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VIVERE CON UN CANE CIECO

VIVERE CON UN CANE CIECO

In qualità di oculisti veterinari, spesso, ci troviamo a dover diagnosticare anche malattie oculari gravi che causano in maniera inevitabile ed irreversibile deficit visivi negli animali sottoposti a visita specialistica. Informare i proprietari che il loro “amato” animale ha perso la vista o la perderà definitivamente di lì a breve non è mai facile, perché ci porta ad affrontare il loro dispiacere e sconforto, che può esitare a volte in un pianto irrefrenabile. La cecità per un essere umano è certamente una situazione drammatica e grave, ma pensare che anche per un cane (o un gatto) sia sinonimo di una vita infelice, isolata dai componenti della famiglia, priva di momenti di gioco e normalità non è una corretta concezione! I nostri animali si affidano alla vista in maniera meno importante rispetto alle persone: l’olfatto, l’udito, il tatto sono decine di volte più sviluppati e, molto più spesso di quello che noi potremmo pensare, in “situazioni di compensazione”, cane e gatto si orientano affidandosi totalmente a questi sensi. Se dovessimo immaginare come percepiscono il loro mondo, dovremmo sostituire il verbo vedere con quello sentire, inteso come capacità di descriverlo con odori, sensazioni e suoni. Non ci deve sorprendere quindi se alcuni soggetti non mostrano alcun cambiamento comportamentale pur avendo grossi o totali deficit della visione (talvolta siamo noi specialisti durante la visita oculistica a comunicare al proprietario che il loro animale è già cieco…). Come reagisca un cane al “black out visivo” dipende comunque dalla sua personalità: un soggetto pauroso, fragile, anziano o al contrario abituato a fare il leader, potrà metterci più tempo ad adattarsi alla nuova condizione e potrà manifestare disagio/aggressività o dipendenza nei confronti del proprietario e degli altri animali, oppure potrà cadere in depressione, riducendo le sue attività abituali di gioco e interazione sociale, trascorrendo la maggior parte della giornata a dormire. Quello che può fare la differenza in queste situazioni è proprio l’aiuto da parte del proprietario: tramite un po' di esercizio e tanta pazienza si potrà “insegnare” al proprio cane ad adattarsi alla sua “nuova vita”. Il padrone, dal canto suo, dovrà aver superato le fasi negative del “lutto” (negazione, rabbia, contrattazione, depressione) ed essere approdato alla fase di accettazione della cecità del proprio animale; solo così potrà davvero aiutarlo, motivandolo ed incentivandolo a ritornare ad una nuova normalità. Sarà fondamentale che il veterinario spieghi chiaramente qual è la patologia oculare che affligge l’animale e, qualora sia dolorosa, come ad es. in alcuni casi di glaucoma, consigli la miglior terapia per mantenere una buona qualità di vita; un animale cieco, ma senza dolore oculare, vive bene a volte quasi come un suo simile non malato. Talvolta quando il dolore è acuto e non controllabile con i farmaci la “rimozione chirurgica dell’occhio” (enucleazione) può rappresentare la soluzione più rapida e definitiva; questa azione non deve spaventare o sconvolgere il proprietario poiché il cane non è conscio di aver perso un organo e non lo vivrà come trauma emotivo, come invece accade per gli esseri umani. Cani che risultavano abbattuti e sofferenti da tempo come conseguenza della malattia, riacquisteranno, subito dopo l’intervento, quella vivacità, “giovinezza” e gioia di vivere che sembravano aver perso, e molto spesso i proprietari se ne accorgono e ne sono testimoni.Con il giusto atteggiamento e allenamento sarà possibile insegnare al proprio cane a muoversi di nuovo in sicurezza nello spazio casalingo e all’esterno, inizialmente con l’aiuto di un collare e un guinzaglio, poi anche senza; nelle prime fasi si dovrà evitare di lasciarlo libero per impedirgli di cadere o farsi male. Sarà fondamentale impartire comandi unici e precisi per ogni azione come ad es. “rallenta”, “stop”, “libero”, “sali”, “scendi”, ecc., da scandire con un tono ed un’inflessione della voce diversa a seconda di quello che si vuole richiedere, non potendo l’animale vedere il linguaggio corporeo del proprietario. Se per es. il cane sta per andare a sbattere contro un oggetto bisognerà impartire il comando “stop” in maniera secca e decisa, mentre se l’ostacolo si trova a diversi metri di distanza il “rallenta” dovrà essere pronunciato con una cadenza lenta e ritmata. Non si dovrà mai alzare la voce o perdere la pazienza, facendo avvertire la propria frustrazione se l’animale non esegue un comando: di solito avviene o per mancata comprensione o per eccessiva distrazione (es. all’aperto o in presenza di altri animali). Meglio fermare l’esercizio e prendersi una pausa per evitare che il cane percepisca il nostro sconforto e si deprima; ogni volta invece che completerà l’ordine, si dovrà premiarlo con cibo e carezze oltre che con complimenti verbali. Più tempo si dedicherà all’esercizio, più il soggetto imparerà in fretta.  Per aiutarlo a costruire e memorizzare la “mappa mentale” dell’ambiente in cui vive si potrà marcare il territorio con profumi ed olii essenziali, consigliando il proprietario di spostare il meno possibile i mobili e le altre cose e di allestire una sorta di tragitti fatti di stoffa o altro materiale per differenziare in maniera tattile le varie parti della casa: l’animale imparerà ad utilizzare queste “passerelle” come vie preferenziali per evitare gli ostacoli e nel tempo  riuscirà a farne a meno. Nel caso in cui un minimo di funzionalità visiva sia ancora mantenuta, come negli stadi iniziali della PRA (atrofia progressiva della retina) dove la visione notturna viene persa per prima, si potrà aiutare il cane lasciandogli alcune luci ambientali accese la sera o “spezzando” la monocromia della casa applicando delle strisce nere o bianche in contrasto, per es sui gradini o negli spigoli dei muri.  Tutte le superfici pericolose e le estremità appuntite dovrebbero venire ricoperte con materiale morbido per evitare che l’animale ci sbatta contro e si ferisca, procurandosi per es delle lesioni della superficie corneale. Anche il gioco non potrà essere abbandonato perché parte integrante della componente etologica: l’utilizzo di palline con campanellini o simili, magari marcati con odori e profumi particolari, faciliterà il cane nella loro individuazione.  Se il soggetto è abituato ad interagire con altri animali si dovrà, con tutte le cautele, incentivare questo aspetto, avvisando gli altri proprietari della cecità del proprio cane e chiedendo loro di prestare maggiore attenzione. Infatti gli animali comunicano, oltre che con la voce, anche con un linguaggio corporeo; un soggetto cieco non potrà ovviamente vedere i segnali mandati da un altro cane (es. la posizione delle orecchie, della coda o del corpo stesso) e quindi per questo potrebbe non comportarsi di conseguenza, innescando anche atteggiamenti aggressivi uni o bidirezionali. Queste attenzioni dovranno essere maggiori in spazi ristretti o in ambienti che possono aumentare l’agitazione degli animali, come dal veterinario, dal toelettatore o in casa di parenti e amici. In conclusione, la cecità è sicuramente un forte handicap per qualsiasi essere vivente, ma nel cane non deve essere motivo di abbandono o, peggio ancora, di richiesta di eutanasia. Come citato in un famosissimo libro per bambini “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” ricordiamoci che i nostri amici a quattro zampe hanno un cuore immenso, che continuerà a vedere, e sentire, indipendentemente dalla loro vista, anche grazie al nostro prezioso aiuto.     “DVM, Dottore di Ricerca in Oftalmologia Veterinaria Specialista in Clinica e Malattie dei Piccoli Animali (Oftalmologia)”Dr. Domenico MultariAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Il linfoma del cane

