La lipidosi rappresenta la più comune patologia epatica del gatto ed è caratterizzata da un eccessivo accumulo di trigliceridi nel fegato, con conseguente disfunzione dell’organo.I gatti sono particolarmente predisposti nell’accumulare trigliceridi a livello epatico e il sovrappeso e l’obesità rappresentano un importante fattore di rischio.Tenere sotto controllo il peso del proprio gatto e fornire un’alimentazione sana e equilibrata può prevenire la lipidosi epatica.La lipidosi può essere primaria, cioè insorgere spontaneamente, senza una precisa causa evidenziabile (forma idiopatica), o secondaria ad altre patologie che causano anoressia e repentina perdita di peso.Il digiuno secondario a varie condizioni, patologiche o non patologiche, come ad esempio il rifiuto di un nuovo alimento non appetibile, porta ad un aumento della mobilizzazione dei grassi di deposito e ad un aumento del lavoro metabolico del fegato.In condizioni di normalità, il fegato ha il compito di sintetizzare grassi, quali trigliceridi, colesterolo, lipoproteine e fosfolipidi e metabolizzare i grassi (acidi grassi) presenti nell’organismo (depositi corporei).In un fegato sano, la componente di grasso neutro rappresenta all’incirca il 5% della massa, mentre in corso di lipidosi, il fegato, a causa dell’accumulo di lipidi, può arrivare a raddoppiare o triplicare il proprio peso.L’accumulo lipidico si verifica nel momento in cui la sintesi o il deposito epatico diventano nettamente superiori rispetto alla capacità di utilizzo. I fattori che caratterizzano e predispongono questa condizione patologica sono molteplici: La sovra-nutrizione, in particolare di carboidrati, aumenta in generale l’accumulo lipidico. L’obesità è un fattore predisponente, importantissimo per lo sviluppo della lipidosi epatica. Nel gatto obeso disappetente, il massivo rilascio di acidi grassi dai tessuti di deposito, mette a dura prova la capacità epatica di utilizzo e smaltimento degli stessi. Per lo smaltimento e la dispersione dei lipidi risulta fondamentale la costituzione di very low densiy lipoproteins (VLDL). La compromissione della capacità epatica alla formazione di VLDL (che richiede una disponibilità energetica che è carente in corso di lipidosi) determina ulteriormente un notevole accumulo di trigliceridi. L’interazione degli acidi grassi con la L-carnitina risulta fondamentale per il trasporto degli acidi grassi all’interno dei mitocondri, affinché avvengano le beta ossidazioni (ossia le reazioni di utilizzo energetico dei lipidi). I gatti con lipidosi epatica vanno frequentemente in contro a carenza di carnitina. la carenza di vitamina B12 (cobalamina) è estremamente comune in corso di lipidosi. La lipidosi epatica risulta solitamente reversibile se curata adeguatamente, ma se non viene trattata, può risultare estremamente grave e a volte portare a morte l’animale. Non bisogna pertanto sottovalutare periodi prolungati di digiuno. Soprattutto se il gatto è in sovrappeso, e non si alimenta da qualche giorno, è opportuno consultare rapidamente il proprio veterinario curante. SINTOMI I sintomi che generalmente sono più rappresentativi in corso di lipidosi epatica sono il vomito, l’abbattimento, l’anoressia e la perdita di peso repentina. Un altro segno clinico molto importante e spesso presente, è l’ittero, ossia il colore giallo di cute e mucose. I gatti affetti da lipidosi epatica sono spesso molto deboli e possono anche manifestare ventroflessione del collo o decubito permanente. In alcuni casi si possono evidenziare segni di encefalopatia epatica, ossia una sintomatologia neurologica secondaria ad un’autointossicazione dell’organismo. A volte l’encefalopatia epatica si può manifestare con ipersalivazione. Foto 1: gatto con lipidosi epatica ed ittero. Si noti il colore giallastro delle mucose. Nella maggior parte dei gatti con lipidosi epatica è presente una patologia sottostante. Fra le problematiche concomitanti più comunemente associate a lipidosi si possono avere altre malattie epatiche (es. colangiti), pancreatiti, malattie gastrointestinali (caratterizzate da vomito e diarrea), tumori o diabete mellito. Se avete un gatto sovrappeso e doveste notare anche solo uno di questi sintomi, il consiglio è di farlo visitare subito da un veterinario che dopo una visita accurata ed una particolare attenzione alla storia clinica e all’insorgenza della sintomatologia, per fare la diagnosi e valutare la gravità della patologia, potrebbe dover eseguire alcuni esami di laboratorio e strumentali. Esami del sangue: esame emocromocitometrico completo, profilo biochimico generale: Generalmente si riscontra iperbilirubinemia, aumento degli enzimi epatici, in particolare aumento di alanina aminotransferasi (ALT), aspartato aminotransferasi (AST), fosfatasi alcalina sierica ( SAP). La gammaglutamyl transferasi (GGT) risulta spesso normale (a meno che non vi sia una concomitante colangite). Altre alterazioni comunemente riscontrate sono rappresentate da ipopotassemia, diminuzione della BUN, ipofosfatemia, a volte ipoalbuminemia e ipocalcemia (soprattutto nei casi con concomitante pancreatite). Test di coagulazione: Si può osservare un aumento dei tempi di coagulazione poiché il fegato è coinvolto nella sintesi di elementi che promuovono i processi coagulativi; in particolare, in corso di lipidosi epatica, è frequente la carenza di vitamina K, una vitamina fondamentale per l’attivazione dei fattori della coagulazione. Radiografie: All’esame radiografico si può osservare epatomegalia (aumento di volume del fegato). Ecografia: All’esame ecografico si può rivelare un fegato alterato (iperecogeno) e la presenza di patologie intercorrenti (ad esempio una concomitante pancreatite, colangite o neoplasia). Ago aspirato epatico: L’ago aspirato è una procedura poco invasiva che può dare informazioni utili sulla presenza di accumulo di grasso nelle cellule del fegato (epatociti) ed escludere eventuali