune ma senza causare la malattia. Questi vaccini sono altamente immunogeni ed efficaci, ma, nonostante il loro impiego da parecchi decenni, non hanno determinato la scomparsa della malattia. Infatti, il più importante ostacolo alla riuscita dell’intervento vaccinale è rappresentato, nel gattino, dall’interferenza degli anticorpi colostrali. Si tratta di anticorpi che la madre (vaccinata o con infezione pregressa) trasferisce alla prole con il colostro, che è il latte secreto nelle prime ore dopo il parto. Gli anticorpi colostrali servono per proteggere i gattini nelle prime fasi della loro vita, quando sono ancora troppo deboli per combattere da soli gli agenti infettivi. Questi stessi anticorpi però interferiscono con le vaccinazioni, andando a bloccare il virus vaccinale ed impedendogli di stimolare il sistema immunitario del gattino. Gli anticorpi colostrali persistono per 8-12 settimane, ma in alcuni gattini possono interferire con la vaccinazione fino alle 14-15 settimane di età. Pertanto, i protocolli vaccinali del primo anno di vita prevedono ripetute somministrazioni del vaccino fino ad almeno la sedicesima settimana, quando si è più o meno certi dell’assenza di interferenza da parte dell’immunità colostrale.   Protocollo vaccinale per la profilassi della panleucopenia felina (vaccino attenuato)     Gattini di età < 16 settimane Gattini di età >16 settimane Gatti adulti  Vaccinazione primaria 3-4 dosi di vaccino a distanza di 2-4 settimane Una sola dose di vaccino è accettabile Una sola dose di vaccino Primo richiamo 6 mesi o 1 anno 6 mesi o 1 anno Non necessario Richiami successivi Ogni 3 anni Ogni 3 anni Ogni 3 anni         “DVM, PhD, Diplomato ECVM, EBVS® - European Specialist in Veterinary Microbiology, Professore Ordinario di Malattie Infettive degli Animali Domestici.”Prof. Nicola DecaroAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La Leishmaniosi nel cane

La Leishmaniosi nel cane

Leishmania infantum agente della Leishmaniosi in Europa è un parassita dei Flebotomi (pappataci) che può colpire cani e gatti, ma anche altri mammiferi (lagomorfi) incluso l’uomo.Pressoché ubiquitario in Italia, il Centro-Sud Italia, le zone litoranee e le colline appenniniche e il lago di Garda sono le zone a più elevata endemia ma ad oggi nessuna zona italiana può essere considerata a rischio zero.Il parassita si replica sessualmente nel Flebotomo ma viene trasmesso appunto al cane nel quale si riproduce in modo asessuato. I Flebotomi durante la stagione invernale non sopravvivono allo stadio adulto, ma solo allo stadio di uova o talora larve. Il cane ed altri mammiferi rappresentano quindi il serbatoio di infezione per i nuovi Flebotomi che nascono dalle uova nella stagione primaverile, consentendo quindi al parassita di mantenersi endemico in zone che abbiano un habitat a loro favorevole. I pappataci sono insetti ematofagi (ovvero che si nutrono di sangue, come le zanzare) i quali prediligono le ore crepuscolari e notturne per cibarsi, così come i mesi caldi (da inizio maggio a inizio novembre), l’umidità e le zone non ventilate. Sono principalmente presenti in ambienti rurali e costieri poiché, per lo sviluppo e la crescita, le larve necessitano di temperature, umidità adeguata e riparo (crepe profonde nel terreno o di vecchi muri o edifici) e per quanto concerne quelli presenti in Italia e responsabili della trasmissione di L. infantum sono esofili e esofagici (cioè non entrano e non pungono all’interno delle abitazioni). L’uomo può essere infettato da Leishmania infantum ma il contagio non è diretto (dal cane) ma è causato dalla puntura dei flebotomi (pappataci). Avere un cane affetto da leishmaniosi, se trattato su consiglio del medico veterinario con farmaci che impediscano la puntura del pappataci (piretroidi) e che provochino la loro morte dopo la puntura (isoxazoline), non è un fattore di rischio per la famiglia. In ogni caso nell’uomo colpito da L. infantum, nella maggior parte dei casi, le lesioni si limitano alla cute, sono localizzate e rispondono bene alla terapia. Nei soggetti immunodepressi (infezioni da HIV, chemioterapie, terapie immunosoppressive) non si possono però escludere forme sistemiche indipendentemente dall’età. DiagnosiLa diagnosi di Leishmaniosi nel cane è una diagnosi prettamente di laboratorio che deve essere effettuata dal medico veterinario con esami indiretti (titolazione anticorpale) e diretti (volti all’evidenziazione del parassita) spesso eseguiti in associazione.Va comunque segnalato che non esistono test o esami ematologici in grado di escludere con certezza che un cane non sia infetto.L’infezione precede di mesi o anni l’eventuale comparsa di segni clinici per cui nelle zone a rischio è consigliabile effettuare screening annuali.Un cane infatti può risultare positivo o manifestare malattia mesi o anni dopo la sua esposizione al parassita. Fig. - numerosi amastigoti di Leishmania infantum ad esame citologico linfonodale di un cane malato. La forma amastigote rispetto a quella del promastigote presente nel Flebotomo, ospite definitivo, perde il flagello per l’esposizione alla temperatura corporea più elevata e sfavorevole rispetto a quella ambientale e si riproduce in forma asessuata.I sintomi clinici di Leishmaniosi nel cane, quando presenti possono essere: - Sintomi cutanei come la perdita di pelo (specie nelle zone della testa) o croste ai padiglioni auricolari. oppure Sintomi sistemi fra cui i più frequenti sono perdita di peso, epistassi, patologie oculari, aumento della sete e perdita dell’appetito. Trattandosi di una malattia sistemica le complicanze possono essere molteplici ma l’organo più bersagliato solitamente è il rene. L’eccessiva produzione di anticorpi porta nella maggior parte dei casi a insufficienza renale cronica. L’evoluzione dell’infezione dipende dal suo status immunitario del cane (componente cellulo-mediata Th1) e dalle eventuali terapie e l’aspettativa di vita può essere assolutamente normale così come di pochi mesi. La terapia è complessa e va riservata solo ai cani sintomatici e prevede l’utilizzo di cicli di farmaci Leishmanicidi associati eventualmente a farmaci in grado di contrastare le alterazioni indotte in ogni singolo soggetto e deve essere seguita da un monitoraggio costante per tutta la vita. La Leishmaniosi in forma clinica non è quindi una malattia da “deficit” immunitario ma da alterata risposta del sistema, assimilabile grossolanamente a quella allergica. Farmaci o “principi” immunostimolanti devono essere somministrati sotto controllo e approvazione del medico veterinario perché potrebbero avere effetto controproducente. La prevenzione della Leishmaniosi nel cane si base in primo luogo sull’evitare l’esposizione del cane ai pappataci nella stagione a rischio da maggio a novembre: tenere quindi il cane in casa durante la notte ed evitare le uscite serali e mattutine e proteggerlo con antiparassitari specifici (piretroidi in formulazione collare o spot on) che ostacolino la puntura dei Flebotomi. Nelle aree a rischio è consigliata la vaccinazione, che non riduce il rischio di infezione ma riduce notevolmente la probabilità che un cane infetto sviluppi forme cliniche. Vista la possibilità di trasmissione materno fetale e venerea i cani infetti o con un passato di malattia (anche se clinicamente sani) non dovrebbero riprodursi.“DVM, Specialista in Clinica dei Piccoli Animali, Diplomato EVPC, EBVS® - European Veterinary Specialist in Parasitology”.Dr. Luigi VencoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