Il linfoma del cane

Il linfoma del cane è una neoplasia maligna spontanea che assomiglia al linfoma non-Hodgkin dell’uomo. Rappresenta il 7-24% di tutti i tumori maligni del cane. La causa è sconosciuta; si ipotizzano predisposizione genetica, esposizione ad inquinanti ambientali, ed aberrazioni cromosomiche. Da un punto di vista anatomico, esistono diverse forme, tra le quali la multicentrica è la più comune. Tutte le forme anatomiche possono coinvolgere il sangue e/o il midollo osseo (fase leucemica). I sintomi solitamente sono aspecifici, e sono da ricondurre agli organi colpiti. Solitamente il primo segno clinico è dato dall’aumento di volume dei linfonodi periferici. La diagnosi richiede vari esami, che permettono anche di accertare l’estensione del coinvolgimento tumorale (stadio clinico). L’ago aspirato di un linfonodo periferico permette di formulare il sospetto di linfoma, che andrà poi confermato mediante fenotipizzazione, tecnica utile anche per definire se il linfoma ha preso origine dalle cellule B o T. Per accertare lo stadio clinico, è necessario eseguire le radiografie del torace, l’ecografia addominale, la valutazione citologica di fegato e milza, e del sangue midollare. Nel cane, così come nell’uomo, esistono molti tipi di linfoma, la cui prognosi e terapia si differenziano notevolmente. Per conoscere l’esatto tipo di linfoma, è necessario rimuovere chirurgicamente un linfonodo periferico e sottoporlo ad analisi istologica ed immunoistochimica (marcatori). La chemioterapia rappresenta la terapia d’elezione, perché i chemioterapici, una volta somministrati, circolano per tutto l’organismo e hanno la possibilità di venire in contatto con le cellule tumorali. La chirurgia e la radioterapia hanno un’applicazione terapeutica ridotta, perché attaccano le cellule tumorali in un solo sito. Lo scopo della chemioterapia nei pazienti malati di linfoma è di indurre una “remissione completa”.Per “remissione” s’intende la scomparsa temporanea di tutti i sintomi. Gli animali con linfoma in remissione completa appaiono normali e conducono una vita perfettamente normale.  Tuttavia una piccola percentuale di cellule tumorali sopravvive, e può ad un certo punto proliferare di nuovo, rendendo evidente la sintomatologia. Si parla in questo caso di “recidiva”, e l’animale non è più in remissione. Esistono diversi chemioterapici che possono essere utilizzati per uccidere le cellule tumorali, e molto spesso è preferibile usare una combinazione di tali farmaci per aumentare l’efficacia. La chemioterapia in corso di linfoma ha lo scopo di garantire una buona qualità di vita, prolungando la sopravvivenza. Un animale non trattato sopravvive in genere 4-6 settimane dalla diagnosi. La chemioterapia è molto ben tollerata dalla maggior parte degli animali; in alcuni casi tuttavia possono insorgere effetti collaterali, che richiedono una modificazione del protocollo.La chemioterapia non cura cani e gatti malati di linfoma, ma nella maggior parte dei casi migliora la quantità e la qualità di vita. Oggi è possibile per alcuni linfomi abbinare l’immunoterapia (vaccino terapeutico) alla chemioterapia. Non tutti i cani sono candidati: l’iter diagnostico permette di definire alcuni parametri utili ai fini della scelta terapeutica.  “Med. Vet., Professore Associato Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Oncology - Animali da compagnia - (Oncologia)”Prof.ssa Laura MarconatoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Ipertiroidismo nel gatto

