
La pubblicità ci mostra mariti timidi che trovano mille scuse per non ammettere che con l’età la loro prostata inizia a causar loro qualche fastidio. Quello che la pubblicità non ci dice è che anche il nostro cane, come il suo padrone, può avere gli stessi disturbi. La prostata è la ghiandola che produce la parte liquida del seme e viene nutrita dall’ormone testosterone o meglio dalla sua forma attiva il Di-IdroTestosterone; con gli anni però la prostata va incontro ad un aumento di volume progressivo dipendente proprio dal testosterone e si evidenzia quindi l’alterazione nota come "iperplasia prostatica benigna". Come nell’uomo, l’aumento di volume della prostata provoca una compressione sugli organi vicini e da questa compressione derivano i sintomi che vedremo nel nostro cane. A differenza dell’uomo in cui l’aumento di volume della ghiandola avviene prevalentemente in senso concentrico, andando quindi a comprimere il collo della vescica (e il signore si dovrà alzare più volte durante la notte per urinare ... ma dirà di aver dimenticato la luce accesa), l’aumento della prostata nel cane avviene prevalentemente in senso eccentrico e quindi andrà in primo luogo a comprimere il retto. Uno dei primi sintomi quindi che di solito mostra il nostro cane affetto da "iperplasia prostatica benigna" è l’emissione di feci piatte oppure la difficoltà a defecare.L’altro sintomo molto precoce che si osserva in corso di "iperplasia prostatica benigna" è l’ipofertilità. Poiché con l’aumento di volume della prostata i suoi dotti interni possono restare occlusi, spesso in una prostata in iperplasia si ritroveranno anche delle cisti. Se le cisti diventano voluminose (a volte in realtà bastano anche pochi millimetri di diametro), le loro pareti si stirano e quindi iniziano a sanguinare.Ecco che compare l’altro sintomo frequente dell’iperplasia prostatica: il sanguinamento dal pene soprattutto dopo l’urinazione. Con l’evolversi della patologia i sintomi del nostro cane possono peggiorare e diventare importanti: difficoltà a deambulare, difficoltà a urinare, disoressia (alterazione dell’appetito) e abbattimento. In alcuni casi all’iperplasia prostatica benigna si può associare la prostatite sia acuta che cronica.Nel caso di prostatite cronica i sintomi sono quasi assenti mentre se il cane va incontro a prostatite acuta, la sintomatologia è imponente e la situazione diventa di emergenza. - Il cane avrà moltissimo dolore, farà fatica a camminare, spesso è presente febbre alta con nausea e forte abbattimento: è necessario correre subito dal Veterinario !!! Ma cosa possiamo fare per trattare l’iperplasia prostatica benigna e ancor meglio per prevenirla? A oggi sappiamo che più dell’80% dei cani maschi interi con età superiore ai 5 anni ne sono colpiti e che in realtà la condizione inizia a presentarsi verso il 40% dell’aspettativa di vita del cane. E’ importante quindi fare controlli regolari per iniziare le terapie appena è necessario. Oggi è disponibile un esame ematologico specifico (il CPSE) che ci indica se la prostata sta avendo dei problemi. Nel caso ce ne fosse indicazione a questo punto si esegue un’ecografia prostatica che valuta la prostata nel suo complesso: volume, aspetto, posizione e flussi sanguigni e che sarà in grado di dare tutte le indicazioni sullo stato di salute della ghiandola. E’ quindi fortemente consigliato chiedere al proprio Veterinario di fiducia di eseguire questo test almeno 1 volta l’anno a partire dai 4 anni di età e sarà poi lui a indicare se sono necessari ulteriori approfondimenti. Per la terapia sino a qualche anno fa la soluzione migliore per l’iperplasia prostatica era la sterilizzazione (castrazione) del cane: asportando i testicoli cessa la produzione di testosterone e quindi la prostata regredisce. Oggi fortunatamente ci sono terapie mediche efficacissime e anche molto semplici da somministrare per cui senza chirurgia il nostro cane potrà riavere una prostata normale. Nel caso in cui all’iperplasia si associ anche una prostatite cronica il Veterinario imposterà una terapia corretta anche a base di antibiotici, eventuali antinfimmatori e integratori per curare entrambe le patologie… e il proprietario potrà dormire sonni tranquilli !“DVM, Diplomata ECAR, EBVS ® - European Veterinary Specialist in Animal Reproduction (Fisiologia e patologia della Riproduzione, Ginecologia e Andrologia del cane, del gatto e dei mammiferi non convenzionali, Neonatologia)”Dr.ssa Maria Carmela PisuAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Il colore delle mucose è determinato da diversi fattori fra cui la quantità di emoglobina ossidata nel sangue, la perfusione del tessuto e la presenza di pigmenti come la bilirubina, la mioglobina etc.In alcuni animali il colore delle mucose può essere pigmentato di nero e spesso ciò è caratteristico di alcune razze fra cui per esempio il Chow chow. Il termine "pallore" indica l’assenza patologica di colore in un tessuto ed è causato da due categorie di patologie: 1) anomalie che possono causare anemia (ovvero diminuzione del numero dei globuli rossi e dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi) 2) anomalie che possono causare riduzione della perfusione tissutale (fra le cui cause vi sono lo shock, il dolore, le patologie cardiache, il trauma, l'emoraggia). Spesso possono essere coinvolti entrambi i meccanismi. Il pallore può essere notato sulle mucose facilmente esplorabili come quelle congiuntivali e quelle della bocca, ma in alcuni casi si può notare anche al livello nasale (per esempio nel gatto), sulle labbra, narici, cute oppure sulle mucose urogenitali. Nel caso si noti pallore delle mucose è fortemente consigliato far visitare tempestivamente il proprio animale da un veterinario che durante la visita clinica potrà anche valutare il polso e le sue caratteristiche, la frequenza e l’auscultazione cardiaca alla ricerca di soffi cardiaci oppure anomalie del ritmo. I test diagnostici di base per ogni animale che presenta pallore delle mucose sono l’esame emocromocitometrico, l’esame biochimico e l’analisi delle urine.In caso di pallore delle mucose dovuto ad anemia il veterinario potrà effettuare ulteriori