LE UVEITI NEL CANE E NEL GATTO

LE UVEITI NEL CANE E NEL GATTO

Con il termine di uveite si intendono le infiammazioni intraoculari che colpiscono principalmente l’iride e i corpi ciliari (strutture che producono l’umor acqueo). La sintomatologia può essere molto varia ma risulta caratterizzata da dolore, arrossamento congiuntivale, lacrimazione, fotofobia e difficoltà visive.Di solito alla visita clinica è possibile osservare miosi (pupilla più stretta), intorbidimento dell’acqueo, rossore sclerale e pressione oculare bassa. Talvolta l’infiammazione si estende al corpo vitreo (vitreite) e, nelle forme più gravi, anche alla coroide, con eventuale distacco di retina e cecità. Le cause di uveite sono molteplici e si possono dividere in forme infettive e non infettive: Le forme infettive possono essere virali (FeLV, FIV, FIP, Cimurro, Adenovirus, ecc), batteriche (Leptospirosi, Borrelia, Brucella, ecc) e parassitarie (Leishmania, Toxoplasma, Erlichia, Rickettsia, Funghi, Alghe, ecc). Le forme non infettive si dividono in immunomediate, che sono le più comuni (es: sindrome uveodermatologica, uveite lente indotta), neoplastiche (es: melanoma, adenocarcinoma dei corpi ciliari e linfoma), traumatiche, riflesse (associate ad ulcere corneali) e metaboliche (es: iperlipidemia e diabete). Per la diagnosi si deve ricorrere ad esami del sangue e delle urine completi, test sierologici e talvolta anche alla diagnostica per immagini (ecografia, TAC/RM), anche se spesso non è possibile evidenziare una causa certa: in questi casi si parla di uveite idiopatica. L'uveite idiopatica è molto frequente nell’uomo e nel gatto (anziano), con un’evoluzione lenta e a volte subclinica.  La terapia deve essere il più possibile mirata alla causa, ma riconosce come farmaci principali alcuni antibiotici e antinfiammatori sistemici e topici, spesso da assumere in maniera continuativa a dosi più basse.  Come frequente complicanza di queste infiammazioni può comparire il glaucoma, condizione caratterizzata dall’aumento della pressione endoculare per l’occlusione dell’angolo di drenaggio dell’umor acqueo.La pressione elevata crea un danno irreversibile al nervo ottico, con dolore oculare e perdita della visione permanente. In questi casi risulta necessario ricorrere a terapie che riducano la pressione, ma che spesso si rivelano inefficaci: per tale ragione può essere necessario impiegare soluzioni chirurgiche (ad es. laser, enucleazione). La prognosi per il mantenimento della vista in caso di uveite risulta sempre riservata e la diagnosi precoce appare fondamentale per limitare i danni, per questo non si devono sottovalutare i primi segni clinici, anche se alcuni sintomi (per es. il rossore oculare) sono comuni ad altre patologie meno gravi (ad es. congiuntiviti, sindrome dell’occhio secco, patologie corneali).Foto di copertina - uveite linfoplasmocitica in un gatto - (immagine concessa dall'autore Dr. Domenico Multari) “DVM, Dottore di Ricerca in Oftalmologia Veterinaria Specialista in Clinica e Malattie dei Piccoli Animali (Oftalmologia)”Dr. Domenico MultariAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Ansia da separazione nel cane