Ipertiroidismo nel gatto

L’eziologia dell’ipertiroidismo è complessa e multifattoriale; sono stati presi in causa fattori genetici, immunologici e nutrizionali senza tuttavia individuare il ruolo predominante di uno rispetto agli altri.Anche l’esposizione cronica a interferenti endocrini attraverso l’ambiente, la dieta o l’acqua potrebbe ricoprire un ruolo nella patogenesi dell’ipertiroidismo, così come dimostrato per le patologie tiroidee nell’uomo. Recenti studi hanno dimostrato la presenza di alti livelli nel siero di gatti, di un altro gruppo di contaminanti ambientali, i polibromodifenileteri (PBDE), anch’essi noti per le loro caratteristiche nocive. I polibromodifenileteri PBDE fanno parte dei ritardanti di fiamma e, come tali, in passato si ritrovavano in un’ampia gamma di prodotti (es: plastiche, articoli tessili e apparecchiature elettroniche). Tali molecole possono migrare e unirsi alla polvere dove raggiungono alte concentrazioni.I gatti domestici, considerate le loro abitudini, possono quindi venire in contatto con queste sostanze sia attraverso la via alimentare che tramite il grooming e, condividendo lo stesso ambiente dell’uomo, rappresentano l’animale sentinella per le contaminazioni ambientali domestiche.ASPETTI CLINICI E DIAGNOSTICI DELL’IPERTIROIDISMO FELINO Segnalamento: qual’è il paziente tipico ? Non vi sono predisposizioni di razza o sesso per lo sviluppo dell’ipertiroidismo, è stata tuttavia ipotizzata una sorta di “protezione genetica” poiché alcune razze di gatti, quali il Siamese e l’Himalayano, presentano un’incidenza minore della patologia.Nella maggior parte dei casi la diagnosi viene effettuata a 12-13 anni di età (range 4-22) e in meno del 5% dei soggetti è diagnosticato ad un’età inferiore ai 10 anni. In letteratura esiste solo un caso di ipertiroidismo giovanile dove la patologia è stata riscontrata in un gattino di 8 mesi.27   Sintomi più frequenti Si tratta di una patologia insidiosa e progressiva i cui effetti possono interessare tutto l’organismo o interessare un singolo apparato. La presentazione clinica e la gravità dei segni clinici sono variabili e dipendono dalle capacità di adattamento dell’organismo, dalla durata e dalla presenza o meno di patologie concomitanti. Il segno clinico principe è la perdita di peso, presente nel 90% circa dei soggetti, associata spesso ad aumento dell’appetito (polifagia). Entrambi questi sintomi sono legati ad un accelerato metabolismo dato dalla malattia. Il dimagrimento può essere più o meno marcato e può esitare in cachessia alla quale cui si può associare atrofia muscolare per un aumentato catabolismo proteico. Comunemente si osserva vomito ed occasionalmente diarrea (aumentata frequenza di defecazione, aumento di volume delle feci o steatorrea). L’aumento del transito gastrointestinale, l’aumentata ingestione di grassi dovuta alla polifagia e una minor efficienza del pancreas esocrino possono a volte portare a diarrea. In meno della metà dei soggetti è segnalata la presenza di poliuria/polidipsia (urina e beve maggiormente). In circa il 10% dei casi è possibile riscontrare quello che viene chiamato “ipertiroidismo apatico” dove aumento dell'appetito e iperattività sono sostituite da anoressia e depressione, permane invece il dimagrimento. L’ipertiroidismo può anche causare uno stato di ipertensione sistemica che può riflettersi a livello renale. Riepilogo dei principali sintomi dell’ipertiroidismo felino Dimagrimento 92% Polifagia (molto appetito) 55% Vomito 47% Iperattività 41% Poliuria e Polidipsia (urina e beve molto) 33% Inappetenza o anoressia 26% Debolezza muscolare e letargia 25% Diarrea 21% Dispnea (difficoltà nella respirazione) 11% Alterazioni del pelo \ Alopecia 7% Autore Peterson et al. (1983 - 2016)  La visita clinica dal veterinarioAlla vista clinica effettuata dal Medico Veterinario, la maggior parte dei pazienti si presenta in condizioni nutrizionali scadenti, con mantello ispido, trasandato e possono essere presenti aree in cui manca il pelo.  Gatto europeo maschio di 14 anni affetto da ipertiroidismo. Si noti lo scadente stato di nutrizione e lo scadente stato del mantello.Nel 90% dei casi è possibile apprezzare un nodulo tiroideo palpabile.In rari casi il nodulo può raggiungere notevoli dimensioni ed in questo caso è anche possibile che il nodulo non sia più benigno bensì maligno.Gatto Europeo in cui si evidenzia un nodulo tiroideo di grandi dimensioni dovuto a carcinoma tiroideo All’auscultazione è frequente evidenziare la presenza di tachicardia, soffio sistolico e, meno frequentemente, aritmie. La tachicardia (≥ 220 bpm), presente nel 30% dei gatti ipertiroidei, è dovuta ad un aumento del tono simpatico e ad una diminuzione del parasimpatico. Gli ormoni tiroidei attivano, inoltre, geni che codificano per proteine strutturali e regolatorie cardiache con conseguente aumento della contrattilità miocardica e sviluppo di cardiopatie. All’esame ecocardiografico è di comune riscontro la presenza di una cardiomiopatia ipertrofica che può portare ad insufficienza cardiaca e tromboembolismo aortico.   Esami diagnostici Essendo l’ipertiroidismo una patologia geriatrica, è frequente la presenza di patologie concomitanti che possono complicarne il quadro clinico. Non esistono segni clinici patognomonici per l’ipertiroidismo, per tanto la diagnosi definitiva richiede la dimostrazione di un persistente aumento degli ormoni tiroidei in circolo. Il diagnostico differenziale di gatti con segni clinici compatibili con ipertiroidismo dovrebbe includere: diabete mellito, malassorbimento gastrointestinale o maldigestione (es. insufficienza pancreatica esocrina), neoplasie (es. linfoma del tratto gastroenterico), malattia renale cronica, parassiti, gravi errori alimentari. Test di screening Gli esami emato-biochimici di base e l’esame delle urine sono utili soprattutto per escludere altre patologie e in parte permettono di supportare la diagnosi. L’esame emocromocitometrico fornisce solitamente informazioni aspecifiche. É frequente il rinvenimento di un leucogramma da stress mentre è raro il riscontro di anemia. Al profilo biochimico il rilievo più caratteristico, presente nel 90% dei gatti, è l’aumento lieve-moderato di almeno uno degli enzimi epatici. Nel 75% dei gatti si osserva un aumento dell’ALT e della ALP. Un aumento marcato degli enzimi epatici potrebbe essere suggestivo di danno d’organo, tuttavia molti gatti ipertiroidei anche con un grave aumento di attività sierica degli enzimi epatici hanno una funzionalità epatica normale. Ulteriori approfondimenti per patologie epatobiliari trovano una giustificazione solamente in caso di mancato miglioramento dei valori epatici nei primi due mesi di terapia o qualora il paziente mostri ittero o disoressia/anoressia. Test di funzionalità tiroidea La diagnosi di ipertiroidismo è confermata con il riscontro di un aumento delle concentrazioni circolanti di ormoni tiroidei o con tecniche più sofisticate. A fini diagnostici ci