esami alla ricerca della causa primaria che l'ha determinata, per esempio radiografie del torace, ecografia dell'addome, test ormonali, esame del midollo osseo, test di coagulazione.In caso di sospetto di anemia su base immunomediata si dovranno richiedere ulteriori esami specifici.Se invece si sospetti che il pallore delle mucose sia dovuto a cause cardiocircolatorie, il veterinario potrà richiedere un elettrocardiogramma, le radiografie del torace ed un esame ecocardiografico completo oltre alla misurazione della pressione sistemica.La terapia dipenderà prevalentemente dalla causa primaria del pallore.Nel caso di anemia, se il paziente è abbattuto, letargico, con polsi deboli e tachicardico può trarre beneficio da una trasfusione di sangue. In conclusione il pallore delle mucose è un sintomo che deve mettere in allarme e il proprietario, che è stato talmente attento da notarlo precocemente, deve portare il proprio amico animale da un veterinario, con urgenza. “DVM, CertSAM, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia (Gastroenterologia, Ematologia, Autoimmunità, Endocrinologia, Medicina Interna).”Dr.ssa Magda Georu Ferriani #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Le Ghiandole Epatoidi sono ghiandole sebacee modificate (senza sbocco) presenti nel cane e non nel gatto che circondano tutto l’ano (da cui anche il nome di ghiandole circumanali o perianali).Il termine “epatoide” deriva dal fatto che le loro cellule assomigliano a quelle del fegato. Tali ghiandole non sono da confondere con i sacchi anali o seni paranali, presenti alle ore “4” e “8” della circonferenza anale. Ghiandole Epatoidi sono anche presenti sul dorso della coda (dove costituiscono la così detta “ghiandola della coda”) e non è raro poterla osservare come area rilevata e spesso senza pelo, nei cani maschi anziani. Inoltre tali Ghiandole possono essere presenti occasionalmente, sulla groppa e sulla cute del prepuzio. Gli ormoni sessuali maschili hanno un effetto proliferativo su tali ghiandole, quelli femminili, al contrario, un effetto inibitorio. In caso di tumore benigno delle ghiandole epatoidi, non è rara la coesistenza di un tumore testicolare, soprattutto interstizioma (dalle cellule del Leydig o ghiandola interstiziale del testicolo, più spesso a comportamento benigno). Quali sono i tumori più frequenti delle ghiandole epatoidi? Nel cane maschio intero (non castrato), è l’adenoma/epitelioma epatoide ad essere rilevato più frequentemente (fino all’ 85-90% dei casi). I cani colpiti sono più spesso di piccola taglia, ma tutti i cani maschi anziani interi ne possono essere colpiti. Questo tumore si può presentare in molti modi: come nodulo singolo o multiplo rilevato e localizzato in un qualsiasi punto della circonferenza anale o anche alla sua immediata periferia, ricoperto da cute o ulcerato (a quel punto sanguinante, e per questo il cane è condotto a visita), o anche come ispessimento generalizzato di tutta la circonferenza anale. Possono coesistere noduli anche in altre sedi (coda, prepuzio o groppa) e, come già accennato, può rilevarsi anche un tumore testicolare. Il cane non manifesta particolari segni clinici, se non lambimento della parte, specie se ulcerato. All’esplorazione rettale non si evidenzia stenosi e l’animale non manifesta problemi particolari nel defecare. L’esame citologico da ago-aspirato consente di definire l’origine epatoide della lesione, mentre è più difficile la distinzione con un processo maligno ovvero l’adenocarcinoma epatoide. Quest’ultima è una neoplasia rara e solo raramente metastatica, che se localizzata intorno all’ano, provoca spesso stenosi anale, manifestata dal paziente con una più o meno grave difficoltà nel defecare. La diagnosi definitiva si effettua mediante biopsia ed esame istologico. Il trattamento chirurgico dell’adenoma/epitelioma, viene fatto precedere da esame radiografico del torace ed ecografico dell’addome e dei testicoli, e consiste nell’escissione “marginale” del/i nodulo/i e nella castrazione del soggetto. Vista l’ormodipendenza dei tumori benigni epatoidi, già la sola castrazione esita nella riduzione di almeno il 50% delle dimensioni dei noduli e, se ulcerati, nella risoluzione delle ulcere. In seguito all’asportazione chirurgica delle neoformazioni perianali delle Ghiandole Epatoidi, generalmente non si verifica incontinenza fecale in quanto, essendo le ghiandole epatoidi disseminate nel sottocute perianale e quindi in posizione esterna rispetto al muscolo sfintere esterno dell’ano, il muscolo stesso non è coinvolto nell’escissione. Dopo la chirurgia, noduli e testicoli devono essere sottoposti ad esame istologico. La ricomparsa di noduli in cani maschi castrati può essere interpretata come recidiva di un adenoma benigno (evento raro) o come sviluppo di malignità epatoide (adenocarcinoma, non più ormono-dipendente). L’adenoma/epitelioma epatoide può anche svilupparsi nelle femmine, in genere sterilizzate; in tal caso, l’origine degli ormoni è probabilmente surrenalica ed è opportuno indagare per eventuali patologie di queste ghiandole (ad es. sindrome di Cushing). L’adenocarcinoma delle ghiandole epatoidi è invece una forma maligna che se diagnosticata nella regione perianale, richiede chirurgie più aggressive che possono esitare in incontinenza fecale, specie se più di metà dell’anello anale deve essere completamente rimosso. Le eventuali (ma rare) metastasi ai linfonodi regionali sono contestualmente rimosse. La sopravvivenza dei cani affetti da questa forma maligna può essere soddisfacente.“DVM, Prof. Ordinario Clinica Chirurgica Veterinaria, Diplomato ECVS, EBVS® - European Specialist in Small Animal Surgery - (Oncologia Clinica, Chirurgia Oncologica, Chirurgia dei Tessuti Molli)”Prof. Paolo BuraccoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