Ansia da separazione nel cane

Ansia da separazione: cos’è, cosa evitare e come aiutare il cane che ne soffre. L’ansia da separazione, problema comportamentale noto a tante persone, è un disagio che il cane manifesta con una ampia varietà di sintomi quando rimane senza la sua figura di riferimento. La causa dell’ansia da separazione è solitamente il tipo di legame che il cane, in giovane età, ha sviluppato con uno o più componenti della famiglia.Quando viviamo con un cucciolo, infatti, siamo spesso portati a coccolarlo continuamente, accoglierlo quando ci cerca per restare in contatto continuo con noi o addirittura tenerlo molto in braccio e iper-proteggerlo limitandolo nelle sue esplorazioni. Sicuramente è importantissimo essere rassicuranti e presenti con un cucciolo che cresce ed ha bisogno di riferimenti sicuri ma è altrettanto importante dargli delle opportunità per sperimentare le sue capacità di autonomia, facendolo con il giusto metodo e la corretta gradualità e tempistica. Ci sono cani che manifestano ansia anche solo quando perdono di vista il loro referente dentro casa, se non possono seguirlo fisicamente o almeno solo con lo sguardo, ed altri che invece soffrono di questo problema quando la famiglia esce di casa lasciandoli realmente da soli.  I sintomi possono essere diversi e di differente intensità. Alcuni soggetti manifestano sintomi molto violenti anche se restano da soli per pochi minuti, facendo urina e feci sparse per casa, distruggendo cuscini o divani, tirando a terra libri o soprammobili e molto altro ancora.Altri cani, in aggiunta o in alternativa, quando restano da soli possono abbaiare o ululare ininterrottamente, per ore, dimenticando di bere e riposare perché incapaci di calmarsi.  Tutto questo oltre ad essere molto dannoso per la loro salute, può creare problemi con i vicini di casa e danni anche piuttosto seri al mobilio. Cosa accade a questi cani? Qual è l’errore più comune che si commette di fronte a quello che fanno? L’errore più frequente che si commette rientrando a casa è punirli o sgridarli per i danni che hanno fatto.  È vero, non è facile restare indifferenti quando si trova la casa devastata dal cane o il vicino ci ha chiamati per lamentarsi, eppure è fondamentale riuscire a farlo. Ciò che spesso noi chiamiamo “dispetto” in verità è l’espressione di un profondissimo disagio che il cane vive travolto da emozioni negative. Basta comprendere questo per capire quanto possa essere dannosa la punizione o il rimprovero. Ciò che provoca questo disagio spesso è una eccessiva dipendenza da noi, la percezione che il cane ha di insicurezza, una sorta di pensiero angosciante “da solo non riesco a sopravvivere”.  L’ansia, espressa in quei danni che noi erroneamente pensiamo siano dispetti, in questi cani è davvero violentissima e loro cercano di affrontarla come possono: si agitano, ci cercano, annusano in giro, leccano, mordicchiano per provare a calmarsi, hanno dissenteria dovuta ad attacchi di colite e, nei casi più gravi, di panico.Facile immaginare perché sia necessario evitare la punizione. Tutto ciò accade contro la volontà dell’animale, anzi lui eviterebbe ben volentieri di stare così male. E allora se non sono dispetti perché quando rientriamo possiamo trovarlo affranto, come se si sentisse in colpa? Perché la nostra comunicazione non verbale è chiarissima agli occhi dei nostri amici, la nostra reazione di rabbia, seppur silenziosa o peggio se in passato si è tradotta in urla, sculacciate o punizioni, è evidente.Ciò che la rende disfunzionale è che tutto ciò che è stato in nostra assenza avviene a seguito di uno stato ansioso del tutto incontrollabile per il cane e che si traduce in comportamenti che vanno oltre la sua possibilità di interrompersi. Cosa fare, quindi? Attenzione: Inibizione o punizione dei sintomi di ansia provocano esclusivamente un peggioramento del problema. Oltre ad evitare le punizioni sarà importante evitare qualsiasi forma di contenimento come ad esempio chiuderlo in una gabbia in casa oppure in una stanza vuota al fine di limitare i danni.Decisamente più utile, per ridurre l’ansia e i relativi sintomi, sarà dargli supporto chiedendo aiuto a un parente oppure a un dog sitter, per limitare al minimo il tempo che passerà da solo. I sintomi dell’ansia da separazione sono difficili da accettare per noi, talvolta i danni sono veramente molto importanti, ma non dimenticate che esprimono una sofferenza che il cane non può controllare e che si eviterebbe ben volentieri anche lui.Pertanto vi consiglio, in prima battuta, di avere pazienza e comprensione perché il cane sta soffrendo tanto quanto voi patite gli effetti del suo comportamento e quanto prima di rivolgervi al vostro medico veterinario che valutata la situazione vi potrà consigliare un collega veterinario esperto in comportamento che saprà darvi aiuto rapidamente. Med. Vet., PhD, Esperto in comportamento animale riconosciuto FNOVI - Esperto in IAA: Interventi Assistiti con gli Animali - (Medicina comportamentale)Dr.ssa Maria Chiara CatalaniAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