patologie tumorali sottostanti. Biopsia epatica: La biopsia epatica è raccomandata nei gatti che non rispondono al trattamento iniziale o nel caso in cui le biopsie siano indicata anche per indagare altri organi alterati. Una volta fatta diagnosi è importante iniziare il prima possibile la terapia per la patologia sottostante e per il conseguente stato di lipidosi epatica. TERAPIA La lipidosi epatica è un processo spesso reversibile e negli ultimi anni la prognosi è notevolmente migliorata grazie all’utilizzo di un corretto supporto nutrizionale. Solitamente i gatti con lipidosi epatica e grave malessere necessitano inizialmente di terapie ospedaliere e quindi di essere ricoverati per ricevere le cure più appropriate. Infatti molto spesso i pazienti gravemente malati sono abbattuti ed anoressici e necessitano di fluidoterapia endovenosa, che permette di integrare i liquidi e gli elettroliti carenti, ed alimentazione assistita per la quale il veterinario potrebbe dover applicare un sondino nasoesofageo o esogfagostomico (Figura 2) che permette la somministrazione di un’alimentazione adeguata. L’alimentazione in quantità adeguata rappresenta infatti il principio terapeutico più importante e senza l’utilizzo di sondini spesso risulta molto difficile fornire quantità adeguate di alimento durante questa delicata condizione patologica. In casi meno gravi la fluidoterapia può essere effettuata per via sottocutanea e la gestione potrebbe essere di tipo ambulatoriale. Figura 2: gatto con lipidosi epatica che viene regolarmente alimentato con sondino esofagostomico Il veterinario potrà inoltre prescrivere ulteriori farmaci od integratori come per esempio antiemetici, complesso vitaminico B, cobalamina, vitamina K, L-carnitina ed antiossidanti. La prognosi della lipidosi epatica dipende molto dalla patologia sottostante e dalla tempestività di intervento terapeutico.In collaborazione con la Dr.ssa Elena Zanato “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
La diarrea cronica nel cane è un sintomo clinico frequentemente riscontrato nel cane, spesso frustrante per il proprietario, che deriva da una malattia primaria o secondaria dell’apparato digerente (enteropatia). Spesso la diarrea cronica nel cane si accompagna anche ad altri sintomi clinici quali dimagrimento, vomito, disappetenza, aumento dei borborigmi (rumori prodotti dall’attività gastrica e intestinale udibili dall’esterno) e flatulenze (eccessiva presenza di gas a livello dello stomaco e dell'intestino, con aumentata emissione degli stessi). Per diarrea cronica si intende un disturbo della defecazione caratterizzato da un’alterazione della consistenza, frequenza e quantità di emissione giornaliera delle feci. Può essere classificata in base alla durata, alla gravità, alla localizzazione nell’apparato digerente (piccolo o grosso intestino) o alla causa eziologica. Circa la durata, viene definita cronica quando persiste da almeno 3 settimane oppure risulta recidivante. Infatti anche il cane che presenta sintomi clinici occasionali, verosimilmente responsivi a terapia sintomatica, ma ciclici e ripetitivi durante l’anno, deve essere considerato come affetto da malattia cronica e in quanto tale essere sottoposto ad accertamenti specifici. La gravità della diarrea viene valutata con un esame clinico dell’animale, con la valutazione della consistenza delle feci e della loro frequenza di emissione ed anche con esami di laboratorio e di diagnostica per immagini. Per quanto riguarda la tipologia, la diarrea può derivare da una malattia del piccolo o del grosso intestino o di entrambi i distretti dell’apparato digerente. Quest’ultima eventualità è la più frequente, soprattutto in corso di diarrea cronica. L’intestino è suddiviso in due settori: il piccolo intestino, costituito da duodeno, digiuno e ileo, e il grosso intestino, formato da cieco, colon e retto. A seconda del distretto maggiormente interessato sono possibili diverse manifestazioni cliniche e caratteristiche della diarrea (Tab. 1). Quando sono coinvolti entrambi i distretti i segni clinici possono essere misti. Tab. 1 Caratteristiche diarrea del piccolo e grosso intestino Piccolo intestino Grosso Intestino Dimagrimento Vomito Melena Normale numero di defecazioni Assenza di urgenza alla defecazionePica Muco nelle feci Ematochezia Tenesmo (dolore durante la defecazione) Urgenza alla defecazione Vomito (occasionalmente) In corso di diarrea può essere presente sangue nelle feci. Questo può essere digerito in caso di affezioni di stomaco e piccolo intestino oppure vivo, in corso di ileo-colopatie. Nel primo caso le feci assumono un colore intensamente nero e si parla di melena, nel secondo il sangue presenta invece colore rutilante e si parla di ematochezia. E’ importante sottolineare che molti cani che mangiano proteine animali, spesso tramite dieta casalinga, hanno feci molto scure ma formate che non devono essere confuse con la melena. Alcuni cani con malattie del piccolo intestino presentano pica, ossia la tendenza all’ingestione continua di sostanze non nutritive (terra, sabbia, corpi estranei, etc). Inoltre molti cani con diarrea manifestano anche nausea (che possono manifestare con ingestione di erba, biascicamento, appetito capriccioso fino all’anoressia) e coliche addominali (addome teso, borborigmi e guaiti). La ricerca della causa eziologica della diarrea cronica nel cane è lo scopo del medico veterinario. La diarrea però è un sintomo aspecifico derivante da varie cause ovvero da malattie sia primarie che secondarie dell’apparato digerente (Tab. 2) e può necessitare quindi di approfondimenti diagnostici. Tab. 2 Cause di diarrea cronica nel cane Cause primarie Cause secondarie o extra-gastroenteriche Malattie infettive/parassitarie Enteropatia dieta responsiva Enteropatia antibiotico responsiva Enteropatia immuno-responsiva Neoplasie Malattie epatiche Malattie pancreatiche Malattie metaboliche Malattie sistemiche