L’ipoadrenocorticismo o morbo di Addison è una sindrome conseguente ad una insufficiente produzione di ormoni glucocorticoidi e/o mineralcorticoidi da parte delle ghiandole surrenali. Queste due categorie di ormoni sono indispensabili per l’organismo. Le surrenali sono due piccole ghiandole poste in prossimità dei reni la cui importanza iniziò ad essere compresa solo verso la metà dell’800, quando il Dottor Thomas Addison descrisse, per la prima volta nell’uomo, una sindrome clinica associata ad una loro disfunzione (Addison, 1855). In suo onore a questa sindrome venne dato il nome di Morbo di Addison. La prima segnalazione di una forma di insufficienza surrenalica spontanea nel cane, quale entità clinica a sé stante, risale al 1953. Nell’uomo questa patologia ha una bassa incidenza (1 caso su 100.000 individui nei Paesi sviluppati, pari allo 0,001%); nel cane l’ipoadrenocorticismo è raro, ma la prevalenza si aggira approssimativamente tra lo 0,06% e lo 0,28%. Un recente studio ha individuato una incidenza di 2,3 casi ogni 10000 soggetti.Fisiologia:Le ghiandole surrenali si compongono di una porzione più interna, detta midollare, che secerne catecolamine e di una porzione più esterna, detta corticale. Quest’ultima è a sua volta suddivisa, da un punto di vista istopatologico, in tre strati che procedendo dall’esterno verso l’interno sono: la zona glomerulosa responsabile della produzione di mineralcorticoidi (aldosterone), la zona fascicolata deputata alla sintesi di glucocorticoidi (cortisolo) e la zona reticolare nella quale vengono prodotti androgeni (Figura 2).La sintesi e secrezione di cortisolo, più importante esponente dei glucocorticoidi, è regolata dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene tramite i classici meccanismi di feedback positivo e negativo.I glucocorticoidi svolgono un ruolo di vitale importanza nel mantenere una normale omeostasi. Oltre a contrastare gli effetti dello stress, il cortisolo esalta gli effetti delle catecolamine sui vasi, mantiene una normale pressione sanguigna, stimola la gluconeogenesi epatica e il catabolismo di proteine e grassi, garantisce una corretta funzionalità e integrità della mucosa gastrointestinale.La carenza di questo ormone comporta quindi una maggiore sensibilità allo stress, l’incapacità di mantenere il tono vasale, l’integrità endoteliale e la conseguente ipotensione, ipoglicemia e debolezza muscolare, sintomi gastroenterici quali disoressia/anoressia, vomito e diarrea. La sintesi e secrezione di aldosterone, principale rappresentante dei mineralcorticoidi, è regolata dall’asse renina-angiotensina, dalla concentrazione plasmatica di potassio e, per una quota quasi trascurabile, dalla concentrazione di ACTH.Aumentando l’assorbimento di sodio (e indirettamente di acqua) e la secrezione di potassio e ioni idrogeno a livello renale e in altri siti meno rilevanti, l’aldosterone svolge un ruolo fondamentale nel garantire l’equilibrio salino dell’organismo e ne condiziona in parte anche il pH.Pertanto, una carenza di tale ormone comporta lo svilupparsi di alterazioni elettrolitiche (iponatremia, ipocloremia, iperkaliemia e acidosi metabolica). Le perdite idriche conseguenti alla mancata capacità di trattenere sodio e cloro comportano una riduzione del fluido extracellulare che, nel tempo, esitano inevitabilmente in una condizione di ipovolemia, ipotensione, riduzione della gittata cardiaca, riduzione della filtrazione glomerulare e iperazotemia prerenale. Classificazione: L’ipoadrenocorticismo o Morbo di Adddison si classifica in una forma primaria e una forma secondaria . L’ipoadrenocorticismo primario, più frequente (circa il 95% dei casi), è causato da una distruzione di entrambe le ghiandole surrenali conseguente, quasi sempre, ad un meccanismo autoimmune, e si rende clinicamente manifesta solo quando è interessato più del 90% della corteccia surrenalica.Altre possibili cause di distruzione della corteccia surrenalica, sebbene più insolite, sono alcune patologie granulomatose specifiche (quali l’istoplasmosi e la blastomicosi), l’amiloidosi, lesioni ischemiche da infarti emorragici locali (secondari a traumatismi a coagulopatie o a tossicosi da anticoagulanti cumarinici) o anche neoplasie metastatiche (carcinomi polmonari, mammari, prostatici, gastrici e pancreatici, o melanomi).L’ipocortisolismo primario può infine verificarsi anche per cause iatrogene conseguenti ad eccessiva somministrazione di farmaci, quali mitotane e trilostano, utilizzati per il trattamento dell’ipercortisolismo. Una predisposizione genetica-ereditaria all’ipoadrenocorticismo primario legata ad un gene autosomico recessivo è stata individuata in razze quali Barbone, cane d’acqua Portoghese, Nova Scotia Duck Tolling Retriever e Bearded Collie. Ad eccezione di queste razze, nella popolazione generale è stata individuata una predisposizione per il sesso femminile (circa del 70%) e una probabilità 3 volte maggiore per i soggetti sterilizzati (sia maschi che femmine) rispetto ai soggetti interi di contrarre la malattia.Sono interessati soprattutto soggetti giovani e di mezza età con una età mediana di 4 anni (da 4 mesi a 14 anni) (Peterson et al, 1996). L’ipoadrenocorticismo secondario, invece, è causato da una ridotta secrezione dell’ormone trofico specifico (ormone adrenocorticotropo o ACTH) da parte dell’ipofisi.Nel cane, come nell’uomo, questa condizione è generalmente conseguente a processi neoplastici, meno comunemente a problemi infiammatori o traumatici.Il mancato stimolo da parte dell’ACTH determina l’atrofia della zona fascicolata e, conseguentemente, una carenza glucocorticoidea. Molto importante da un punto di vista clinico è l’insufficienza surrenalica secondaria iatrogena conseguente alla somministrazione di corticosteroidi. Tale fenomeno è di comune riscontro nel cane, anche se raramente comporta una sintomatologia clinica evidente.Il trattamento protratto con farmaci corticosteroidi inibisce l’asse ipotalamo-ipofisario e può quindi comportare atrofia surrenalica secondaria.La sensibilità individuale ai corticosteroidi è molto variabile: in alcuni individui l’atrofia della corticale si instaura dopo pochi giorni di somministrazione, in altri individui questo non accade. La soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisario-corticosurrenalico può persistere per settimane o mesi dopo la sospensione dei glucocorticoidi, a seconda della dose, della preparazione, della durata del trattamento e della sensibilità individuale. Solitamente l’insufficienza