si affida alla misurazione del T4 totale poiché la misurazione del T3 da luogo ad un 25-30% di falsi negativi. Per la diagnosi si può valutare anche il T4 libero (free T4 o fT4) che è tuttavia meno specifico rispetto al T4. Anche la misurazione del cTSH può aiutare nel definire la diagnosi di ipertiroidismo. La patologia non può essere esclusa dal solo ritrovamento di valori normali di T4, soprattutto nei gatti in cui la sintomatologia clinica e la presenza di un nodulo tiroideo risultino evidenti. In questi casi è consigliato ripetere le misurazioni del T4 dopo 2-4 settimane, in alternativa, soprattutto per i casi dubbi, è possibile effettuare una scintigrafia. In gatti anziani presentati per segni clinici compatibili con l’ipertiroidismo, confermare la diagnosi è abbastanza semplice, infatti, più del 90% presenta delle concentrazioni sieriche di T4 molto al di sopra del range di riferimento. La misurazione del T4 è relativamente economica e facilmente attuabile, per questi motivi è il test di scelta per lo screening di gatti con sospetto ipertiroidismo.  Ecocardiografia Di comune riscontro all’esame ecocardiografico di gatti ipertiroidei è la presenza della cardiomiopatia ipertrofica che si evidenzia con ipertrofia del ventricolo sinistro, dilatazione di atrio e ventricolo sinistro e ipertrofia del setto interventricolare. Frequentemente si riscontra l’aumento della frazione di accorciamento, conseguente all’ipercontrattilità miocardica. Nei casi più avanzati la cardiomiopatia ipertrofica può portare ad insufficienza cardiaca e tromboembolismo aortico. Radiografia Più della metà dei gatti ipertiroidei mostra segni di cardiomegalia del settore sinistro che si associano a versamento pleurico ed edema polmonare in caso di insufficienza cardiaca. Ecografia dela tiroide L’ecografia della regione cervicale può essere usata per valutare la ghiandola tiroidea e fare una stima del suo volume. A differenza dell'uomo, l'ecografia tiroidea non è un esame routinariamente effettuato per la diagnosi di ipertiroidismo felino. I lobi tiroidei dei gatti con ipertiroidismo sono solitamente aumentati di dimensioni in modo uniforme e meno ecogeni rispetto ai lobi tiroidei normali e a volte possono essere identificate delle strutture cistiche all’interno della tiroide.   Terapia Il Medico Veterinario deciderà l’approccio terapeutico più giusto per lo specifico paziente, le opzioni possono essere farmacologiche, radioterapiche o chirurgiche.   Monitoraggio della terapia farmacologica Il paziente ipertiroideo in terapia farmacologica necessita di monitoraggio clinico e degli esami di laboratorio. Il primo controllo può essere effettuato a 2-3 settimane dall’inizio della terapia farmacologica, i monitoraggi successivi, andranno effettuati ogni 2-3 settimane qualora venisse modificato il dosaggio dei farmaci fino al raggiungimento dell’eutiroidismo (normali livelli di ormone tiroideo). I pazienti stabili, senza patologie concomitanti devono essere rivalutati dopo 3 mesi dall’inizio della terapia e poi ogni 6 mesi. Durante i controlli il veterinario potrà anche richiedere il monitoraggio della pressione sistemica che può aumentare nel corso del tempo nei gatti trattati (incidenza del 23%). In caso di insorgenza di ipertensione è bene venga trattata con terapia specifica. In seguito alla normalizzazione del T4 è possibile che vengano smascherate sottostanti alterazioni della funzionalità renale, con conseguente sviluppo di iperazotemia, infatti la malattia renale cronica e l’ipertiroidismo sono due problematiche che si incontrano spesso contemporaneamente nei pazienti anziani.La patologia renale cronica può essere evidente già alla diagnosi o svilupparsi (o risultare evidente) soltanto durante la terapia per l’ipertiroidismo. Nei gatti con concomitante malattia renale già evidente al momento della diagnosi di ipertiroidismo,  il trattamento dell’ipertiroidismo è solitamente indicato, tuttavia con particolari attenzioni, in questi casi le aspettative di vita possono essere minori. Terapia alimentare: anche la dieta può essere di aiuto La sintesi degli ormoni tiroidei necessita di un sufficiente apporto di iodio alimentare.Una possibilità per trattare l'ipertiroidismo consiste pertanto nel ridurre le concentrazioni di ormoni tiroidei mediante la somministrazione di un alimento molto specifico a basso contenuto di iodio.   Terapia chirurgica L’asportazione chirurgica della tiroide costituisce una valida possibilità terapeutica per l’ipertiroidismo. È una procedura efficace, rapida e di relativamente facile esecuzione. Nel 70% dei casi il coinvolgimento di entrambi i lobi tiroidei rende necessario l’esecuzione di una tiroidectomia bilaterale. Prima di eseguire l’intervento chirurgico è importante effettuare un periodo di terapia con farmaci antitiroidei per almeno due settimane per stabilizzare i livelli di T4 e fare si che il paziente risulti più stabile da un punto di vista cardiocircolatorio.   Terapia con iodio radioattivo La terapia con iodio radioattivo è considerata d’elezione per l’ipertiroidismo felino; ciò è legato all’elevata efficacia terapeutica e la relativa assenza di complicazioni; risulta inoltre un’ottima opzione terapeutica nei casi di carcinoma tiroideo. A causa del potenziale radioattivo della molecola il trattamento può essere eseguito solo in strutture autorizzate, motivo per cui ad oggi il suo impiego è limitato a pochi centri.    Aspettativa di vita La sopravvivenza media per gatti ipertiroidei senza una concomitante malattia renale cronica supera i 5,3 anni mentre se non trattata è una patologia progressiva con elevata morbidità e mortalità. La prognosi peggiora per i gatti ipertiroidei con carcinoma. Tuttavia, con un adeguato trattamento, anche questi pazienti possono vivere a lungo e morire per patologie non correlate alla neoplasia.  Punti chiave L'ipertiroidismo è causato dall'aumento di produzione di ormoni tiroidei La patologia raramente e causata da una neoplasia maligna. L'eccesso di ormoni tiroidei può causare ipertensione, patologia renale, patologia cardiaca. I sintomi clinici più frequenti sono: dimagrimento, polifagia, vomito, iper-reattività, poliuria e polidipsia  La diagnosi prevede l'esecuzione di esami ematologici e biochimici (allo scopo di escludere patologie concomitanti), esame delle urine, valutazione della funzione tiridea. Ulteriori esami utili sono l'ecocardiografia, radiografia, scintigrafia  Le opzioni terapeutiche dell'ipertiroidismo felino possono essere farmacologiche, dietetiche, radioterapiche, chirurgiche. Dopo l'inizio della terapia farmacologica sono necessari controlli successivi dopo 2-3 settimane fino a raggiungimento dell'eutiroidismo, successivamente dopo 3 e 6 mesi. La sopravvivenza media per gatti ipertiroidei, in assenza di malattia renale cronica e senza diagnosi di carcinoma, a cui viene fatta terapia è di 5,3 anni. “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Come vedono i nostri amici animali ?