Approccio al paziente con diarrea cronica La valutazione del cane con diarrea cronica necessiterà della massima collaborazione fra il Veterinario ed il Proprietario dell’animale il quale dovrà riferire durante l’”anamnesi” tutte quelle informazioni che possono aiutare il medico veterinario a indirizzarsi verso una corretta diagnosi. L’iter diagnostico iniziale potrà prevedere esami di laboratorio e di diagnostica per immagini (radiografie dell’addome, ecografia addominale). In base al caso specifico, il Medico Veterinario, per quanto concerne gli esami di laboratorio potrà richiedere esami generali (emogramma, profilo biochimico, elettroforesi ed esame delle urine), che potranno poi essere ampliati con esami specifici per l’apparato gastroenterico, con lo scopo di diagnosticare un eventuale interessamento pancreatico (TLI e lipasi specifica) o un possibile malassorbimento (folati e vitamina B12) oppure la presenza di malattie endocrine come l’ipoadrenocorticismo (cortisolo). Naturalmente possono anche essere importanti esami coprologici (delle feci), per escludere la presenza di parassiti, ed anche esami di citologia fecale. La citologia fecale è utile per identificare la presenza di agenti infettivi come Giardia (Figura 1), Prototeca, alterazioni della flora intestinale (disbiosi), infiltrati infiammatori ed eventualmente neoplasie del colon-retto. Fig. 1 - Esempio di citologia fecale, si evidenziano 2 forme di Giardia (frecce) e numerosi batteri Il Medico Veterinario potrà anche ritenere necessari esami di biologia molecolare (come ad esempio la PCR) su feci, volti alla ricerca di specifici agenti infettivi. Fra gli esami strumentali il veterinario potrebbe richiedere esami radiografici ed ecografico dell’addome. La radiologia e l’ecografia possono essere esami complementari per individuare alcune patologie come corpi estranei, ostruzioni o neoformazioni, versamenti, ecc. ed in generale per valutare gli organi addominali. Una volta eseguite le procedure diagnostiche il Medico Veterinario potrà decidere di prescrivere una terapia o effettuare delle prove dietetiche “trial dietetico”. In alcuni casi il Veterinario potrebbe ritenere utile la somministrazione di probiotici come supporto al sistema digerente, variandone sia tipologia che frequenza di somministrazione sulla base della risposta clinica. E’ da sconsigliare ai proprietari di cani con diarrea cronica, l’uso “fai da te” di farmaci, senza che siano stati prescritti da un Veterinario, per esempio antibiotici o altri farmaci, che nel tempo potrebbero causare effetti peggiorativi per la patologia intestinale in atto (per esempio disbiosi). In alcuni casi, inoltre, il Medico Veterinario potrebbe richiedere un esame endoscopico, che permette la visualizzazione di alcuni tratti dell’apparato gastroenterico (stomaco, duodeno, colon) ed anche la raccolta di campioni bioptici per poter eseguire un esame istologico. In seguito alla diagnosi istologica il veterinario potrà decidere di sottoporre il paziente a terapie mediche con farmaci specifici. Bisogna comunque sottolineare che alcune patologie (enteropatie infiammatorie croniche idiopatiche) possono essere solo controllate e non completamente risolte (guarite) e che quindi il paziente affetto potrà manifestare delle recidive nel corso della sua vita. La diarrea cronica nel cane è quindi un sintomo riferibile a differenti patologie a volte difficilmente individuabili. E' quindi una sfida diagnostica che potrà avere un buon esito se ci sarà la massima collaborazione fra proprietario e veterinario. “DVM, Citologia apparato gastroenterico e respiratorio, Endoscopia, Malattie Respiratorie, Gastroenterologia".Dr. Enrico BotteroAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
La parvovirosi è una malattia infettiva altamente contagiosa, ad eziologia virale, che provoca una grave gastroenterite. Tale patologia, nei i cuccioli al di sotto dei 6 mesi di età, è spesso fatale. L’agente infettivo è il parvovirus canino (CPV) di tipo 2, da non confondere con il parvovirus canino di tipo 1 che è generalmente meno pericoloso e può dare forme gastroenteriche più lievi, miocarditi e polmoniti nei cuccioli di 1-3 settimane di età. L’infezione da parvovirus rappresenta probabilmente la più comune e grave causa di enterite del cane. Da quando nel 1978, il parvovirus canino venne identificato per la prima volta come agente eziologioco di enterite nel cane, tale patologia, a diffusione mondiale, ha assunto una notevole importanza in ambito veterinario. Il parvovirus canino ha delle caratteristiche che lo rendono particolarmente pericoloso: ha un ciclo oro-fecale, è quindi necessario che un cane infetto elimini il virus con le feci, che si disperda nell’ambiente e che un altro soggetto ne venga a contatto (Figura 1) è molto resistente nell’ambiente, bisogna quindi fare molta attenzione ad ambienti e materiali contaminanti (vestiti, oggetti, pelo del cane, pavimento) ha uno spiccato tropismo per le cellule in rapida replicazione, in particolar modo le cellule dell’intestino, quelle del midollo osseo e quelle del sistema linfatico è altamente contagioso Queste caratteristiche fanno sì che si possano facilmente innescare dei cicli endemici con alto tasso di mortalità all’interno di canili, pensioni per cani o negozi di animali. L’infezione può anche avvenire in utero durante una gravidanza o nei primi giorni di vita, il virus in tal caso può colpire le cellule cardiache (miociti) determinando una miocardite (infiammazione cardiaca) letale. Tale localizzazione, piuttosto comune alla fine degli anni 70’ e nei primi anni 80’, oggi è diventata estremamente rara; ciò è legato al fatto che praticamente tutte le cagne adulte sono vaccinate contro questo virus e possiedono quindi un certo grado di immunità nei confronti della malattia. I cuccioli, nelle prime settimane di vita, sono quindi protetti dall’immunità passiva materna; cioè è possibile