surrenalica iatrogena si verifica in seguito a terapie croniche; è stata documentata non solo con glucocorticoidi iniettabili od orali, ma anche con farmaci ad uso topico dermatologico, oftalmico ed auricolare. Pertanto, l’effettuazione di test di funzionalità surrenalica in soggetti sottoposti a terapie corticosteroidee deve essere posticipata da un minimo di 48 ore (nel caso di una singola somministrazione di prednisone o prednisolone) fino a 6-8 settimane dalla sospensione del farmaco (nel caso di forme deposito) per poter garantire una interpretazione corretta dei risultati . Come già detto, la carenza di ACTH che caratterizza la forma secondaria (anche quella iatrogena) determina l’atrofia della zona fascicolata ma non della zona glomerulosa, dal momento che l’attività secretoria di quest’ultima è condizionata solo in misura trascurabile dall’ACTH.Per questo motivo la forma secondaria è caratterizzata dalla sola carenza glucocorticoidea, mentre la forma primaria si associa generalmente a carenza sia glucocorticoidea che mineralcorticoidea.Tuttavia, oltre un 30% dei casi di ipoadrenocorticismo primario presenta, al momento della diagnosi, concentrazioni elettrolitiche normali; tali casi potrebbero essere confusi con forme secondarie. Questa condizione, più insidiosa da diagnosticare, è stata definita “atipica”.La discriminante in questo caso è rappresentata dalla concentrazione di ACTH endogeno che risulta bassa nel caso della forma secondaria, mentre è elevata nella forma primaria. Possibili ipotesi che giustifichino l’assenza di alterazioni elettrolitiche sono: un coinvolgimento più tardivo della zona glomerulosa, l’influenza di malattie concomitanti (es. ipotiroidismo) oppure altri fattori, diversi dall’aldosterone, implicati nel mantenere l’equilibrio elettrolitico. Nel cane l’ipoadrenocorticismo è una patologia piuttosto rara, un recente studio del 2016 ha individuato una incidenza di 2,3 casi ogni 10000 soggetti. Una predisposizione genetica-ereditaria all’ipoadrenocorticismo primario legata ad un gene autosomico recessivo è stata individuata in razze quali Barbone, cane d’acqua Portoghese, Nova Scotia Duck Tolling Retriever e Bearded Collie. Ad eccezione di queste razze, per le quali non è stata dimostrata una predisposizione di sesso, nella popolazione generale è stata individuata una predisposizione per il sesso femminile (circa del 70%) e una probabilità 3 volte maggiore per i soggetti sterilizzati (sia maschi che femmine) rispetto ai soggetti interi di contrarre la malattia. Sono interessati soprattutto soggetti giovani e di mezza età con una età mediana di 4 anni (da 4 mesi a 14 anni).Sintomatologia:I segni clinici in corso di Ipoadrenocorticismo ipofisario o Morbo di Addison canino possono comparire in maniera acuta o stabilirsi in modo graduale, in quest’ultimo caso caratterizzati da un andamento “altalenante” (sintomi che “vanno e vengono”), e la cosiddetta crisi addisoniana è in genere scatenata da un evento stressante. I sintomi più frequentemente individuati dai proprietari di cani affetti da insufficienza surrenalica sono quelli secondari alla carenza glucocorticoidea: anoressia/disoressia, vomito, letargia/depressione, debolezza/astenia, dimagramento, diarrea e tremori; più raramente anche poliuria, polidipsia e dolore addominale. Quando è presente anche carenza mineralcorticoidea, i sintomi clinici tendono ad essere più gravi e caratterizzati da poliuria/polidipsia più intensa, grave disidratazione fino al collasso e shock ipovolemico. Meno comunemente si possono osservare crisi convulsive ipoglicemiche, crampi muscolari e sanguinamenti gastroenterici. Preoccupazione dei proprietari Peterson e coll. (1996) Feldman e Nelson (2004) Anoressia 91,6% 88% Letargia 93,8% 85% Dimagramento 48% 82% Vomito 76,4% 68% Debolezza/astenia 51% Diarrea 41,3% 35% Sintomi “altalenanti” 43,1% 25% Tremori 27,1% 17% Poliuria/polidipsia 24% 17% Collasso 10% Addome dolente 8% Come i sintomi, anche i reperti clinici sono estremamente vaghi e aspecifici, facilmente confondibili con patologie renali, gastrointestinali, neuromuscolari ed infettive (patologie tra l’altro molto più frequenti negli animali d’affezione rispetto al morbo di Addison). Le alterazioni che il veterinario potrà rilavare durante la visita clinica sono: condizioni generali scadenti, letargia, debolezza, grave disidratazione, dolore addominale, bradicardia, polso debole, ipotermia, ridotto tempo di riempimento capillare e altri segni di shock ipovolemico (la maggior parte dei pazienti presentano una bassa pressione sistolica). Sintomi Clinici alla visita Peterson e coll. (1996) Feldman e Nelson (2004) Letargia/depressione 86,2% 87% Dimagramento 82% Debolezza/astenia 76,4% 66% Disidratazione 46,2% 41% Collasso 34,7% 24% Polso debole 34,7% 22% Bradicardia 22% Prolungamento TRC 34,7% Melena/ematochezia 15,1% 17% Ipotermia 33,8% 15% Addome dolente 7% Diagnosi:Per giungere alla diagnosi di questa patologia piuttosto rara, il veterinario, a seconda della presentazione del paziente e della successiva visita clinica, potrà richiedere alcuni esami sia di laboratorio che strumentali (Emogramma, Profilo biochimico, Ecografia addominale, RX toracico , Elettrocardiogramma). Ciascuno di questi esami diagnostici potrà fornire importanti informazioni che aiutano ad individuare la patologia. Emocromocitometrico: Le alterazioni più comunemente riscontrate all’esame emocromocitometrico sono rappresentate da un lieve stato di anemia normocitica normocromica non rigenerativa e, decisamente più caratteristico, da un quadro di linfocitosi ed eosinofilia. Profilo biochimico: Per quanto riguarda le altre alterazioni al profilo biochimico, quelle senza dubbio più frequenti sono quelle relative alla funzionalità renale. L’incremento di urea e creatinina è dovuto solitamente ad una grave insufficienza “prerenale” conseguente allo stato di ipovolemia, ipotensione e ridotta perfusione renale. Peterson e coll. (1996) Melian e Peterson (1996) Feldman e Nelson (2004) Ipercalcemia 30,7% 19,1% 29% Ipoglicemia 16,7% 35% 22,9% Ipoprotidemia 12,5% 23,8% 14% Ipoalbuminemia 6,3% 12,2% 18% Iperazotemia 88,4% 76,2% 88,5% Aumento della creatininemia 65,6% 59,5% 61% PS urinario