L’INSULINOMA PANCREATICO NEL CANE

L’INSULINOMA PANCREATICO NEL CANE

L’insulinoma pancreatico del cane è un tumore endocrino che origina dalle cellule β del pancreas, che sono normalmente deputate alla produzione di insulina e che, in condizioni patologiche, provocano una condizione di grave ipoglicemia.  In condizioni fisiologiche il ruolo dell’insulina è quello di facilitare il passaggio del glucosio dal sangue all’interno delle cellule ed ha pertanto azione ipoglicemizzante (ovvero abbassa la glicemia).  Questo tumore è poco frequente nel cane, ha un comportamento solitamente maligno. In circa la metà dei soggetti, al momento della diagnosi possono essere presenti delle metastasi (es. linfonodi regionali, fegato o omento). Questo tumore pancreatico colpisce più frequentemente i cani di taglia medio-grande e di età adulta (9-10 anni), tuttavia si può manifestare anche in cani più giovani o più anziani.    Quando posso sospettare un insulinoma nel cane ? La maggior parte dei cani è asintomatica per un periodo prolungato ed i segni clinici possono essere talvolta subdoli.  I sintomi più frequentemente riscontrati in corso di insulinoma pancreatico si verificano in condizioni di digiuno o a seguito di esercizio fisico più o meno intenso e sono dati da:  Debolezza Disorientamento Tremori Collasso Crisi convulsive, nei casi più gravi   Come si diagnostica l’insulinoma nel cane? Purtroppo, non esiste un’unica metodica o un test specifico per raggiungere la diagnosi, ma è possibile considerare diversi aspetti:  Sintomi clinici caratteristici, associati al riscontro di ipoglicemia (glicemia < 50 mg/dL) Insulinemia, ovvero la concentrazione di insulina nel sangue, interpretata contestualmente ad un episodio di ipoglicemia.I soggetti affetti da tale malattia, infatti, presentano un’inappropriata secrezione di insulina, che è troppo elevata in relazione ad un valore di glicemia molto basso.  Diagnostica per immagini. Ecografia addominale: può essere utile nell’identificare una neoformazione a livello pancreatico o eventuali metastasi, tuttavia, data la sua scarsa sensibilità (ovvero la capacità di identificare i soggetti affetti), un esito negativo non consente di escludere con certezza la malattia.  Tomografia Computerizzata: metodica che possiede un grado di sensibilità elevata e che consente di identificare anche eventuali metastasi di piccole dimensioni.   Come si può curare un insulinoma pancreatico nel cane? Una volta stabilizzato il paziente in corso di sintomatologia acuta, le opzioni terapeutiche includono l’asportazione chirurgica, il trattamento medico dell’ipoglicemia o una combinazione di entrambe. Trattamento chirurgico: da preferire in cani con una singola massa resecabile, mentre valutabile da caso a caso in pazienti che sono affetti da più masse pancreatiche o che presentano già lesioni metastatiche.Le complicanze post-operatorie più comuni possono essere date dallo sviluppo di pancreatiti o iperglicemia persistente.L’ipoglicemia può anch’essa essere una possibile complicanza causata dalla presenza di metastasi (a volte microscopiche e non visualizzabili anche mediante indagini di diagnostica per immagini avanzata) che secernono insulina. In questo tipo di pazienti l’obiettivo è quello di limitare gli episodi di ipoglicemia associata allo sviluppo di sintomi clinici, attraverso la somministrazione di pasti piccoli e frequenti e, qualora non sufficiente, di una terapia medica adeguata. Terapia medica: il suo obiettivo è quello di ridurre i segni clinici determinati dall’iper-secrezione di insulina e può essere utilizzata o in preparazione alla rimozione chirurgica del tumore, oppure come unica terapia nei casi in cui il trattamento chirurgico non sia possibile e/o indicato.Le indicazioni principali sono innanzitutto di aumentare il numero di pasti (suddividendo la razione di cibo in 4-5 volte) e di limitare gli sforzi fisici e, qualora questi accorgimenti non fossero sufficienti a prevenire sintomi legati all’ipoglicemia è necessario ricorrere all’utilizzo di una terapia farmacologica. Gli zuccheri semplici (es miele o sciroppo di glucosio) possono scatenare la liberazione di insulina e vanno evitati; si possono invece utilizzare durante una crisi ipoglicemica sintomatica.I farmaci di prima scelta sono i cortisonici, da utilizzare alla dose minima efficace, cercando di minimizzare il più possibile gli effetti collaterali, dopodichè è possibile ricorrere ad altri principi attivi, quali ad esempio il diazossido, che ha la funzione di inibire la secrezione di insulina.    Qual è la prognosi? Sulla base dell’alta percentuale di malignità e di metastasi i cani affetti da tumori insulino-secernenti presentano una prognosi a lungo termine da riservata a scarsa.I tempi medi di sopravvivenza possono essere molto variabili da caso a caso, tuttavia, sulla base della letteratura corrente, sembra che i cani che ricevono un intervento chirurgico di rimozione del tumore vivano sensibilmente più a lungo di quelli non operati.Con la collaborazione della Dr.ssa Mariachiara Re “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA FELINA

CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA FELINA

La cardiomiopatia ipertrofica felina (HCM, dall’inglese hypertrophic cardiomyopathy) è la patologia cardiaca più frequente nel gatto, e rappresenta circa il 57% delle patologie cardiache del gatto.   La cardiomiopatia ipertrofica felina è una patologia cardiaca primaria che causa un ispessimento del miocardio ventricolare sinistro (il termine cardiomiopatia indica proprio una malattia del muscolo cardiaco), in assenza di altre cause cardiovascolari o sistemiche.L’ispessimento delle pareti cardiache può infatti essere anche secondario ad ipertensione sistemica o a stenosi aortica, oltre che stimoli ormonali (come in caso di ipertiroidismo), ma in questi casi è una condizione secondaria e non patologia primaria del muscolo cardiaco. Esistono razze maggiormente predisposte allo sviluppo della cardiomiopatia ipertrofica? La base genetica della cardiomiopatia ipertrofica felina è stata dimostrata nelle razze Maine Coon e Ragdoll, mentre nelle altre razze la causa di tale patologia è sconosciuta. Recentemente è stata proposta una mutazione genetica come responsabile di HCM anche nello Sphinx, tuttavia questo dato è ancora in fase di validazione scientifica. Le due mutazioni genetiche identificate finora nel Maine Coon e nel Ragdoll riguardano entrambe il gene MYBPC3 (MYBPC3- A31P nel Maine Coon e MYBPC3- R820W nel Ragdoll), che codifica la sintesi di una proteina regolatrice muscolare, ovvero che influenza la forza e la velocità di contrazione cardiaca. La miocardiopatia ipertrofica felina si riscontra frequentemente in molte altre razze feline (Sphinx, Norvegese delle foreste, British Shorthair, Himalayano, Cornish Rex, Persiano, Bengala), ma non sono ancora stati identificati i geni responsabili della malattia e sono scarse le conoscenze sulla sua modalità di trasmissione. È bene specificare che possono essere affetti da HCM anche gatti comuni europei, anche non incrociati con gatti di razza.  Per definizione la cardiomiopatia ipertrofica felina è una patologia autosomica dominante (quindi basta la presenza della mutazione in una delle due coppie di geni affinché il soggetto ne sia affetto), a penetranza incompleta e variabilità fenotipica, il che implica che l’espressione clinica della malattia è estremamente variabile: molti gatti omozigoti (quindi che presentano la mutazione in entrambi i geni) sviluppano forme moderate o gravi entro i 4 anni di età, mentre i soggetti eterozigoti, ovvero portatori della mutazione solo in una coppia di geni, presentano forme più lievi e sopravvivono più a lungo. I soggetti maschi di razza Maine Coon sembrerebbero sviluppare la malattia precocemente e con una forma più severa rispetto alle femmine. Va tuttavia specificato che anche i soggetti negativi geneticamente, per le due razze di cui conosciamo la mutazione genetica causativa la malattia, possono sviluppare l’HCM per diversi fattori, tra cui verosimilmente il fatto che la mutazione genetica ad oggi riconosciuta è solo una a fronte delle 1400 circa mutazioni responsabili della stessa patologia nell’uomo.  Come faccio a sapere se il mio gatto è affetto da HCM? La miocardiopatia ipertrofica diventa solitamente clinicamente manifesta in un’età compresa tra i 4 e i 7 anni, ma nelle razze Maine Coon e Ragdoll l’età di insorgenza è precoce. La malattia può decorrere in maniera completamente asintomatica, quindi l’animale può non avere nessun sintomo, fino alla comparsa di insufficienza cardiaca congestizia o di tromboembolismo arterioso. Spesso l’unico reperto clinico di tale patologia è rappresentato, all’auscultazione cardiaca, da un soffio, ritmo di galoppo od un’aritmia in gatti asintomatici, ma può essere riscontrata anche in assenza di alterazioni cliniche. I soffi, nei gatti affetti da HCM, possono diventare più evidenti con l’aumento della frequenza cardiaca, conseguente ad esempio allo stress della visita clinica od a manualità che il cardiologo attuerà ad hoc al fine di evocarla. Tuttavia la sola presenza di un soffio non è un test di screening adeguato alla diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica. Il polso femorale può presentarsi normale, debole, fino ad assente in corso di tromboembolismo iliaco; in quest’ultimo caso il paziente manifesta dolore improvviso con zoppia o paralisi mono o bilaterale degli arti posteriori, che si presenteranno freddi e con cianosi (presenza di un colore bluastro) dei cuscinetti digitali e del letto ungueale. La dispnea, ovvero la difficoltà respiratoria, nei gatti affetti da cardiomiopatia ipertrofica è spesso associata allo scompenso cardiaco, che si può manifestare come edema polmonare o versamento pleurico.  