poiché la madre, durante la gravidanza, passa ai cuccioli anticorpi contro il virus che permangono in circolo per circa 4 settimane dopo la nascita. Nelle settimane successive si verifica un calo degli anticorpi materni e i cuccioli diventano fortemente suscettibili all’infezione; inoltre, tale periodo di maggiore recettività coincide spesso con il momento della separazione dei cuccioli dalla madre, un fattore stressante che aumenta notevolmente il rischio di infezione. Per questo motivo, quando si adotta un cucciolo, è opportuno prestare molta attenzione a situazioni di possibile contagio (es. luoghi molto affollati con soggetti non vaccinati) e non bisogna mai sottovalutare la comparsa di sintomi quali anoressia, vomito e diarrea. Una volta avvenuto il contatto tra virus e cane si ha un periodo di incubazione che va dai 4 ai 14 giorni, dopo di che inizia la fase sintomatica. I sintomi possono essere molto diversi e dipendono dal grado di pericolosità della malattia (virulenza del virus), quantità di virus con cui il soggetto è venuto a contatto, difese immunitarie ed età del cane contagiato (più giovane è il cucciolo più pericoloso è la malattia).Figura 1: ciclo del parvovirus e strategie terapeutiche Sintomatologia I sintomi più comuni sono: anoressia febbre abbattimento del sensorio grave disidratazione vomito copioso che fatica a rispondere ai farmaci antiemetici grave diarrea liquida ed emorragica (l’aspetto delle feci viene anche definito a “marmellata di ciliegie”) I danni midollari causati dal virus portano a diminuzione dei globuli bianchi (neutropenia) che può predisporre a gravi infezioni batteriche secondarie. A livello intestinale il virus replica negli enterociti causando ulcerazioni molto gravi. Diagnosi I sintomi e la storia clinica (cucciolo non vaccinato che è stato a contatto con altri cani) fanno sospettare al veterinario questa malattia. Al fine di ottenere la conferma diagnostica il veterinario deve eseguire dei test specifici. Gli esami che vengono effettuati dal medico veterinario sono solitamente: esame emocromocitometrico esame biochimico completo emogasanalisi (eventuale) test per la ricerca del virus nelle feci (test ELISA o PCR) test sierologico per la ricerca di anticorpi nel sangue (eventuali) Terapia Confermata la diagnosi è importante iniziare tempestivamente la terapia ed è spesso necessario ospedalizzare i cani affetti da parvovirosi. Viene instaurata una fluidoterapia endovenosa continua, mirata a ristabilire l’idratazione e ripristinare gli elettroliti, ad esempio sodio e potassio, che sono stati persi con il vomito e con la diarrea. Spesso i cuccioli con parvovirosi sviluppano ipoglicemia e in tali casi la fluiditerapia viene integrata con soluzioni contenenti glucosio. Alla terapia fluida vengono solitamente associate altre terapie quali antibiotici, antiemetici, antiacidi, antidolorifici e albumine, cioè proteine che spesso vengono perse a causa dell’importante diarrea. Nei casi più gravi si deve ricorrere a trasfusioni di sangue. Poiché l’assunzione di alimento può peggiorare il problema vomito, in questi casi è consigliata la sospensione dell’alimentazione per bocca per passare eventualmente ad una nutrizione attraverso dei sondini per la nutrizione parenterale. Vista la contagiosità della malattia (potrebbe mettere in pericolo altri cani non vaccinati) e le cure necessarie, è evidente che si debba ricorrere all’ospedalizzazione in apposite strutture veterinarie che dispongano di reparti dedicati ad animali colpiti da malattie infettive (reparto infettivi). Generalmente il periodo di ricovero è di circa 7 – 10 giorni, ma per animali con sintomi lievi possono essere sufficienti 2-3 giorni. Un ottimo segno di ripresa è quando il cane ricomincia ad alimentarsi da solo senza vomitare. Vaccino e Prevenzione La parvovirosi può essere prevenuta con il vaccino. La prima somministrazione nei cuccioli può essere effettuata a 6-8 settimane di età e successivamente sono necessari dei richiami. Il vaccino viene ripetuto poi in età adulta. In generale esistono vaccini “core” ossia fortemente raccomandati, e vaccini “non core”, consigliati e che vengono generalmente somministrati in base allo stile di vita e all’ambiente in cui il cane vive. Quello per il parvovirus è un vaccino “core”, è quindi fortemente raccomandato per tutti i soggetti. È molto importante che i cani vengano vaccinati, sia per proteggere loro stessi sia per prevenire le infezioni di altri cuccioli. E’ importante adottare dei comportamenti adeguati quando si adotta un cucciolo;. In particolare va evitato il contatto tra cani non vaccinati, evitando le situazioni di maggiore affollamento e possibilmente, prima del completamento delle vaccinazioni, vanno evitati i parchetti frequentati da altri cani. In ambienti quali canili, rifugi, allevamenti, negozi di animali è necessario adottare misure preventive e nel caso in cui si individui un soggetto infetto, vanno adottate misure adeguate di disinfezione dell’ambiente per evitare la rapida diffusione del virus. Con la collaborazione della Dr.ssa Elena Zanato “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