Il canarino (serinus canaria) è il più allevato tra gli uccelli da gabbia e da voliera. Il canarino selvatico è originario delle Isole Canarie, è di colore verde e non supera i 12 cm di lunghezza. I primi soggetti furono importati in Europa nel primo periodo del XV secolo e negli anni successivi, a causa della comparsa di mutazioni, sono state create differenti tipologie raggruppate nelle tre seguenti categorie. Canarini da canto: sono stati selezionati per riprodurre suoni e note ricercate. Appartengono a questa categoria la razza Malinois, la Harzer-Roller e il Timbrado Spagnolo. In queste razze la capacità al canto è, in parte, innata e migliorata attraverso la selezione e, in parte, appresa dai giovani imitando le melodie dei canarini più anziani (maestri cantori). Canarini di colore: definiti anche sassoni, si distinguono per le bellissime varietà di colore, esistono soggetti a fondo chiaro detti lipocromici (colore rosso, giallo o bianco) e a fondo scuro, definiti melaninici per la presenza nella piuma di vari pigmenti che combinandosi tra di loro danno origine a differenti tonalità di colore. Ai canarini melaninici appartengono i canarini neri, i bruni, gli agata, gli isabella, i satinè, gli opale, i rubino e molte altre mutazioni di colore. I canarini a fattore rosso possono essere sia lipocromici che melaninici. Canarini di forma e posizione: possono essere a piumaggio liscio oppure a piumaggio arricciato, possono avere il ciuffo (in tal caso occorre fare accoppiare un canarino con il ciuffo con uno non ciuffato), avere una forma del corpo particolare, ad esempio Fife fancy e Border sono rotondi, mentre, Scotch Fancy e Japan Hoso sono sottili. Le dimensioni dei canarini sono variabili da 11,5 cm per la Razza Spagnola a 21 cm per il Lancashire e l’Arricciato Gigante Italiano. L’allevamento dei canarini ha lo scopo di riprodurre soggetti giovani per conservare il patrimonio genetico acquisito nei secoli di selezione, ma anche quello di ottenere nuove razze con caratteristiche differenti da quelle esistenti. Tra le nuove tipologie abbiamo: il Salentino, l’Arlecchino Portoghese, il Llarguet Spagolo, il Rogetto, il Benacus e il Girardillo. Se si dovesse decidere di acquistare una coppia ci si deve indirizzare verso l’acquisto di canarini di una stessa razza per non ottenere dei canarini meticci. Le gabbie devono essere rettangolari, prive di altalene, giochi e specchi e devono essere funzionali in modo da permetterne il volo, a tal fine occorre disporre i posatoi ad altezze differenti distanziandoli dal tetto e dai lati.È preferibile scegliere posatoi con diametro diverso, in modo da permettere un buon esercizio delle zampe, due terzi del posatoio deve essere coperto dal piede e un terzo deve essere libero. È importante che la gabbia sia sistemata in un posto tranquillo, durante le ore notturne dovrebbe essere coperta con un panno per evitare che entri la luce. Gli accessori presenti all’interno devono essere di facile utilizzo e gli alimenti non devono contaminarsi con le deiezioni.Quando si sceglie il posto della casa dove posizionare la gabbia, è fondamentale tenere presente che questi uccellini sono molto sensibili al fumo dei camini, al fumo di sigaretta, ai deodoranti per ambienti e ai vapori prodotti dalle pentole antiaderenti. Il canarino è granivoro, quindi la dieta è costituita prevalentemente da miscele di semi. Il seme principale è la scagliola, che costituisce la base dell’alimentazione, alla quale si aggiungono altre tipologie di semi (niger, colza, ravizzone, lino, perilla, avena decorticata e canapa) in percentuale minore. La dieta deve essere bilanciata e nutriente durante tutto l’anno, è sufficiente aggiungere un buon pastoncino integrato con uovo sodo, piselli decongelati, carota, broccoli.La dieta può essere completata con l’utilizzo di prodotti specifici contenenti sali minerali, vitamine, aminoacidi essenziali e fermenti lattici. È possibile aggiungere all’interno della gabbia un osso di seppia per permettere la limatura del becco e l’integrazione di calcio. I canarini a fattore rosso devono essere alimentati, esclusivamente durante il periodo della muta, con un pastoncino contenente dei coloranti (cantaxantina e beta carotene), in questo modo i pigmenti colorati saranno inglobati nella struttura delle penne in accrescimento e il canarino continuerà ad avere il suo colore di fondo rosso. Negli ultimi anni sono disponibili in commercio degli alimenti estrusi, che si presentano in forma di piccole sfere oppure in polvere, in questi prodotti c’è tutto ciò di cui il canarino ha bisogno e sono molto pratici per i proprietari, che non devono preoccuparsi di bilanciare i diversi ingredienti. Inoltre, l’estruso ha un’ottima conservabilità. Il passaggio dai semi all’alimento estruso deve essere effettuato in modo graduale perché gli uccelli sono abitudinari e si adattano lentamente ai cambiamenti alimentari. Si consiglia di effettuare un paio di visite veterinarie durante l’anno. Il veterinario controllerà lo stato di nutrizione, la lunghezza del becco e delle unghie, la qualità del piumaggio, l’aspetto e la consistenza delle feci ed effettuerà l’esame coprologico (per valutare la presenza di parassiti) e i test di citologia fecale per studiare le popolazioni batteriche e micotiche. Qualora risultassero delle alterazioni è possibile continuare le indagini diagnostiche inviando al laboratorio dei campioni per effettuare dei test specifici.