Come vedono i nostri amici animali ?

“Dottore, ma il mio cane li vede i colori?” Quante volte mi sono sentito fare questa domanda dai proprietari!  Effettivamente c’è molta confusione sull’argomento: vediamo di fare un po' di chiarezza. Il meccanismo della visione negli animali è molto simile a quello nell’uomo: uno stimolo luminoso colpisce le cellule retiniche più esterne (fotorecettori), viene trasformato in impulso elettrico e tramite il nervo ottico e le altre strutture nervose raggiunge la corteccia visiva dove viene acquisito come immagine. La capacità di un individuo di distinguere un oggetto da ciò che lo circonda dipende fondamentalmente da 5 fattori: la luminosità, la trama, il movimento, la profondità ed il colore. Nei nostri animali quest’ultimo aspetto è generalmente meno importante ed infatti la maggior parte di loro riesce a vedere una scala di colori molto limitata, che va dal blu al verde (visione dicromatica). Il nostro cane quindi non sarà mai capace di distinguere una pallina verde da una rossa, a meno che questa non presenti altre caratteristiche in grado di differenziarla dall’altra, come per esempio una trama diversa. Anche se non distinguono tutti i colori gli animali sono comunque in grado di vedere molti più livelli di grigi di noi, riuscendo a discernere gli oggetti sulla base della tonalità. La trama (o texture) di un oggetto si riferisce all’impressione che la superficie di quell’oggetto ci dà, ovvero è la rappresentazione cerebrale della profondità, dimensione, forma e composizione di quella cosa. La capacità di distinguere i maggiori dettagli e di mantenerli a fuoco sulla retina è l’indice di acuità visiva.Questa risulta inferiore negli animali rispetto all’uomo e dipende dalla qualità di tutti i mezzi diottrici dell’occhio, che comprendono il film lacrimale, la cornea, l’umor acqueo e la lente. Se un oggetto viene messo a fuoco perfettamente sulla retina, il soggetto è definito emmetrope, mentre se viene messo a fuoco davanti alla retina, si definisce miope; se infine il fuoco cade dietro la retina, allora si parla di ipermetrope. La maggior parte dei nostri cani e gatti risulta emmetrope, cioè non ha bisogno di occhiali correttivi! Una certa familiarità e predisposizione alla miopia è stata riscontrata in gruppi di Pastori tedeschi, Schnauzer nani, Barboncini toy, Rottweiler e Collie; mentre alcuni Pastori Australiani e Alaskan Malamute sarebbero risultati ipermetropi. Un ruolo importante nella messa a fuoco dell’immagine lo ricopre il cristallino (o lente): grazie alla sua elasticità e struttura può arrotondarsi o appiattirsi a seconda delle necessità e della distanza di un oggetto dall’occhio. Per questa ragione se ad un cane viene rimosso il cristallino (per esempio in seguito alla comparsa di una cataratta o di una lussazione di lente) senza essere poi sostituito con una lente artificiale intraoculare (IOL), l’animale, pur rimanendo ipermetrope, sarà comunque in grado di vedere abbastanza bene da vicino, in quanto le immagini vengono proiettate sulla retina più grandi del normale. L’acuità visiva non è solamente correlata alla qualità dei mezzi diottrici e alla capacità di mettere correttamente a fuoco le cose, ma anche al tipo e al numero di fotorecettori presenti sulla retina. Queste cellule si dividono in coni e bastoncelli. I coni sono adibiti alla visione diurna, alla distinzione dei colori e dei dettagli e, di solito, sono concentrati nella porzione centrale della retina; i bastoncelli, al contrario, si trovano alla periferia della retina e sono i fotorecettori responsabili della visione in condizioni di poca luce. I nostri animali possiedono inoltre il “tappeto lucido”, costituito da un foglietto rifrangente che diventa visibile e “riflettente” illuminando i loro occhi di notte, ad esempio con i fari dell’auto. Questa struttura permette alla luce di attraversare due volte i fotorecettori retinici aumentando così la capacità visiva in condizione di scarsa luminosità: ecco quindi spiegato perché molti riescono ad orientarsi bene anche in ambienti poco illuminati! Un’altra peculiarità del mondo animale è la notevole capacità di vedere i movimenti, anche quelli più piccoli e lontani, grazie al numero più elevato di bastoncelli rispetto ai coni. Questo squilibrio cellulare permette una miglior visione, rispetto all’uomo, degli oggetti mobili piuttosto che quelli statici, in accordo con lo stato di essere prede o predatori.  Il campo visivo, inteso come range di spazio visibile frontale, nel cane e nel gatto risulta comparabile a quello umano per la posizione dei globi oculari. Questo permette una buona visione binoculare centrale e monoculare laterale, con una “zona cieca” posteriore di circa 160 gradi nel gatto e di 120 gradi nel cane. Gli erbivori come il cavallo, al contrario, hanno una minor visione frontale con entrambi gli occhi, ma una maggior veduta laterale e caudale monoculare, che gli permette di rilevare potenziali pericoli provenienti da ogni dove (spazio cieco posteriore di soli 3 gradi!). Da quanto detto la visione è un meccanismo complesso e dipende ovviamente anche dalla salute delle strutture oculari; molte patologie come cheratiti, cataratta, glaucoma e degenerazioni retiniche possono ridurre o addirittura danneggiare irrimediabilmente la capacità visiva. Sarà molto importante quindi che i proprietari degli animali prestino attenzione ai primi segnali di malattia quali arrossamento, opacamento e dolore oculare, recandosi tempestivamente da un medico veterinario, meglio se specialista in oftalmologia. “DVM, Dottore di Ricerca in Oftalmologia Veterinaria Specialista in Clinica e Malattie dei Piccoli Animali (Oftalmologia)”Dr. Domenico MultariAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Anche i cani possono soffrire di Iperplasia Prostatica

Anche i cani possono soffrire di Iperplasia Prostatica

La pubblicità ci mostra mariti timidi che trovano mille scuse per non ammettere che con l’età la loro prostata inizia a causar loro qualche fastidio. Quello che la pubblicità non ci dice è che anche il nostro cane, come il suo padrone, può avere gli stessi disturbi. La prostata è la ghiandola che produce la parte liquida del seme e viene nutrita dall’ormone testosterone o meglio dalla sua forma attiva il Di-IdroTestosterone; con gli anni però la prostata va incontro ad un aumento di volume progressivo dipendente proprio dal testosterone e si evidenzia quindi l’alterazione nota come "iperplasia prostatica benigna". Come nell’uomo, l’aumento di volume della prostata provoca una compressione sugli organi vicini e da questa compressione derivano i sintomi che vedremo nel nostro cane. A differenza dell’uomo in cui l’aumento di volume della ghiandola avviene prevalentemente in senso concentrico, andando quindi a comprimere il collo della vescica (e il signore si dovrà alzare più volte durante la notte per urinare ... ma dirà di aver dimenticato la luce accesa), l’aumento della prostata nel cane avviene prevalentemente in senso eccentrico e quindi andrà in primo luogo a comprimere il retto. Uno dei primi sintomi quindi che di solito mostra il nostro cane affetto da "iperplasia prostatica benigna" è l’emissione di feci piatte oppure la difficoltà a defecare.L’altro sintomo molto precoce che si osserva in corso di "iperplasia prostatica benigna" è l’ipofertilità. Poiché con l’aumento di volume della prostata i suoi dotti interni possono restare occlusi, spesso in una prostata in iperplasia si ritroveranno anche delle cisti. Se le cisti diventano voluminose (a volte in realtà bastano anche pochi millimetri di diametro), le loro pareti si stirano e quindi iniziano a sanguinare.Ecco che compare l’altro sintomo frequente dell’iperplasia prostatica: il sanguinamento dal pene soprattutto dopo l’urinazione. Con l’evolversi della patologia i sintomi del nostro cane possono peggiorare e diventare importanti: difficoltà  a deambulare, difficoltà a urinare, disoressia (alterazione dell’appetito) e abbattimento. In alcuni casi all’iperplasia prostatica benigna si può associare la prostatite sia acuta che cronica.Nel caso di prostatite cronica i sintomi sono quasi assenti mentre se il cane va incontro a prostatite acuta, la sintomatologia è imponente e la situazione diventa di emergenza. - Il cane avrà moltissimo dolore, farà fatica a camminare, spesso è presente febbre alta con nausea e forte abbattimento: è necessario correre subito dal Veterinario !!! Ma cosa possiamo fare per trattare l’iperplasia prostatica benigna e ancor meglio per prevenirla? A oggi sappiamo che più dell’80% dei cani maschi interi con età superiore ai 5 anni ne sono colpiti e che in realtà la condizione inizia a presentarsi verso il 40% dell’aspettativa di vita del cane.  E’ importante quindi fare controlli regolari per iniziare le terapie appena è necessario. Oggi è disponibile un esame ematologico specifico (il CPSE) che ci indica se la prostata sta avendo dei problemi. Nel caso ce ne fosse indicazione a questo punto si esegue un’ecografia prostatica che valuta la prostata nel suo complesso: volume, aspetto, posizione e flussi sanguigni e che sarà in grado di dare tutte le indicazioni sullo stato di salute della ghiandola. E’ quindi fortemente consigliato chiedere al proprio Veterinario di fiducia di eseguire questo test almeno 1 volta l’anno a partire dai 4 anni di età e sarà poi lui a indicare se sono necessari ulteriori approfondimenti. Per la terapia sino a qualche anno fa la soluzione migliore per l’iperplasia prostatica era la sterilizzazione (castrazione) del cane: asportando i testicoli cessa la produzione di testosterone e quindi la prostata regredisce. Oggi fortunatamente ci sono terapie mediche efficacissime e anche molto semplici da somministrare per cui senza chirurgia il nostro cane potrà riavere una prostata normale. Nel caso in cui all’iperplasia si associ anche una prostatite cronica il Veterinario imposterà una terapia corretta anche a base di antibiotici, eventuali antinfimmatori e integratori per curare entrambe le patologie… e il proprietario potrà dormire sonni tranquilli !“DVM, Diplomata ECAR, EBVS ® - European Veterinary Specialist in Animal Reproduction (Fisiologia e patologia della Riproduzione, Ginecologia e Andrologia del cane, del gatto e dei mammiferi non convenzionali, Neonatologia)”Dr.ssa Maria Carmela PisuAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Il mio amico ha le mucose pallide, devo preoccuparmi ?