L’esame radiografico del torace in corso di HCM può risultare normale nelle forme lievi ed iniziali della patologia, mentre in stadi più avanzati si possono riscontrare delle alterazioni della silhouette cardiaca indicative di cardiomegalia (aumentate dimensioni cardiache). Lo studio radiografico può inoltre rivelarsi utile per valutare i vasi polmonari ed il loro stato di congestione, oltre che per verificare/confermare la presenza di edema polmonare o versamento pleurico, espressioni di uno scompenso cardiaco in atto. La radiografia del torace è inoltre essenziale per il monitoraggio della risposta alle terapie in pazienti con insufficienza cardiaca congestizia.  L’elettrocardiografia viene utilizzata come mezzo diagnostico collaterale per la valutazione di eventuali aritmie cardiache primarie o secondarie al danno miocardico, mentre è sicuramente l’ecocardiografia l’esame di elezione per la diagnosi della cardiomiopatia ipertrofica. L’esame viene eseguito dopo tricotomia della regione parasternale e con il paziente in decubito laterale. La valutazione dello spessore del miocardio, quindi del muscolo cardiaco, nelle diverse porzioni della parete ventricolare sinistra e del setto interventricolare, attraverso un’osservazione di tutti i segmenti, analizzati in diverse scansioni, è il punto cruciale per la diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica. Talvolta lo spessore del ventricolo sinistro rientra in una classe borderline per cui non è ancora possibile parlare di fenotipo ipertrofico, ma al contempo non è possibile classificare il soggetto come sano. In questi casi solo dei controlli seriali ci permetteranno di dire se il gatto è affetto o meno da HCM.  Un’ importante osservazione dal punto di vista ecocardiografico è l’eventuale presenza di ecocontrasto spontaneo all’interno del lume atriale (c.d. smoke effect), in quanto la sua presenza suggerisce una fase prodromica alla formazione di trombi e l’aumento del rischio di tromboembolismo arterioso come possibile esito della patologia.    Fig. 1 - Gatto Ragdoll: l'esame ecocardiografico evidenzia l'ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro. Ho un gatto con HCM, che cosa mi devo aspettare? La prognosi della cardiomiopatia ipertrofica è molto variabile in funzione della fase in cui viene diagnosticata la patologia e dell’entità dell’ipertrofia stessa, oltre che del quadro clinico nel complesso. Il paziente asintomatico ha solitamente una prognosi favorevole, con lunghi tempi di sopravvivenza, mentre questi sono ridotti nel caso di scompenso cardiaco o tromboembolismo. Il più importante fattore predittivo dell’esito della patologia sembra essere infatti la presenza o meno di sintomatologia al momento della diagnosi: in particolare soggetti riferiti per scompenso congestizio o per tromboembolismo sono a più alto rischio di decesso, a causa della stessa complicanza, nell’arco dei due anni successivi. I gatti affetti da HCM ostruttiva hanno una prognosi migliore rispetto a quelli che presentano la forma non ostruttiva, questo poiché nelle forme ostruttive è spesso presente un soffio cardiaco che permette al veterinario di effettuare una diagnosi precoce. Esiste una terapia per la cardiomiopatia ipertrofica? L’obiettivo della terapia nei casi di cardiomiopatia ipertrofica è quello di prevenire lo scompenso cardiaco, i fenomeni tromboembolici e la morte improvvisa. Il trattamento del paziente asintomatico è uno degli argomenti più dibattuti nella comunità scientifica, poiché mentre alcuni studi sostengono il beneficio dei farmaci beta-bloccanti in gatti affetti da HCM subclinica, altri non ne riconoscono nessuna evidenza scientifica nell’utilizzo in gatti con cardiomiopatia ipertrofica felina da lieve a moderata in assenza di segni clinici. Nei casi in cui sia già presente insufficienza cardiaca congestizia la finalità della terapia consiste nel trattare lo scompenso nel paziente acuto ed aumentare i tempi di sopravvivenza del nostro paziente, spesso attraverso l’utilizzo di farmaci diuretici. Nel caso di versamento pleurico e grave difficoltà respiratoria ad esso associata, è possibile ricorrere alla toracocentesi, ovvero alla rimozione del liquido libero presente nella cavità toracica.   Ho un gatto di razza Maine Coon o Ragdoll, come mi devo comportare? Come abbiamo detto, per i gatti appartenenti a queste razze esiste un test genetico per la cardiomiopatia ipertrofica, tuttavia non è sufficiente il solo esito negativo come test di screening.Tutti i soggetti appartenenti a questa razza devono essere annualmente sottoposti ad esame ecocardiografico di screening, a partire dall’anno di età o prima dell’accoppiamento.Individuare la patologia in fase precoce è una delle chiavi del successo per il benessere e la prognosi del nostro gatto.   “Med. Vet., Med Vet, GPCert in Cardiologia - (Cardiologia)”Dr.ssa Marta ClarettiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

E’ cresciuto un nodulo sulla cute: mi devo preoccupare?