“DVM, GPCert medicina e chirurgia degli animali esotici, Responsabile settore Animali non Convenzionali Mylav La Vallonea”Dr. Gustavo PicciAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La diarrea è uno dei motivi più comuni per portare cani e gatti dal veterinario.I problemi gastroenterici rappresentano uno dei principali motivi per i quali i proprietari di cani e gatti si rivolgono al medico veterinario per un consulto. In particolare, i disturbi cronici dell’apparato digerente costituiscono una patologia frustrante per diversi possessori di pet. Questi disturbi richiedono spesso un iter diagnostico e terapeutico di lunga durata, nel corso del quale la collaborazione e la comunicazione veterinario–proprietario risulta fondamentale per il raggiungimento di una diagnosi corretta e un trattamento soddisfacente.A differenza della diarrea acuta, che spesso è un problema autolimitante e non richiede un lavoro diagnostico approfondito (ma richiedono soprattutto una terapia di supporto che dipende dalla gravità della condizione e da eventuali complicanze sistemiche), la diarrea cronica rappresenta una sfida diagnostica molto maggiore data l’ampia varietà di diagnosi differenziali da prendere in considerazione. Considerato la molteplicità delle cause di enterite cronica è facile comprendere come tali problemi siano a volte difficili da trattare. Le patologie che coinvolgono l’apparato gastroenterico sono caratterizzate da segni clinici aspecifici (vomito, diarrea, perdita di peso, nausea, appetito altalenante), variabili nel tempo e possono essere sovrapponibili a quelli presenti in altre malattie. Nella pratica quotidiana queste malattie possono avere un tipico decorso, caratterizzato da fasi altalenanti, durante le quali si manifestano i sintomi che tendono a regredire per periodi più o meno lunghi. Questo ciclo si ripete costantemente nel corso della vita con tendenza progressiva all’aggravamento.A causa di queste caratteristiche, si tende a volte a sottovalutare la patologia sottostante e questo può portare a conseguenza molto gravi. La visita gastroenterologica è indicata ogni qual volta evidenziamo nei nostri animali segni clinici come variazioni nell’appetito, coprofagia, dimagrimento o incapacità a prendere peso, variazioni dell’appetito (aumentato, ridotto o capriccioso), vomito, rigurgito o anche frequente ingestione di erba, borborigmi, feci malformate se non addirittura diarroiche, associate o meno a presenza di muco e/o sangue.Un paziente può presentare diversi di questi sintomi e allo stesso tempo più patologie possono essere presenti nello stesso individuo.Nel cane e nel gatto, la diarrea cronica può avere molte cause. È molto importante raccontare al veterinario (durante la raccolta dell'anamnesi) il maggior numero di informazioni sulla natura, frequenza, gravità e sul momento della comparsa dei segni clinici.Un’anamnesi dietetica completa è di estrema importanza per il veterinario. L’obiettivo è determinare se la diarrea sia secondaria ad una malattia dell'intestino tenue o del crasso o interessi tutto il tratto intestinale o al contrario sia dovuta a patologie a carico di altri organi. Differenziare le cause primarie di diarrea cronica da quelle secondarie. Il veterinario dovrà effettuare una serie di esami per l’esclusione di patologie infettive e parassitari, disturbi non gastroenterici, insufficienza pancreatica esocrina o anomalie che richiedono la chirurgia.Dopo aver escluso queste cause di diarrea, i gruppi di malattie intestinali associati alla diarrea cronica sono la malattia infiammatoria intestinale, l’enteropatia responsiva alla dieta, l’enteropatia responsiva agli antibiotici e la linfangiectasia. L’approccio a questo gruppo di pazienti è solitamente determinato dalla gravità dei segni clinici (diarrea grave e frequente, dimagrimento eccessivo, riduzione dell’appetito), e dalla presenza di ipoalbuminemia o vitamina B12. Nei pazienti in cui si sospetti una di queste patologie causa di diarrea cronica, il veterinario potrà richiedere delle indagini aggiuntive come esami di laboratorio generali e specifici, esami strumentali come per esempio un esame ecografico ed endoscopico ed un esame bioptico intestinale per definire la causa precisa e poter ottimizzare la terapia. L’approccio terapeutico della diarrea cronica causata da una di queste patologie intestinali, dipenderà dalla gravità della malattia in base ai segni clinici e mirerà a correggere le carenze nutrizionali, a contrastare l’infiammazione e la disbiosi, ovvero lo squilibrio della popolazione batterica intestinale, che consiste in un aumento delle specie batteriche che favoriscono l’infiammazione ed in una diminuizione delle specie batteriche meno inclini a indurre infiammazione.Per concludere possiamo dire che le malattie intestinali croniche del cane e del gatto sono patologie complesse e rappresentano una sfida diagnositica e tarapeutica che potrà essere vinta solo se ci sarà una stretta collaborazione e complicità fra il proprietario di animale ed il veterinario curante. “DVM, PhD, Diploma Master Universitario II livello in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, consulente nutrizionale (Clinical Nutrition).".Dr. Giuseppe FebbraioAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La costipazione è definita come una diminuita o difficoltosa evacuazione delle feci. È un problema che si riscontra più nel gatto che nel cane.Il termine costipazione non è sempre indicativo di perdita della funzionalità del colon. Solo quando la costipazione risulta intrattabile e non rispondente a terapia si può parlare di una severa e permanente costipazione. La maggior parte dei pazienti che presentano costipazione, sono gatti di mezza età, più frequentemente maschi. Gli animali vengono portati a visita solitamente perché non riescono a defecare per diversi giorni o settimane. Le feci prodotte sono spesso molto secche.Gli animali che rimangono costipati per periodi lunghi possono sviluppare diarrea per via dell’effetto irritante che possono avere le secrezioni fecali sulla mucosa intestinale e a volte questo puó rappresentare l’unico segno clinico. Altri segni che accompagnano questi pazienti includono anoressia, vomito e perdita di peso. L’esame emocromocitometrico completo il biochimico e l’analisi delle urine sono solitamente normali ma a volte possono svelare cause metaboliche come disidratazione oppure alterazioni elettrolitiche (e.g. ipopotassiemia, ipercalcemia etc).Negli animali giovani, sopratutto gatti, che presentano episodi frequenti di costipazione e hanno altri sintomi clinici dovrebbe essere eseguita la valutazione della tiroide.Le radiografie addominali dovrebbero essere effettuate per valutare l’entità del problema e cercare eventuali ulteriori cause. Inoltre un esame radiografico può aiutare ad identificare eventuali