Il mio amico ha le mucose pallide, devo preoccuparmi ?

Il colore delle mucose è determinato da diversi fattori fra cui la quantità di emoglobina ossidata nel sangue, la perfusione del tessuto e la presenza di pigmenti come la bilirubina, la mioglobina etc.In alcuni animali il colore delle mucose può essere pigmentato di nero e spesso ciò è caratteristico di alcune razze fra cui per esempio il Chow chow. Il termine "pallore" indica l’assenza patologica di colore in un tessuto ed è causato da due categorie di patologie: 1) anomalie che possono causare anemia (ovvero diminuzione del numero dei globuli rossi e dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi) 2) anomalie che possono causare riduzione della perfusione tissutale (fra le cui cause vi sono lo shock, il dolore, le patologie cardiache, il trauma, l'emoraggia). Spesso possono essere coinvolti entrambi i meccanismi.  Il pallore può essere notato sulle mucose facilmente esplorabili come quelle congiuntivali e quelle della bocca, ma in alcuni casi si può notare anche al livello nasale (per esempio nel gatto), sulle labbra, narici, cute oppure sulle mucose urogenitali. Nel caso si noti pallore delle mucose è fortemente consigliato far visitare tempestivamente il proprio animale da un veterinario che durante la visita clinica potrà anche valutare il polso e le sue caratteristiche, la frequenza e l’auscultazione cardiaca alla ricerca di soffi cardiaci oppure anomalie del ritmo. I test diagnostici di base per ogni animale che presenta pallore delle mucose sono l’esame emocromocitometrico, l’esame biochimico e l’analisi delle urine.In caso di pallore delle mucose dovuto ad anemia il veterinario potrà effettuare ulteriori esami alla ricerca della causa primaria che l'ha determinata, per esempio radiografie del torace, ecografia dell'addome, test ormonali, esame del midollo osseo, test di coagulazione.In caso di sospetto di anemia su base immunomediata si dovranno richiedere ulteriori esami specifici.Se invece si sospetti che il pallore delle mucose sia dovuto a cause cardiocircolatorie, il veterinario potrà richiedere un elettrocardiogramma, le radiografie del torace ed un esame ecocardiografico completo oltre alla misurazione della pressione sistemica.La terapia dipenderà prevalentemente dalla causa primaria del pallore.Nel caso di anemia, se il paziente è abbattuto, letargico, con polsi deboli e tachicardico può trarre beneficio da una trasfusione di sangue. In conclusione il pallore delle mucose è un sintomo che deve mettere in allarme e il proprietario, che è stato talmente attento da notarlo precocemente, deve portare il proprio amico animale da un veterinario, con urgenza. “DVM, CertSAM, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia (Gastroenterologia, Ematologia, Autoimmunità, Endocrinologia, Medicina Interna).”Dr.ssa Magda Georu Ferriani #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

I tumori delle ghiandole epatoidi del cane

I tumori delle ghiandole epatoidi del cane

Le Ghiandole Epatoidi sono ghiandole sebacee modificate (senza sbocco) presenti nel cane e non nel gatto che circondano tutto l’ano (da cui anche il nome di ghiandole circumanali o perianali).Il termine “epatoide” deriva dal fatto che le loro cellule assomigliano a quelle del fegato. Tali ghiandole non sono da confondere con i sacchi anali o seni paranali, presenti alle ore “4” e “8” della circonferenza anale. Ghiandole Epatoidi sono anche presenti sul dorso della coda (dove costituiscono la così detta “ghiandola della coda”) e non è raro poterla osservare come area rilevata e spesso senza pelo, nei cani maschi anziani. Inoltre tali Ghiandole possono essere presenti occasionalmente, sulla groppa e sulla cute del prepuzio. Gli ormoni sessuali maschili hanno un effetto proliferativo su tali ghiandole, quelli femminili, al contrario, un effetto inibitorio. In caso di tumore benigno delle ghiandole epatoidi, non è rara la coesistenza di un tumore testicolare, soprattutto interstizioma (dalle cellule del Leydig o ghiandola interstiziale del testicolo, più spesso a comportamento benigno). Quali sono i tumori più frequenti delle ghiandole epatoidi? Nel cane maschio intero (non castrato), è l’adenoma/epitelioma epatoide ad essere rilevato più frequentemente (fino all’ 85-90% dei casi). I cani colpiti sono più spesso di piccola taglia, ma tutti i cani maschi anziani interi ne possono essere colpiti. Questo tumore si può presentare in molti modi: come nodulo singolo o multiplo rilevato e localizzato in un qualsiasi punto della circonferenza anale o anche alla sua immediata periferia, ricoperto da cute o ulcerato (a quel punto sanguinante, e per questo il cane è condotto a visita), o anche come ispessimento generalizzato di tutta la circonferenza anale. Possono coesistere noduli anche in altre sedi (coda, prepuzio o groppa) e, come già accennato, può rilevarsi anche un tumore testicolare. Il cane non manifesta particolari segni clinici, se non lambimento della parte, specie se ulcerato.  All’esplorazione rettale non si evidenzia stenosi e l’animale non manifesta problemi particolari nel defecare. L’esame citologico da ago-aspirato consente di definire l’origine epatoide della lesione, mentre è più difficile la distinzione con un processo maligno ovvero l’adenocarcinoma epatoide. Quest’ultima è una neoplasia rara e solo raramente metastatica, che se localizzata intorno all’ano, provoca spesso stenosi anale, manifestata dal paziente con una più o meno grave difficoltà nel defecare. La diagnosi definitiva si effettua mediante biopsia ed esame istologico. Il trattamento chirurgico dell’adenoma/epitelioma, viene fatto precedere da esame radiografico del torace ed ecografico dell’addome e dei testicoli, e consiste nell’escissione “marginale” del/i nodulo/i e nella castrazione del soggetto. Vista l’ormodipendenza dei tumori benigni epatoidi, già la sola castrazione esita nella riduzione di almeno il 50% delle dimensioni dei noduli e, se ulcerati, nella risoluzione delle ulcere. In seguito all’asportazione chirurgica delle neoformazioni perianali delle Ghiandole Epatoidi, generalmente non si verifica incontinenza fecale in quanto, essendo le ghiandole epatoidi disseminate nel sottocute perianale e quindi in posizione esterna rispetto al muscolo sfintere esterno dell’ano, il muscolo stesso non è coinvolto nell’escissione. Dopo la chirurgia, noduli e testicoli devono essere sottoposti ad esame istologico. La ricomparsa di noduli in cani maschi castrati può essere interpretata come recidiva di un adenoma benigno (evento raro) o come sviluppo di malignità epatoide (adenocarcinoma, non più ormono-dipendente). L’adenoma/epitelioma epatoide può anche svilupparsi nelle femmine, in genere sterilizzate; in tal caso, l’origine degli ormoni è probabilmente surrenalica ed è opportuno indagare per eventuali patologie di queste ghiandole (ad es. sindrome di Cushing).   L’adenocarcinoma delle ghiandole epatoidi è invece una forma maligna che se diagnosticata nella regione perianale, richiede chirurgie più aggressive che possono esitare in incontinenza fecale, specie se più di metà dell’anello anale deve essere completamente rimosso. Le eventuali (ma rare) metastasi ai linfonodi regionali sono contestualmente rimosse. La sopravvivenza dei cani affetti da questa forma maligna può essere soddisfacente.“DVM, Prof. Ordinario Clinica Chirurgica Veterinaria, Diplomato ECVS, EBVS® - European Specialist in Small Animal Surgery - (Oncologia Clinica, Chirurgia Oncologica, Chirurgia dei Tessuti Molli)”Prof. Paolo BuraccoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