E’ cresciuto un nodulo sulla cute: mi devo preoccupare?

Cosa sono i noduli cutanei? I noduli cutanei sono escrescenze rilevate che si osservano frequentemente sulla cute di cani e gatti; essi si formano quando un infiltrato cellulare, infiammatorio o neoplastico, si localizza nel derma e/o nel grasso sottocutaneo, fino a formare un rilievo visibile ad occhio nudo.    Ma nodulo è sinonimo di neoplasia? In presenza di un nodulo cutaneo i proprietari sono sempre in apprensione per il timore che ci si trovi di fronte a un tumore maligno, ma non necessariamente un nodulo cutaneo è indicativo di un processo neoplastico e, tra questi, non è detto che si tratti di un tumore con un comportamento biologico maligno. Un classico esempio è l’Istiocitoma cutaneo, una proliferazione benigna di cellule istiocitarie residenti nello spessore dell’epidermide, che si osserva frequentemente nei cani;  l’istiocitoma ha un comportamento biologico benigno dal momento che va incontro a regressione spontanea nell’arco di alcune settimane dalla sua insorgenza.   Come si fa a capire di che natura è un nodulo? La natura di questi noduli non può essere definita mediante il solo esame visivo. Una visita clinica da parte del Medico Veterinario è il primo step per un rapido iter diagnostico, che in alcuni casi può salvare la vita all’animale. Nell’arco degli ultimi anni, la Medicina Veterinaria ha fatto passi da gigante circa la capacità di interpretare, mediante un esame citologico (la valutazione delle cellule campionate dalla lesione mediante ago fine), i preparati cellulari provenienti da noduli cutanei; questo esame, che non viene invece eseguito di routine in Medicina Umana.   E’ rischioso per l’animale l’esame citologico? Il prelievo di cellule mediante ago sottile è un esame rapido, facile da eseguire nonché ripetibile, cioè si può eseguire più volte nel caso i primi prelievi non fornissero indicazioni diagnostiche utili; inoltre, non essendo doloroso, non necessita di anestesia locale.   Inserendo un ago nel nodulo ed eseguendo ripetuti movimenti, sia di rotazione sia antero-posteriori, è pertanto possibile raccogliere un numero di cellule sufficiente per un’adeguata valutazione al microscopio. Le cellule campionate vengono strisciate su un vetrino, colorate e osservate al microscopio.     Figura 1 - Figura 2 - Ma tale tecnica è sempre diagnostica? Con questa metodica è possibile molto spesso definire la natura della lesione oppure ottenere indicazioni rapide circa ulteriori esami da eseguire, come ad esempio l’asportazione del nodulo da sottoporre ad esame istologico, oppure esami ematochimici o di diagnostica per immagine.Va comunque sottolineato che esistono alcune lesioni che, per loro natura e indipendentemente dalle abilità manuali dell’operatore, non forniscono cellule. E’ per esempio il caso di lesioni composte da grandi quantità di collagene maturo (es. amartomi o tumori dei tessuti molli) o di lesioni vascolari (emangiomi/emangiosarcomi); in questi casi, campioni ematici o addirittura privi di cellule, non sono in grado di fornire alcuna indicazione utile al Medico Veterinario e pertanto la diagnosi può essere ottenuta solo con un esame istologico (dopo asportazione della lesione).   In conclusione L’esame citologico è pertanto un esame molto utile, di rapida esecuzione, non pericoloso e a basso costo che può fornire indicazioni fondamentali per definirne l’esatta natura di un nodulo cutaneo e mettere in pratica, in tempi rapidi, tutti gli accertamenti volti alla risoluzione del problema.   “Medico Veterinario - (Dermatologia ed Allergologia - Citologia ed Istologia dermatologica – Micologia - Parassitologia dermatologica e Otologia)”Dr. Francesco AlbaneseAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