fattori predisponenti come fratture pelviche, masse extra-luminali, corpi estranei, etc.Altri esami che possono essere importanti in queste situazioni di costipazione sono l’ecografia addominale, l’endoscopia con biopsie ma anche le radiografie con contrasto di bario. Nel caso di pazienti con megacolon (colon molto dilatato) è molto importante reidratare il paziente e rimuovere le feci indurite con clismi.La terapia medica consiste in tre step: Somministrazione di fibra alimentare nei casi di lieve costipazione Uso di lassativi e procinetici nei casi in cui la costipazione sia di moderata entità oppure ricorrente Uso di chirurgia nel caso di costipazione persistente e megacolon Il veterinario identificherà il migliore piano terapeutico adatto ad ogni singolo paziente. “DVM, CertSAM, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia (Gastroenterologia, Ematologia, Autoimmunità, Endocrinologia, Medicina Interna).”Dr.ssa Magda Georu Ferriani #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La Filariosi cardiopolmonare è una malattia parassitaria diffusa in tutta Italia che colpisce il cane e meno frequentemente il gatto.Il parassita responsabile è Dirofilaria immitis, che allo stadio adulto è un verme di aspetto filiforme lungo fino a 15-25 cm che vive nelle arterie del polmone del cane e del gatto. La malattia si trasmette grazie alla zanzara che pungendo un cane malato assume le larve prodotte dalle femmine adulte, larve che maturate all’interno della zanzara vengono poi trasmesse ad un altro cane o gatto che venga successivamente punto. La trasmissione della malattia può avvenire tutto l’anno, ma tarda primavera, estate e soprattutto inizio autunno sono i periodi maggiormente rischiosi. Nonostante la profilassi effettuata da molti proprietari attenti alla salute del proprio animale, D. immitis mantiene costante la sua presenza nelle vaste sacche di animali (> 50%) che per motivi economici o logistici non sono sottoposti a profilassi. La percentuale dei soggetti infettati nella pianura padana continua a mantenersi tra il 20 e il 40%. È interessante notare che nell’ultimo decennio nuove aree sono diventate endemiche anche nel centro sud Italia (Puglia, Sicilia) e che virtualmente nessuna regione Italiana può considerarsi indenne. La diffusione di D. immitis verso le regioni meridionali di associa alla diffusione di un altro parassita simile ovvero al Dirofilaria repens che viceversa dal sud si è diffusa verso il nord Italia, tanto che le infestazioni miste nel Nord Italia sono diventate molto frequenti se non maggioritarie. Tra le cause di diffusione di entrambi i parassiti va considerata primariamente la contemporanea diffusione di nuovi insetti vettori come Aedes albopictus (la famosa zanzara tigre), che per la sua capacità di adattarsi molto bene ad ambienti fortemente antropizzati e contaminati e per l’abitudine di eseguire il pasto di sangue durante le ore diurne e in sequenza su più soggetti mette a rischio contagio anche tipologie canine (cani di appartamento che vivono in Città) che prima erano a rischio modesto. L’ambiente urbano favorisce inoltre la diffusione della zanzara tigre anche perché proprio nei contesti maggiormente cementificati sono riscontrabili le cosiddette “isole di calore”, microambienti nei quali le temperature anche nelle stagioni fredde superano i 14°C, il valore soglia per lo sviluppo della larva all’interno della zanzara. Figura 1 - Macrofilarie (adulti) di D. immitis Nel cane l’evoluzione della malattia è cronica e porta nell’arco di 3-4 anni inizialmente a disturbi respiratori (tosse) e successivamente, nello stadio terminale, ad insufficienza cardiaca Nel gatto la parassitosi evolve nella maggior part dei casi in forma asintomatica, per poi appalesarsi con crisi respiratorie acute e gravi o morte improvvisa. La diagnosi è molto semplice nel cane per il quale esistono numerosi presidi diagnostici ma più difficile nel gatto in cui l’evoluzione è meno prevedibile. Se diagnosticata precocemente prima che insorgano i sintomi o che insorga lo scompenso cardiaco la malattia nel cane è curabile per via medica o chirurgica, mentre nel gatto è possibile esclusivamente un trattamento contro i sintomi, sperando che il gatto elimini spontaneamente i parassiti. La prevenzione consiste nella somministrazione di farmaci che uccidano le larve eventualmente inoculate e deve essere mantenuta per 12 mesi l’anno. E’ l’arma più potente che abbiamo per prevenire questa malattia potenzialmente letale e curabile con difficoltà nel cane, se diagnosticata tardivamente, e addirittura non curabile nel gatto.“DVM, Specialista in Clinica dei Piccoli Animali, Diplomato EVPC, EBVS® - European Veterinary Specialist in Parasitology”.Dr. Luigi VencoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La Filariosi cardiopolmonare è una malattia parassitaria diffusa in tutta Italia che colpisce il cane e meno frequentemente il gatto.Il parassita responsabile è Dirofilaria immitis, che allo stadio adulto è un verme di aspetto filiforme lungo fino a 15-25 cm che vive nelle arterie del polmone del cane e del gatto. La malattia si trasmette grazie alla zanzara che pungendo un cane malato assume le larve prodotte dalle femmine adulte, larve che maturate all’interno della zanzara vengono poi trasmesse ad un altro cane o gatto che venga successivamente punto. La trasmissione della malattia può avvenire tutto l’anno, ma tarda primavera, estate e soprattutto inizio autunno sono i periodi maggiormente rischiosi. Nonostante la profilassi effettuata da molti proprietari attenti alla salute del proprio animale, D. immitis mantiene costante la sua presenza nelle vaste sacche di animali (> 50%) che per motivi economici o logistici non sono sottoposti a profilassi. La percentuale dei soggetti infettati nella pianura padana continua a mantenersi tra il 20 e il 40%. È interessante notare che nell’ultimo decennio nuove aree sono diventate endemiche anche nel centro sud Italia (Puglia, Sicilia) e che virtualmente nessuna regione Italiana può considerarsi indenne. La diffusione di D. immitis verso le regioni meridionali di associa alla diffusione di un altro parassita simile