Morbo di Addison (Ipoadrenocorticismo) nel cane

Morbo di Addison (Ipoadrenocorticismo) nel cane

L’ipoadrenocorticismo o morbo di Addison è una sindrome conseguente ad una insufficiente produzione di ormoni glucocorticoidi e/o mineralcorticoidi da parte delle ghiandole surrenali. Queste due categorie di ormoni sono indispensabili per l’organismo. Le surrenali sono due piccole ghiandole poste in prossimità dei reni la cui importanza iniziò ad essere compresa solo verso la metà dell’800, quando il Dottor Thomas Addison descrisse, per la prima volta nell’uomo, una sindrome clinica associata ad una loro disfunzione (Addison, 1855). In suo onore a questa sindrome venne dato il nome di Morbo di Addison. La prima segnalazione di una forma di insufficienza surrenalica spontanea nel cane, quale entità clinica a sé stante, risale al 1953. Nell’uomo questa patologia ha una bassa incidenza (1 caso su 100.000 individui nei Paesi sviluppati, pari allo 0,001%); nel cane l’ipoadrenocorticismo è raro, ma la prevalenza si aggira  approssimativamente tra lo 0,06% e lo 0,28%. Un recente studio ha individuato una incidenza di 2,3 casi ogni 10000 soggetti.Fisiologia:Le ghiandole surrenali si compongono di una porzione più interna, detta midollare, che secerne catecolamine e di una porzione più esterna, detta corticale. Quest’ultima è a sua volta suddivisa, da un punto di vista istopatologico, in tre strati che procedendo dall’esterno verso l’interno sono: la zona glomerulosa responsabile della produzione di mineralcorticoidi (aldosterone), la zona fascicolata deputata alla sintesi di glucocorticoidi (cortisolo) e la zona reticolare nella quale vengono prodotti androgeni (Figura 2).La sintesi e secrezione di cortisolo, più importante esponente dei glucocorticoidi, è regolata dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene tramite i classici meccanismi di feedback positivo e negativo.I glucocorticoidi svolgono un ruolo di vitale importanza nel mantenere una normale omeostasi. Oltre a contrastare gli effetti dello stress, il cortisolo esalta gli effetti delle catecolamine sui vasi, mantiene una normale pressione sanguigna, stimola la gluconeogenesi epatica e il catabolismo di proteine e grassi, garantisce una corretta funzionalità e integrità della mucosa gastrointestinale.La carenza di questo ormone comporta quindi una maggiore sensibilità allo stress, l’incapacità di mantenere il tono vasale, l’integrità endoteliale e la conseguente ipotensione, ipoglicemia e debolezza muscolare, sintomi gastroenterici quali disoressia/anoressia, vomito e diarrea. La sintesi e secrezione di aldosterone, principale rappresentante dei mineralcorticoidi, è regolata dall’asse renina-angiotensina, dalla concentrazione plasmatica di potassio e, per una quota quasi trascurabile, dalla concentrazione di ACTH.Aumentando l’assorbimento di sodio (e indirettamente di acqua) e la secrezione di potassio e ioni idrogeno a livello renale e in altri siti meno rilevanti, l’aldosterone svolge un ruolo fondamentale nel garantire l’equilibrio salino dell’organismo e ne condiziona in parte anche il pH.Pertanto, una carenza di tale ormone comporta lo svilupparsi di alterazioni elettrolitiche (iponatremia, ipocloremia, iperkaliemia e acidosi metabolica). Le perdite idriche conseguenti alla mancata capacità di trattenere sodio e cloro comportano una riduzione del fluido extracellulare che, nel tempo, esitano inevitabilmente in una condizione di ipovolemia, ipotensione, riduzione della gittata cardiaca, riduzione della filtrazione glomerulare e iperazotemia prerenale. Classificazione: L’ipoadrenocorticismo o Morbo di Adddison si classifica in una forma primaria e una forma secondaria . L’ipoadrenocorticismo primario, più frequente (circa il 95% dei casi), è causato da una distruzione di entrambe le ghiandole surrenali conseguente, quasi sempre, ad un meccanismo autoimmune, e si rende clinicamente manifesta solo quando è interessato più del 90% della corteccia surrenalica.Altre possibili cause di distruzione della corteccia surrenalica, sebbene più insolite, sono alcune patologie granulomatose specifiche (quali l’istoplasmosi e la blastomicosi), l’amiloidosi, lesioni ischemiche da infarti emorragici locali (secondari a traumatismi a coagulopatie o a tossicosi da anticoagulanti cumarinici) o anche neoplasie metastatiche (carcinomi polmonari, mammari, prostatici, gastrici e pancreatici, o melanomi).L’ipocortisolismo primario può infine verificarsi anche per cause iatrogene conseguenti ad eccessiva somministrazione di farmaci, quali mitotane e trilostano, utilizzati per il trattamento dell’ipercortisolismo. Una predisposizione genetica-ereditaria all’ipoadrenocorticismo primario legata ad un gene autosomico recessivo è stata individuata in razze quali Barbone, cane d’acqua Portoghese, Nova Scotia Duck Tolling Retriever e Bearded Collie. Ad eccezione di queste razze, nella popolazione generale è stata individuata una predisposizione per il sesso femminile (circa del 70%) e una probabilità 3 volte maggiore per i soggetti sterilizzati (sia maschi che femmine) rispetto ai soggetti interi di contrarre la malattia.Sono interessati soprattutto soggetti giovani e di mezza età con una età mediana di 4 anni (da 4 mesi a 14 anni) (Peterson et al, 1996). L’ipoadrenocorticismo secondario, invece, è causato da una ridotta secrezione dell’ormone trofico specifico (ormone adrenocorticotropo o ACTH) da parte dell’ipofisi.Nel cane, come nell’uomo, questa condizione è  generalmente conseguente a processi neoplastici, meno comunemente a problemi infiammatori o traumatici.Il mancato stimolo da parte dell’ACTH determina l’atrofia della zona fascicolata e, conseguentemente, una carenza glucocorticoidea. Molto importante da un punto di vista clinico è l’insufficienza surrenalica secondaria iatrogena conseguente alla somministrazione di corticosteroidi. Tale fenomeno è di comune riscontro nel cane, anche se raramente comporta una sintomatologia clinica evidente.Il trattamento protratto con farmaci corticosteroidi inibisce l’asse ipotalamo-ipofisario e può quindi comportare atrofia surrenalica secondaria.La sensibilità individuale ai corticosteroidi è molto variabile: in alcuni individui l’atrofia della corticale si instaura dopo pochi giorni di somministrazione, in altri individui questo non accade. La soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisario-corticosurrenalico può persistere per settimane o mesi dopo la sospensione dei glucocorticoidi, a seconda della dose, della preparazione, della durata del trattamento e della sensibilità individuale. Solitamente l’insufficienza surrenalica iatrogena si verifica in seguito a terapie croniche; è stata documentata non solo con glucocorticoidi iniettabili od orali, ma anche con farmaci ad uso topico dermatologico, oftalmico ed auricolare. Pertanto, l’effettuazione di test di funzionalità surrenalica in soggetti sottoposti a terapie corticosteroidee deve essere posticipata da un minimo di 48 ore (nel caso di una singola somministrazione di prednisone o prednisolone) fino a 6-8 settimane dalla sospensione del farmaco (nel caso di forme deposito) per poter garantire una interpretazione corretta dei risultati . Come già detto, la carenza di ACTH che caratterizza la forma secondaria (anche quella iatrogena) determina l’atrofia della zona fascicolata ma non della zona glomerulosa, dal momento che l’attività secretoria di quest’ultima è condizionata solo in misura trascurabile dall’ACTH.Per questo motivo la forma secondaria è caratterizzata dalla sola carenza glucocorticoidea, mentre la forma primaria si associa generalmente a carenza sia glucocorticoidea che mineralcorticoidea.Tuttavia, oltre un 30% dei casi di ipoadrenocorticismo primario presenta, al momento della diagnosi, concentrazioni elettrolitiche normali; tali casi potrebbero essere confusi con forme secondarie. Questa condizione, più insidiosa da diagnosticare, è stata definita “atipica”.La discriminante in questo caso è rappresentata dalla concentrazione di ACTH endogeno che risulta bassa nel caso della forma secondaria, mentre è elevata nella forma primaria. Possibili ipotesi che giustifichino l’assenza di alterazioni elettrolitiche sono: un coinvolgimento più tardivo della zona glomerulosa, l’influenza di malattie concomitanti (es. ipotiroidismo) oppure altri fattori, diversi dall’aldosterone, implicati nel mantenere l’equilibrio elettrolitico.  Nel cane l’ipoadrenocorticismo è una patologia piuttosto rara, un recente studio del 2016 ha individuato una incidenza di 2,3 casi ogni 10000 soggetti. Una predisposizione genetica-ereditaria all’ipoadrenocorticismo primario legata ad un gene autosomico recessivo è stata individuata in razze quali Barbone, cane d’acqua Portoghese, Nova Scotia Duck Tolling Retriever e Bearded Collie. Ad eccezione di queste razze, per le quali non è stata dimostrata una predisposizione di sesso, nella popolazione generale è stata individuata una predisposizione per il sesso femminile (circa del 70%) e una probabilità 3 volte maggiore per i soggetti sterilizzati (sia maschi che femmine) rispetto ai soggetti interi di contrarre la malattia. Sono interessati soprattutto soggetti giovani e di mezza età con una età mediana di 4 anni (da 4 mesi a 14 anni).Sintomatologia:I segni clinici in corso di Ipoadrenocorticismo ipofisario o Morbo di Addison canino possono comparire in maniera acuta o stabilirsi in modo graduale, in quest’ultimo caso caratterizzati da un andamento “altalenante” (sintomi che “vanno e vengono”), e la cosiddetta crisi addisoniana è in genere scatenata da un evento stressante. I sintomi più frequentemente individuati dai proprietari di cani affetti da insufficienza surrenalica sono quelli secondari alla carenza glucocorticoidea: anoressia/disoressia, vomito, letargia/depressione, debolezza/astenia, dimagramento, diarrea e tremori; più raramente anche poliuria, polidipsia e dolore addominale. Quando è presente anche carenza mineralcorticoidea, i sintomi clinici tendono ad essere più gravi e caratterizzati da poliuria/polidipsia più intensa, grave disidratazione fino al collasso e shock ipovolemico. Meno comunemente si possono osservare crisi convulsive ipoglicemiche, crampi muscolari e sanguinamenti gastroenterici.   Preoccupazione dei proprietari Peterson e coll. (1996) Feldman e Nelson (2004) Anoressia 91,6% 88% Letargia 93,8% 85% Dimagramento 48% 82% Vomito 76,4% 68% Debolezza/astenia   51% Diarrea 41,3% 35% Sintomi “altalenanti” 43,1% 25% Tremori 27,1% 17% Poliuria/polidipsia 24% 17% Collasso   10% Addome dolente   8%   Come i sintomi, anche i reperti clinici sono estremamente vaghi e aspecifici, facilmente confondibili con patologie renali, gastrointestinali, neuromuscolari ed infettive (patologie tra l’altro molto più frequenti negli animali d’affezione rispetto al morbo di Addison). Le alterazioni che il veterinario potrà rilavare durante la visita clinica sono: condizioni generali scadenti, letargia, debolezza, grave disidratazione, dolore addominale, bradicardia, polso debole, ipotermia, ridotto tempo di riempimento capillare e altri segni di shock ipovolemico (la maggior parte dei pazienti presentano una bassa pressione sistolica). Sintomi Clinici alla visita Peterson e coll. (1996) Feldman e Nelson (2004) Letargia/depressione 86,2% 87% Dimagramento   82% Debolezza/astenia 76,4% 66% Disidratazione 46,2% 41% Collasso 34,7% 24% Polso debole 34,7% 22% Bradicardia   22% Prolungamento TRC 34,7%   Melena/ematochezia 15,1% 17% Ipotermia 33,8% 15% Addome dolente   7%   Diagnosi:Per giungere alla diagnosi di questa patologia piuttosto rara, il veterinario, a seconda della presentazione del paziente e della successiva visita clinica, potrà richiedere alcuni esami sia di laboratorio che strumentali (Emogramma, Profilo biochimico, Ecografia addominale, RX toracico , Elettrocardiogramma). Ciascuno di questi esami diagnostici potrà fornire importanti informazioni che aiutano ad individuare la patologia. Emocromocitometrico: Le alterazioni più comunemente riscontrate all’esame emocromocitometrico sono rappresentate da un lieve stato di anemia normocitica normocromica non rigenerativa e, decisamente più caratteristico, da un quadro di linfocitosi ed eosinofilia. Profilo biochimico: Per quanto riguarda le altre alterazioni al profilo biochimico, quelle senza dubbio più frequenti sono quelle relative alla funzionalità renale. L’incremento di urea e creatinina è dovuto solitamente ad una grave insufficienza “prerenale” conseguente allo stato di ipovolemia, ipotensione e ridotta perfusione renale.     Peterson e coll. (1996) Melian e Peterson (1996) Feldman e Nelson (2004) Ipercalcemia 30,7% 19,1% 29% Ipoglicemia 16,7% 35% 22,9% Ipoprotidemia 12,5% 23,8% 14% Ipoalbuminemia 6,3% 12,2% 18% Iperazotemia 88,4% 76,2% 88,5% Aumento della creatininemia 65,6% 59,5% 61% PS urinario