Il vomito e’ un segno clinico frequentemente riscontrato nei piccoli animali.La parola vomito deriva dal latino vomitus e dal greco “emetos, emesi” e riguarda l’atto di rigettare dalla bocca materiale contenuto nello stomaco.Il vomito e’ un meccanismo protettivo attuato dall’organismo per rimuovere tossine e altre sostanze pericolose che sono state ingerite direttamente o assorbite per via ematica.Le conseguenze del vomito sono disidratazione, perdita di elettroliti, alterazioni nell’emogas e polmonite ab ingestis (causata dall'aspirazione del vomito stesso). Le cause del vomito possono essere molteplici, da quelle molto semplici a quelle più complesse come: Cause alimentari Parassiti Medicinali Disordini endocrini /metabolici Tossine Patologie addominali Patologie Gastriche Patologie intestinali Diagnosi Gli esami di laboratorio che spesso si eseguono, in base ai vari casi, sono l’esame emocromocitometrico , il profilo biochimico (inclusi gli elettroliti), l’analisi completa delle urine, e un esame coprologico (incluso l’esame della Giardia). Questi esami possono essere considerati essenziali. Radiografie ed ecografia addominale dovrebbero essere eseguite se si sospetta un corpo estraneo oppure altre patologie addominali più gravi come pancreatite, peritonite, neoplasie, etc. La decisione del medico veterinario di eseguire dei test più sofisticati e specifici per determinate malattie potrà essere presa in considerazione dopo la valutazione dei risultati ottenuti dagli esami precedenti (per esempio potrebbe eseguire il test della stimolazione dell’ACTH nel caso di sospetto di morbo di Addison, T4 nel caso di sospetto ipertiroidismo, etc.) e/o dopo risposta ad una terapia prescritta (per esempio endoscopia e biopsie nel caso di sospetto di IBD, neoplasia etc). La laparotomia (opzione chirurgica) dovrebbe essere eseguita nel caso di corpi estranei, neoplasia, intussuscezione etc.Nel corso di laparotomia/laparoscopia esplorativa, il veterinario potrebbe eseguire biopsie da tutti gli organi addominali (stomaco, intestino piccolo, pancreas, fegato, linfonodi) e successivamente analizzarle.Terapia Il trattamento del vomito consiste nell’eliminazione di eventuali cause scatenanti e terapia di supporto come fluidoterapia ed antiemetici.Esistono diverse categorie di antiemetici che il veterinario può prescrivere e comprendono gli anti H2 (e.g ranitidina e famotidina), inibitori della pompa protonica (e.g. omeoprazolo, lansoprazolo), medicine citoprotetive (e.g. sucralfato), procinetici (e.g. ranitidina, metoclopramide, cisapride, eritromicina, etc), analoghi della prostaglandina (e.g. misoprostolo), antiemetici (e.g. metoclopramide, ondasendron, dolasedron, maropitant, clorpromazina).Poichè il vomito è un sintomo che può comparire anche in caso di patologie gravi ed a volte a risoluzione chirurgica, è bene che il paziente sia condotto a visita dal veterinario il più presto possibile ed è assolutamente necessario che la terapia sia decisa dal veterinario dopo aver visitato il paziente ed aver eseguito le procedure diagnostiche che ritiene necessarie.E' assolutamente sconsigliabile il fai da te "per vedere se passa" ! “DVM, CertSAM, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia (Gastroenterologia, Ematologia, Autoimmunità, Endocrinologia, Medicina Interna).”Dr.ssa Magda Georu Ferriani #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
Che cos’è l’epatite cronica del cane? L’epatite cronica del cane è una malattia di natura infiammatoria e degenerativa a carico del fegato caratterizzata da una insorgenza lenta e da un andamento cronico e progressivo. Quando si parla di epatite cronica una distinzione fondamentale va fatta tra l’epatite cronica primaria, di cui parleremo in questo articolo, e quella secondaria. Nell’epatite cronica primaria il meccanismo patologico origina nel fegato e lo coinvolge direttamente causando delle alterazioni significative. Nell’epatite cronica secondaria invece, il processo patologico scatenante origina al di fuori del fegato (ad esempio nell’intestino, nel pancreas o nel cavo orale) con coinvolgimento solo susseguente del fegato e con comparsa di alterazioni lievi e poco significative. Questa forma viene chiamata anche epatite cronica reattiva a significare la reazione del fegato a un processo patologico insorto altrove. La prevalenza dell’epatite cronica primaria del cane è largamente sconosciuta. Tuttavia, si sospetta che la malattia sia sotto-diagnosticata per la scarsa propensione a eseguire biopsie del fegato necessarie al raggiungimento della diagnosi e per via della sua subdola insorgenza e lenta progressione che la rendono difficilmente sospettabile. Cosa causa l’epatite cronica nel cane? La vera causa dell’epatite cronica primaria del cane è in buona parte sconosciuta ma si sospetta che la malattia sia dovuta a una aberrante attivazione del sistema immunitario del cane nei confronti di componenti cellulari del fegato con successivo instaurarsi di un processo infiammatorio auto-propagante che a sua volta porta all’instaurarsi di danni strutturali irreversibili (malattia su base immunomediata). Diverse cause potenziali in grado di causare questa disfunzione del sistema immunitario sono state considerate dai ricercatori. Tra le più studiate si annoverano: - Malattie infettive - Malattie metaboliche - Farmaci e tossine ambientali Nonostante diversi studi, l’associazione tra queste cause e l’epatite cronica primaria del cane non è stata dimostrata in maniera convincente e la vera causa della malattia rimane elusiva. In alternativa alla disfunzione del sistema immunitario, un’altra causa di epatite cronica primaria del cane è rappresentata dall’accumulo eccessivo di rame all’interno del fegato (epatite cronica rame associata). In condizioni naturali il rame assunto con la dieta viene assorbito a livello intestinale e arriva al fegato dove viene utilizzato per catalizzare reazioni cellulari essenziali, viene immagazzinato come riserva e la quantità in eccesso viene eliminata attraverso le vie biliari e quindi attraverso l’intestino. In alcuni casi a causa di un difettoso meccanismo di trasporto e/o escrezione del rame, questo metallo pesante si accumula in maniera eccessiva nel fegato dove causa un grave e progressivo danno ossidativo con morte (apoptosi) delle cellule epatiche e una risposta infiammatoria secondaria massiccia.In questo caso è l’accumulo di rame a scatenare il processo infiammatorio (accumulo di rame primario). E’ tuttavia possibile che in alcuni casi di epatite cronica su base immunomediata, l’accumulo di rame avvenga secondariamente alla perdita di funzione delle cellule del fegato causata dal processo infiammatorio (accumulo di rame secondario). La