LE PATOLOGIE RETINICHE DEL CANE E DEL GATTO

LE PATOLOGIE RETINICHE DEL CANE E DEL GATTO

La retina è la struttura più interna del globo oculare adibita al meccanismo della visione.E’ costituita da un sottilissimo strato di cellule (fotorecettori e altre cellule “regolatrici”) che interagendo con la luce inviano, tramite le vie ottiche nervose, uno stimolo alla corteccia cerebrale visiva, dove l’immagine viene percepita coscientemente. La retina è una struttura molto delicata, supportata da un network vascolare ben sviluppato nei nostri animali, necessario per garantire un adeguato supporto energetico all’elevata richiesta metabolica dei fotorecettori: per questo motivo anche il più piccolo danno può portare rapidamente a gravi deficit visivi. Le patologie retiniche del cane e del gatto si dividono in congenite ed acquisite. Le prime sono presenti fin dalla nascita o dalle prime settimane di vita e spesso sono ereditarie in certe razze. Fra queste ricordiamo: le displasie retiniche, tipiche dei cani di razza Retrievers e Spaniels, in cui si possono osservare delle piccole “pieghe” più o meno estese sulla retina che di solito non provocano deficit visivi (se non nelle forme gravi e totali) la CEA o Collie Eye Anomaly, sindrome tipica della razza Collie ma anche degli Shetland e Australian Sheperd, in cui, a seconda del grado, si manifestano varie anomalie (ipoplasia della coroide, coloboma del nervo ottico, emorragie e distacchi di retina) più o meno gravi e quindi con impatto diverso sulla vista. Per questa patologia è disponibile un test genetico (gene NHEJ1), che però non sostituisce la visita clinica che dovrebbe essere effettuata nei cuccioli entro le otto settimane di vita; dopo tale età in alcuni soggetti con la crescita potrebbe venire “mascherato” il primo grado della malattia. Fra le patologie retiniche acquisite del cane e del gatto le più frequenti sono le corioretiniti, le degenerazioni retiniche e i distacchi di retina. Le corioretiniti sono patologie infiammatorie che riconoscono varie cause, comuni anche alle uveiti, come forme infettive sistemiche, traumatiche, neoplastiche o legate a disordini immunomediati. Possono essere mono o bilaterali e nella fase acuta si manifestano con deficit visivi e possibili aree di edema per accumulo di materiale infiammatorio sottoretinico, ma abbastanza ben visibili oftalmoscopicamente. Talvolta si può arrivare ad avere emorragie della retina e del vitreo fino al distacco multiplo. La terapia deve essere mirata alla causa sottostante e instaurata prima possibile per evitare danni estesi e permanenti con deficit visivo parziale o totale. Le degenerazioni retiniche o PRA (Atrofia Progressiva della Retina) sono un gruppo di patologie ereditarie che portano lentamente a cecità per morte prematura dei fotorecettori retinici. Sono tipiche di molte razze (come ad es. Barboncini, Labrador, Cockers, Bassotti, Setters, Yorkshire Terriers, gatti Persiani e Abissini) ed insorgono in età giovanile o avanzata a seconda del tipo e della razza. Sono bilaterali e caratterizzate di solito da un iniziale deficit visivo notturno che nel tempo diventa completo; al momento non sono disponibili terapie efficaci in grado di curare la malattia, ma solo integratori che possono rallentarne l’evoluzione, soprattutto se la diagnosi risulta precoce. Una particolare forma di degenerazione è la SARDS (Sudden Acquired Retinal Degeneration Syndome), una sindrome che colpisce solo la specie canina ed è caratterizzata dalla perdita improvvisa e di solito permanente della visione in assenza di segni clinici retinici iniziali (la retina appare oftalmoscopicamente normale). In molti casi la cecità è accompagnata da aumento di peso, dell’appetito, e della sete. Per confermare la diagnosi è necessario effettuare un’elettroretinografia (ERG), che in caso di malattia mostrerà un tracciato completamente ipovoltato/estinto (assenza totale di attività elettrica della retina). Attualmente non si è ancora scoperta una causa certa della SARDS, anche se il dibattito scientifico è molto acceso a riguardo, e non esistono terapie realmente efficaci. I distacchi di retina sono caratterizzati dalla separazione della neuroretina dall’epitelio pigmentato sottostante, con perdita della funzione e degenerazione secondaria dei fotorecettori. L’animale di solito si presenta cieco (se la condizione è bilaterale e completa) con pupilla dilatata e a volte associata ad emovitreo (sangue all’interno dell’occhio); alla visita clinica verrà evidenziato un “sollevamento” della retina. Il distacco può derivare da patologie infiammatorie, infettive, primarie o secondarie, o correlato a ipertensione sistemica (più frequente nel gatto anziano); può anche derivare da rotture della retina legate a traumi e trazioni come nel caso di chirurgie intraoculari, lussazioni della lente e degenerazioni del vitreo (tipica di alcune razze come Piccolo levriero italiano, Shih-tzu e Boston terrier). Infine può essere correlato a forme di displasia congenita o può risultare spontaneo per predisposizione di un soggetto o di una razza. Il distacco retinico talvolta risponde alle terapie mediche, soprattutto se instaurate in tempo e se efficaci verso la causa sottostante, ma in casi selezionati l’unica soluzione può essere chirurgica (retinopessi o chirurgia vitreoretinica), che però non sempre garantisce una buona prognosi per il recupero e il mantenimento della visione. La Neurite ottica rappresenta una grave infiammazione del nervo ottico, mono o bilaterale che esita spesso in cecità permanente. Le cause e le terapie sono simili a quelle già citate per le corioretiniti. La retina può infine soffrire più raramente di altre malattie acquisite legate a disordini metabolici (retinopatia diabetica, sindrome da iperviscosità, lipemia retinalis), nutrizionali (carenza di taurina nel gatto), tossici (enrofloxacina nel gatto e ivermectina nel cane) o neoplastici (es. melanoma).   Nel caso in cui si manifesti o si sospetti una riduzione della capacità visiva del proprio amico animale o nel caso si manifesti un qualunque sintomo oftalmico, è sempre consigliabile farlo visitare al più presto dal vostro veterinario di fiducia.“DVM, Dottore di Ricerca in Oftalmologia Veterinaria Specialista in Clinica e Malattie dei Piccoli Animali (Oftalmologia)”Dr. Domenico MultariAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

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