Canarini che passione !

Canarini che passione !

Il canarino (serinus canaria) è il più allevato tra gli uccelli da gabbia e da voliera. Il canarino selvatico è originario delle Isole Canarie, è di colore verde e non supera i 12 cm di lunghezza. I primi soggetti furono importati in Europa nel primo periodo del XV secolo e negli anni successivi, a causa della comparsa di mutazioni, sono state create differenti tipologie raggruppate nelle tre seguenti categorie. Canarini da canto: sono stati selezionati per riprodurre suoni e note ricercate. Appartengono a questa categoria la razza Malinois, la Harzer-Roller e il Timbrado Spagnolo. In queste razze la capacità al canto è, in parte, innata e migliorata attraverso la selezione e, in parte, appresa dai giovani imitando le melodie dei canarini più anziani (maestri cantori).  Canarini di colore: definiti anche sassoni, si distinguono per le bellissime varietà di colore, esistono soggetti a fondo chiaro detti lipocromici (colore rosso, giallo o bianco) e a fondo scuro, definiti melaninici per la presenza nella piuma di vari pigmenti che combinandosi tra di loro danno origine a differenti tonalità di colore. Ai canarini melaninici appartengono i canarini neri, i bruni, gli agata, gli isabella, i satinè, gli opale, i rubino e molte altre mutazioni di colore. I canarini a fattore rosso possono essere sia lipocromici che melaninici. Canarini di forma e posizione: possono essere a piumaggio liscio oppure a piumaggio arricciato, possono avere il ciuffo (in tal caso occorre fare accoppiare un canarino con il ciuffo con uno non ciuffato), avere una forma del corpo particolare, ad esempio Fife fancy e Border sono rotondi, mentre, Scotch Fancy e Japan Hoso sono sottili. Le dimensioni dei canarini sono variabili da 11,5 cm per la Razza Spagnola a 21 cm per il Lancashire e l’Arricciato Gigante Italiano. L’allevamento dei canarini ha lo scopo di riprodurre soggetti giovani per conservare il patrimonio genetico acquisito nei secoli di selezione, ma anche quello di ottenere nuove razze con caratteristiche differenti da quelle esistenti. Tra le nuove tipologie abbiamo: il Salentino, l’Arlecchino Portoghese, il Llarguet Spagolo, il Rogetto, il Benacus e il Girardillo.  Se si dovesse decidere di acquistare una coppia ci si deve indirizzare verso l’acquisto di canarini di una stessa razza per non ottenere dei canarini meticci. Le gabbie devono essere rettangolari, prive di altalene, giochi e specchi e devono essere funzionali in modo da permetterne il volo, a tal fine occorre disporre i posatoi ad altezze differenti distanziandoli dal tetto e dai lati.È preferibile scegliere posatoi con diametro diverso, in modo da permettere un buon esercizio delle zampe, due terzi del posatoio deve essere coperto dal piede e un terzo deve essere libero. È importante che la gabbia sia sistemata in un posto tranquillo, durante le ore notturne dovrebbe essere coperta con un panno per evitare che entri la luce. Gli accessori presenti all’interno devono essere di facile utilizzo e gli alimenti non devono contaminarsi con le deiezioni.Quando si sceglie il posto della casa dove posizionare la gabbia, è fondamentale tenere presente che questi uccellini sono molto sensibili al fumo dei camini, al fumo di sigaretta, ai deodoranti per ambienti e ai vapori prodotti dalle pentole antiaderenti. Il canarino è granivoro, quindi la dieta è costituita prevalentemente da miscele di semi. Il seme principale è la scagliola, che costituisce la base dell’alimentazione, alla quale si aggiungono altre tipologie di semi (niger, colza, ravizzone, lino, perilla, avena decorticata e canapa) in percentuale minore.  La dieta deve essere bilanciata e nutriente durante tutto l’anno, è sufficiente aggiungere un buon pastoncino integrato con uovo sodo, piselli decongelati, carota, broccoli.La dieta può essere completata con l’utilizzo di prodotti specifici contenenti sali minerali, vitamine, aminoacidi essenziali e fermenti lattici. È possibile aggiungere all’interno della gabbia un osso di seppia per permettere la limatura del becco e l’integrazione di calcio. I canarini a fattore rosso devono essere alimentati, esclusivamente durante il periodo della muta, con un pastoncino contenente dei coloranti (cantaxantina e beta carotene), in questo modo i pigmenti colorati saranno inglobati nella struttura delle penne in accrescimento e il canarino continuerà ad avere il suo colore di fondo rosso.  Negli ultimi anni sono disponibili in commercio degli alimenti estrusi, che si presentano in forma di piccole sfere oppure in polvere, in questi prodotti c’è tutto ciò di cui il canarino ha bisogno e sono molto pratici per i proprietari, che non devono preoccuparsi di bilanciare i diversi ingredienti. Inoltre, l’estruso ha un’ottima conservabilità. Il passaggio dai semi all’alimento estruso deve essere effettuato in modo graduale perché gli uccelli sono abitudinari e si adattano lentamente ai cambiamenti alimentari. Si consiglia di effettuare un paio di visite veterinarie durante l’anno. Il veterinario controllerà lo stato di nutrizione, la lunghezza del becco e delle unghie, la qualità del piumaggio, l’aspetto e la consistenza delle feci ed effettuerà l’esame coprologico (per valutare la presenza di parassiti) e i test di citologia fecale per studiare le popolazioni batteriche e micotiche. Qualora risultassero delle alterazioni è possibile continuare le indagini diagnostiche inviando al laboratorio dei campioni per effettuare dei test specifici.“DVM, GPCert medicina e chirurgia degli animali esotici, Responsabile settore Animali non Convenzionali Mylav La Vallonea”Dr. Gustavo PicciAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

La diarrea cronica nel cane e nel gatto

La diarrea cronica nel cane e nel gatto

La diarrea è uno dei motivi più comuni per portare cani e gatti dal veterinario.I problemi gastroenterici rappresentano uno dei principali motivi per i quali i proprietari di cani e gatti si rivolgono al medico veterinario per un consulto. In particolare, i disturbi cronici dell’apparato digerente costituiscono una patologia frustrante per diversi possessori di pet. Questi disturbi richiedono spesso un iter diagnostico e terapeutico di lunga durata, nel corso del quale la collaborazione e la comunicazione veterinario–proprietario risulta fondamentale per il raggiungimento di una diagnosi corretta e un trattamento soddisfacente.A differenza della diarrea acuta, che spesso è un problema autolimitante e non richiede un lavoro diagnostico approfondito (ma richiedono soprattutto una terapia di supporto che dipende dalla gravità della condizione e da eventuali complicanze sistemiche), la diarrea cronica rappresenta una sfida diagnostica molto maggiore data l’ampia varietà di diagnosi differenziali da prendere in considerazione. Considerato la molteplicità delle cause di enterite cronica è facile comprendere come tali problemi siano a volte difficili da trattare. Le patologie che coinvolgono l’apparato gastroenterico sono caratterizzate da segni clinici aspecifici (vomito, diarrea, perdita di peso, nausea, appetito altalenante), variabili nel tempo e possono essere sovrapponibili a quelli presenti in altre malattie.  Nella pratica quotidiana queste malattie possono avere un tipico decorso, caratterizzato da fasi altalenanti, durante le quali si manifestano i sintomi che tendono a regredire per periodi più o meno lunghi. Questo ciclo si ripete costantemente nel corso della vita con tendenza progressiva all’aggravamento.A causa di queste caratteristiche, si tende a volte a sottovalutare la patologia sottostante e questo può portare a conseguenza molto gravi.  La visita gastroenterologica è indicata ogni qual volta evidenziamo nei nostri animali segni clinici come variazioni nell’appetito, coprofagia, dimagrimento o incapacità a prendere peso, variazioni dell’appetito (aumentato, ridotto o capriccioso), vomito, rigurgito o anche frequente ingestione di erba, borborigmi, feci malformate se non addirittura diarroiche, associate o meno a presenza di muco e/o sangue.Un paziente può presentare diversi di questi sintomi e allo stesso tempo più patologie possono essere presenti nello stesso individuo.Nel cane e nel gatto, la diarrea cronica può avere molte cause.  È molto importante raccontare al veterinario (durante la raccolta dell'anamnesi) il maggior numero di informazioni sulla natura, frequenza,  gravità e sul momento della comparsa dei segni clinici.Un’anamnesi dietetica completa è di estrema importanza per il veterinario. L’obiettivo è determinare se la diarrea sia secondaria ad una malattia dell'intestino tenue o del crasso o interessi tutto il tratto intestinale o al contrario sia dovuta a patologie a carico di altri organi.  Differenziare le cause primarie di diarrea cronica da quelle secondarie. Il veterinario dovrà effettuare una serie di esami per l’esclusione di patologie infettive e parassitari, disturbi non gastroenterici, insufficienza pancreatica esocrina o anomalie che richiedono la chirurgia.Dopo aver escluso queste cause di diarrea, i gruppi di malattie intestinali associati alla diarrea cronica sono la malattia infiammatoria intestinale, l’enteropatia responsiva alla dieta, l’enteropatia responsiva agli antibiotici e la linfangiectasia. L’approccio a questo gruppo di pazienti è solitamente determinato dalla gravità dei segni clinici (diarrea grave e frequente, dimagrimento eccessivo, riduzione dell’appetito), e dalla presenza di ipoalbuminemia o vitamina B12.  Nei pazienti in cui si sospetti una di queste patologie causa di diarrea cronica, il veterinario potrà richiedere delle indagini aggiuntive come esami di laboratorio generali e specifici, esami strumentali come per esempio un esame ecografico ed endoscopico  ed un esame bioptico intestinale per definire la causa precisa e poter ottimizzare la terapia.  L’approccio terapeutico della diarrea cronica causata da una di queste patologie intestinali, dipenderà dalla gravità della malattia in base ai segni clinici e mirerà a correggere le carenze nutrizionali, a contrastare l’infiammazione e la disbiosi, ovvero lo squilibrio della popolazione batterica intestinale, che consiste in un aumento delle specie batteriche che favoriscono l’infiammazione ed in una diminuizione delle specie batteriche meno inclini a indurre infiammazione.Per concludere possiamo dire che le malattie intestinali croniche del cane e del gatto sono patologie complesse e rappresentano una sfida diagnositica e tarapeutica che potrà essere vinta solo se ci sarà una stretta collaborazione e complicità fra il proprietario di animale ed il veterinario curante. “DVM, PhD, Diploma Master Universitario II livello in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, consulente nutrizionale (Clinical Nutrition).".Dr. Giuseppe FebbraioAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}

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