distinzione tra queste due forme di accumulo di rame sarà fondamentale ai fini della scelta della terapia più adeguata e potrà avvenire solo mediante la misurazione effettiva della quantità di rame presente nella biopsia epatica. Quali razze di cane sono a maggior rischio di sviluppare l’epatite cronica? Premesso che l’epatite cronica (sia la forma immunomediata che quella rame-associata) può colpire cani di qualsiasi razza, sesso ed età, diversi studi scientifici hanno evidenziato delle predisposizioni di razza per entrambe le forme di epatite cronica del cane. Le razze maggiormente a rischio includono (lista non esaustiva): Dalmata (forma rame-associata) Labrador Retriever (forma immunomediata e forma rame-associata) Doberman Pinscher (forma immunomediata e forma rame-associata) West Highland White Terrier (forma rame-associata) Bedlington Terrier (forma rame-associata su base genetica) English e American Cocker Spaniel (forma immunomediata) English Springer Spaniel (forma immunomediata) L’età media dei cani con epatite cronica è intorno ai 7 anni tuttavia la malattia può colpire anche cani più giovani o anziani. Alcuni studi hanno inoltre riscontrato una maggior rischio di sviluppare la malattia per i cani di sesso femminile soprattutto per le razze Labrador Retriever, Doberman, Dalmata e English Springer Spaniel. Altri studi invece hanno riscontrato un rischio maggiore nei maschi di razza American e English Cocker Spaniel. Come si può sospettare clinicamente l’epatite cronica in un cane? Per via della grossa riserva funzionale del fegato e per via della natura insidiosa della malattia, l’epatite cronica può svilupparsi senza mostrare alcun sintomo clinico se non quando il problema è già avanzato.E’ importante quindi sospettare la malattia nei cani di razze a rischio anche in presenza di sintomi clinici aspecifici o lievi. I sintomi clinici più frequentemente notati dai proprietari di cani con epatite cronica sono i seguenti (tra parentesi è riportata la relativa percentuale di frequenza): Riduzione dell’appetito 61% Letargia/depressione 56% Colorazione giallastra di occhi, mucose orali e cute 34% Distensione addominale da liquido 32% Aumento della sete e dell’urinazione (polidipsia/poliuria) 30% Vomito 24% Diarrea 20% Sintomi neurologici (encefalopatia epatica) 7% Come già accennato, l’epatite cronica primaria del cane ha una fase sub-clinica o pre-clinica molto lunga durante la quale i sintomi clinici sono assenti o lievi, il che complica la diagnosi e la terapia tempestiva della malattia prima che si sviluppino gravi alterazioni (alcune irreversibili) del fegato. Fortunatamente, un aiuto dal punto di vista diagnostico ci viene fornito dagli esami di laboratorio, in particolare dal profilo biochimico. Come posso sospettare l’epatite cronica del cane con gli esami di laboratorio? Le indagini di laboratorio sono utili per avanzare un sospetto di epatite cronica (soprattutto le forme avanzate) ma non sono utili ad escludere la presenza della malattia perché possono risultare nella norma nonostante la malattia (seppur in forma lieve sia già presente). L’esame di laboratorio più utile per avanzare il sospetto di epatite cronica è il profilo biochimico. In particolare, l‘aumento significativo (> 2 volte il range superiore di laboratorio) e persistente (di durata > 2 mesi) dell’enzima ALT è fortemente indicativo di un danno significativo alle cellule epatiche e, se sono state escluse cause extra-epatiche dell’alterazione, renderebbe necessaria l’esecuzione di una biopsia epatica per escludere la presenza di epatite cronica. Altre alterazioni del profilo biochimico riportate in corso di epatite cronica del cane includono un aumento (inferiore in proporzione a quello della ALT) di altri enzimi del fegato come la ALP, la GGT e la AST, l’aumento della bilirubina (iperbilirubinemia) o, nei casi avanzati con insufficienza epatica, la diminuzione del glucosio (ipoglicemia), del colesterolo (ipocolesterolemia), delle albumine (ipoalbuminemia) e della BUN. Talvolta, soprattutto negli stadi terminali della malattia (cirrosi), gli enzimi epatici possono risultare nella norma o al di sotto dei range di riferimento per la perdita di massa vitale del fegato. L’ecografia addominale è utile per sospettare l’epatite cronica del cane? L’esame ecografico è generalmente molto utile per la valutazione d’insieme del fegato (della sua forma, dimensione e ecostruttura), delle vie biliari e delle strutture vascolari associate al fegato. Purtroppo la sua utilità nella diagnosi dell’epatite cronica è relativamente bassa in quanto in buona parte dei casi il fegato può apparire ecograficamente normale nonostante la presenza di gravi alterazioni del profilo biochimico. Si parla quindi di una bassa sensibilità dell’ecografia per la diagnosi di epatite cronica ovvero non si può escludere la malattia sulla base di un esame ecografico nella norma.In casi avanzati di epatite cronica il fegato potrebbe apparire ridotto di dimensioni (microepatica) con architettura gravemente distorta e si potrebbe riscontrare la presenza di liquido libero in addome (ascite) o la proliferazione di piccoli vasi sanguigni (shunt portosistemici acquisiti).Ecografia addominale di un cane con epatite cronica di stadio avanzato. Il fegato (F) appare gravemente ridotto di dimensioni, con perdita della normale apparenza ecografica e comparsa di una struttura diffusamente disomogenea. Cosa serve per confermare la diagnosi di epatite cronica del cane? Per confermare la diagnosi di epatite cronica sarà obbligatoria l’esecuzione di una biopsia epatica e la successiva richiesta dell’esame istologico che dovrà essere interpretato da un patologo esperto di malattie del fegato. Unitamente all’esame istologico della biopsia epatica è consigliato eseguire sempre un esame colturale della bile e delle colorazioni speciali per valutare l’accumulo di rame o pigmenti all’interno delle cellule