ovvero al Dirofilaria repens che viceversa dal sud si è diffusa verso il nord Italia, tanto che le infestazioni miste nel Nord Italia sono diventate molto frequenti se non maggioritarie. Tra le cause di diffusione di entrambi i parassiti va considerata primariamente la contemporanea diffusione di nuovi insetti vettori come Aedes albopictus (la famosa zanzara tigre), che per la sua capacità di adattarsi molto bene ad ambienti fortemente antropizzati e contaminati e per l’abitudine di eseguire il pasto di sangue durante le ore diurne e in sequenza su più soggetti mette a rischio contagio anche tipologie canine (cani di appartamento che vivono in Città) che prima erano a rischio modesto. L’ambiente urbano favorisce inoltre la diffusione della zanzara tigre anche perché proprio nei contesti maggiormente cementificati sono riscontrabili le cosiddette “isole di calore”, microambienti nei quali le temperature anche nelle stagioni fredde superano i 14°C, il valore soglia per lo sviluppo della larva all’interno della zanzara. Figura 1 - Macrofilarie (adulti) di D. immitis Nel cane l’evoluzione della malattia è cronica e porta nell’arco di 3-4 anni inizialmente a disturbi respiratori (tosse) e successivamente, nello stadio terminale, ad insufficienza cardiaca Nel gatto la parassitosi evolve nella maggior part dei casi in forma asintomatica, per poi appalesarsi con crisi respiratorie acute e gravi o morte improvvisa. La diagnosi è molto semplice nel cane per il quale esistono numerosi presidi diagnostici ma più difficile nel gatto in cui l’evoluzione è meno prevedibile. Se diagnosticata precocemente prima che insorgano i sintomi o che insorga lo scompenso cardiaco la malattia nel cane è curabile per via medica o chirurgica, mentre nel gatto è possibile esclusivamente un trattamento contro i sintomi, sperando che il gatto elimini spontaneamente i parassiti. La prevenzione consiste nella somministrazione di farmaci che uccidano le larve eventualmente inoculate e deve essere mantenuta per 12 mesi l’anno. E’ l’arma più potente che abbiamo per prevenire questa malattia potenzialmente letale e curabile con difficoltà nel cane, se diagnosticata tardivamente, e addirittura non curabile nel gatto.“DVM, Specialista in Clinica dei Piccoli Animali, Diplomato EVPC, EBVS® - European Veterinary Specialist in Parasitology”.Dr. Luigi VencoAutore

Con il termine "esofagite" si indica l'infiammazione della mucosa (e a volte anche della sottomucosa) dell'esofago. Le cause dell'infiammazione esofagea possono essere varie e nei casi cronici si può arrivare a stenosi esofagea o megaesofago. I segni clinici variano in base al tipo di danno locale, l'estensione e il grado di infiammazione. Se l'infiammazione è minima gli animali possono essere anche completamente asintomatici. Nel caso di infiammazione moderata o grave i segni clinici che si manifestano più frequentemente sono ipersalivazione, anoressia, odinofagia (estensione della testa e del collo durante la deglutizione), disfagia, spesso rigurgito (a volte con la presenza di sangue fresco), perdita di peso e cachessia. Per la diagnosi, di solito una buona anamnesi può già indirizzare verso l’esofagite, invece gli esami del sangue (emocromocitometrico e biochimico) raramente mostrano delle alterazioni. Le radiografie del torace non sono abbastanza sensibili per indicare uno stato infiammatorio. Radiografie con contrasto (esofagogrammi) possono evidenziare ritenzione di bario nell'esofago, lieve dilatazione esofagea oppure alterazioni della mucosa esofagea. La fluoroscopia, un esame dinamico, può mostrare ostruzioni parziali che possono sfuggire ad un esame radiografico. L'endoscopia è la tecnica più sensibile e specifica per diagnosticare problemi nell'esofago. Negli animali con lieve infiammazione l'esame può' evidenziare solo lieve eritema dei tessuti ma negli animali con infiammazione severa si possono vedere eritema, erosioni e a volta anche ulcere. Nel caso di reflusso gastro-esofageo le lesioni sono più evidenti nella parte distale dell'esofago vicino al cardias (sfintere esofageo basso). La terapia per l'esofagite si basa sull'eliminazione dei fattori predisponenti (per esempio ernia iatale, corpo estraneo etc.), medicazioni appropriate e dieta con piccoli e frequenti pasti a basso contenuto di lipidi e alto contenuto proteico per aumentare il tono del cardias e minimizzare il reflusso. In animali che non possono nutrirsi adeguatamente a causa del vomito o di stenosi esofagea è consigliabile applicare un sondino alimentare gastrico (per es: PEG etc.) in modo da riuscire ad alimentarli bypassando l'esofago e riducendo un’ulteriore irritazione esofagea. I sondini esofagei e naso- esofagei non sono consigliabili. Nel caso di stenosi sarà necessaria la dilatazione e il bougienance endoscopico. Raramente la chirurgia e' indicativa in questi casi e deve rappresentare l'ultima soluzione. La durata della terapia e' variabile in base al grado di infiammazione. E' vivamente consigliabile la valutazione endoscopica a distanza di qualche giorno/settimana dall'inizio della terapia per valutare i risultati ottenuti. La prognosi dipende dal grado di esofagite. Di solito nei casi lievi e moderati la prognosi è eccellente con trattamento medico e dieta appropriata, ma nei casi gravi la prognosi è riservata poichè può verificarsi stenosi esofagea che non sempre può essere risolta anche con multiple dilatazioni endoscopiche. La percentuale di successo che e' stato riportato in questi casi varia da 77-88%. Nella maggioranza dei casi il trattamento precoce dell'esofagite è risolutivo dei segni clinici e previene la formazione di stenosi esofagee. Un consiglio: quando ad un animale si somministra una terapia farmacologica orale (soprattutto se si tratta di compresse) è buona abitudine somministrare successivamente dell’acqua in modo da evitare che il farmaco stazioni in esofago e possa dare infiammazione e conseguente esofagite. “DVM, CertSAM, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia (Gastroenterologia, Ematologia, Autoimmunità, Endocrinologia, Medicina Interna).”Dr.ssa Magda Georu Ferriani #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}