del fegato. Quali sono i criteri istologici per la diagnosi di epatite cronica del cane? I criteri istologici tipici dell’epatite cronica includono la presenza di un infiltrato infiammatorio di tipo mononucleare (rappresentato da linfociti, plasmacellule e macrofagi) o misto (con presenza anche di cellule multinucleate) a distribuzione variabile nel contesto lobulo epatico (l’unità anatomica e funzionale del fegato), in associazione a morte degli epatociti (necrosi e apoptosi).In casi avanzati ci sarà presenza di fibrosi più o meno grave con la proliferazione dei piccoli dotti biliari e la formazione di isolotti di tessuto epatico circondato da fasci di collagene (rigenerazione nodulare).Nei casi molto avanzati la normale architettura del fegato sarà distorta e si parlerà di cirrosi epatica, che rappresenta lo stadio finale della malattia associato a una prognosi infausta. Al fine di escludere la presenza di un accumulo eccessivo di rame come causa della epatite cronica sarà necessario eseguire una colorazione speciale sul tessuto epatico (con rodanina) che permetterà di notare la presenza e la distribuzione di rame nel campione bioptico e in ultima analisi la quantificazione del rame (espressa in mg/kg di sostanza secca) sul tessuto.In caso di una concentrazione di rame > 700 mg/kg ma < 1500 mg/kg si tratterà di un accumulo di rame secondario alla infiammazione (epatite cronica immunomediata).Nel caso invece di una quantità > 1500 mg/kg si tratterà di un accumulo primario di rame con infiammazione secondaria (epatite cronica rame-associata).Immagine istologica di una biopsia epatica sottoposta a colorazione con rodanina. Si apprezza una area del lobulo epatico con (*) con intensa colorazione rossastra indicativa di accumulo eccessivo di rame e di epatite cronica rame-associata. Quale terapia per l’Epatite Cronica nel cane? Il veterinario, in aggiunta alla terapia sintomatica (basata sul controllo dei sintomi e delle complicazioni derivate dalla malattia), opterà per la terapia dell’epatite cronica del cane appropriata in base al tipo di patologia: immunomediata o rame-associata. Nel caso della epatite cronica Immunomediata la terapia si basa sull’utilizzo di farmaci immunosoppressori in aggiunta a farmaci di supporto come antiossidanti, dieta con bassissima quantità di rame e proteine di alto valore biologico. Solitamente la terapia sarà necessaria per almeno 12 mesi con tentativi di ridurre il dosaggio del farmaco in base alla risposta clinica e al miglioramento della concentrazione ematica di ALT. Tuttavia in alcuni casi il cane andrà trattato indefinitamente. Nella epatite cronica rame-associata: bisognerà utilizzare farmaci cosiddetti “chelanti del rame” (come la D-penicillamina) che agiscono riducendo l’assorbimento intestinale del rame e favorendo l’eliminazione del rame accumulato a livello epatico, in aggiunta a farmaci antiossidanti e dieta a basso contenuto di rame. Solitamente saranno necessari 6-9 mesi di terapia per riuscire a ridurre in maniera efficace la quantità di rame accumulata in eccesso nel fegato. Per monitorare la risposta alla terapia sarebbe ideale ripetere la biopsia epatica e quantificazione del rame, ma spesso si preferisce monitorare i sintomi clinici e l’andamento della concentrazione ematica della ALT come indici indiretti di remissione. Qual è la prognosi dell’epatite cronica del cane? La prognosi nella epatite cronica del cane dipenderà dallo stadio della malattia e dalla tempestività della diagnosi e dell’inizio della terapia. Tra i fattori prognostici negativi ci sono: Riscontro di iperbilirubinemia al profilo biochimico La presenza di ascite all’esame ecografico (associata a fibrosi e ipertensione portale) Gravità ed estensione della fibrosi all’esame istologico “Med. Vet., Diplomato ACVIM, Diplomato ECVIM-CA, MRCVS, EBVS® - Specialist in Small Animal Internal Medicine”Dr. Fabio ProcoliAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
Il cane o il gatto possono avere una eccessiva lacrimazione degli occhi, che rappresenta un fastidioso problema, di solito estetico, spesso non completamente risolvibile. Esistono molti “falsi miti” sulle cause della lacrimazione (alimentazione, allergie, ostruzione delle vie lacrimali) che, in qualche modo, vanno sfatati; con questo breve articolo cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e suggerire qualche possibile soluzione.In tutto il mondo stanno diventando sempre più popolari cani appartenenti a razze toy, quali Maltesi, Barboncini, Bichon, Shih-tzu e Chihuahua, perché, oltre che essere facilmente gestibili per la piccola taglia, sono anche dolci e affettuosi (con qualche rara eccezione!). Spesso però questi cani possono presentare una lacrimazione eccessiva (detta epifora), che spinge il proprietario a rivolgersi al veterinario, all’allevatore o al negoziante nel tentativo di trovare un rimedio. Lo stesso può accadere per alcune razze feline.In questi animali le lacrime non vengono drenate completamente attraverso le naturali vie dell’apparato escretore (dette vie lacrimali) con la conseguente fuoriuscita delle stesse dalla rima palpebrale.Per questo motivo il pelo intorno agli occhi rimane costantemente bagnato, esitando in una “poco cosmetica” colorazione marrone a volte maleodorante ed evidente soprattutto negli esemplari a mantello più chiaro. Il colore rossiccio è in parte ricollegabile all'ossidazione di composti ferrosi normalmente contenuti nelle lacrime, ma non è sangue come molti proprietari erroneamente pensano!Ad eccezione dei soggetti in cui la lacrimazione è legata a “vere” patologie oculari (ulcere corneali, cheratiti, uveiti, glaucomi) la maggior parte delle epifore croniche, soprattutto in soggetti giovani, sono dovute a diversi fattori legati soprattutto alla conformazione e posizione dei bulbi oculari e delle palpebre. Nelle razze con occhi “molto grandi” (brachicefaliche), come Shih-Tzu, Carlini, Bulldog, e nei gatti Persiani o Exotic, uno dei motivi principali dell’evidente e costante lacrimazione è legato alla loro particolare anatomia oculare: l’orbita risulta più piatta e di conseguenza gli occhi, spinti in avanti verso la rima palpebrale, impediscono alle lacrime di trovare lo spazio (lago lacrimale) per scorrere e defluire nei punti lacrimali, causandone quindi la fuoriuscita all’esterno. Sempre in questi animali possono essere presenti dei peli sovrannumerari che nascono in punti “anomali”, per esempio sul bordo delle palpebre (distichie) o all'interno di esse (ciglia ectopiche), oppure nell’angolo mediale dell’occhio, formando a volte dei veri e propri “ciuffi” (trichiasi caruncolare mediale). La costante irritazione dell'occhio da parte di questi peli, e l'eccessiva esposizione del bulbo oculare, che non viene correttamente protetto e umettato per l’incompleta chiusura delle palpebre (lagoftalmo), rappresenta uno dei fattori principali responsabili della lacrimazione.Una ulteriore comune aggravante è legata alla forma e posizionamento della fessura palpebrale che tende ad essere eccessivamente lunga (macroblefaro) e spesso mal conformata in corrispondenza dell’angolo interno (entropion mediale). Infine in molte delle razze canine di piccola taglia (es. Chihuahua e Pinscher) può essere presente anche un’alterazione della qualità delle lacrime (dislacrimia) dovuta ad infiammazioni ricorrenti delle palpebre (blefariti) e conseguente danno delle ghiandole e delle cellule responsabili della produzione delle componenti lipidica e mucinica del film lacrimale, con peggioramento della lacrimazione. Il recente impiego di strumentario per la valutazione della meibografia e della osmolarità, con l’analisi dei deficit qualitativi e della superficie oculare, ha dato un nuovo spunto al trattamento e monitoraggio di questi casi.Anche le patologie della bocca e dei denti possono contribuire ad accrescere la lacrimazione poiché l’accumulo di placca e tartaro provoca una risalita di batteri dal cavo orale alla congiuntiva aumentando l’infiammazione e l’epifora stessa. Per quanto detto quindi l’epifora del cane e del gatto è un problema “multifattoriale” difficilmente controllabile in maniera definitiva dato che bisognerebbe agire contemporaneamente sulle numerose cause. Il modo migliore di procedere è quello di far visitare il proprio pet da un veterinario esperto che dopo la visita oculistica potrà consigliare terapie mediche con antibiotici e antinfiammatori e alcuni selezionati sostituti lacrimali, con lo scopo di ridurre in parte la colorazione bruna delle secrezioni.Nei soggetti con alterazioni palpebrali importanti è possibile intervenire chirurgicamente asportando i peli mediali e riducendo la lunghezza delle palpebre con l’ausilio di blefaroplastiche particolari (es. cantoplastica mediale). Questa chirurgia viene spesso consigliata anche in Carlini o Shih-Tzu come prevenzione per ridurre lo sviluppo di patologie corneali quali cheratite pigmentosa e ulcere ricorrenti, responsabili di possibili deficit visivi permanenti. La procedura contribuisce ad alleviare l'irritazione cronica, riduce la lacrimazione e migliora anche l'aspetto estetico. L’oculista veterinario potrà anche consigliare trattamenti aggiuntivi per aumentare il deflusso delle vie lacrimali (per es. allargamento dei punti lacrimali). Un discorso a parte deve essere fatto per il gatto dove la lacrimazione più evidente è spesso secondaria ad infezione cronica da Herpes virus (FHV1). Generalmente nel gatto adulto l’epifora si manifesta prevalentemente a carico di un solo occhio associata o meno ad altri segni di malattia (congiuntiviti, cheratiti, ulcere). In questo caso bisogna trattare l'animale con farmaci antibiotici e antivirali appropriati, ma va purtroppo evidenziato che l'herpes rappresenta una patologia cronica non sempre controllabile, la cui sintomatologia dipende anche molto dalla riposta individuale del sistema immunitario del soggetto colpito. Un consiglio pratico che possiamo in generale suggerire ai proprietari per migliorare l’effetto delle terapie è quello di pulire quotidianamente la zona perioculare con delle salviettine umidificate o prodotti dedicati, associato al mantenimento di una adeguata toelettatura dell’area interessata. In questo modo si eviterà che le secrezioni si secchino e si appiccichino al pelo troppo lungo, aumentando così le infezioni e il cattivo odore. Per concludere possiamo affermare che la lacrimazione cronica del cane e del gatto è una condizione patologica legata a numerose varianti, non sempre completamente gestibili. Gli integratori, le diete, i prodotti “sbiancanti” e i rimedi naturali, possono essere di aiuto, ma per ogni singolo caso è necessaria una valutazione medica accurata e specialistica. Deve essere comunque di conforto sottolineare che questa lacrimazione eccessiva in molti soggetti non comporta dolore o fastidio ma rappresenta per lo più un problema cosmetico. Rimane comunque importante differenziare tra le cause quelle che necessitano di trattamenti medici o chirurgici, al fine di preservare la trasparenza corneale e la visione dell'animale esaminato. “DVM, Dottore di Ricerca in Oftalmologia Veterinaria Specialista in Clinica e Malattie dei Piccoli Animali (Oftalmologia)”Dr. Domenico MultariAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
Con il termine di pancreatite si definisce l’infiammazione del pancreas. Il pancreas è un organo ghiandolare localizzato nell’addome craniale, adiacente al piccolo intestino. In condizioni di normalità (fisiologiche), il pancreas svolge due funzioni molto importanti. Attraverso la produzione di insulina regola il metabolismo del glucosio e grazie alla secrezione di enzimi quali proteasi, amilasi, lipasi e fosfolipasi e tripsina (successivamente convertita a tripsinogeno) prende parte ai processi digestivi degli alimenti.Da questo si deduce che una patologia legata ad un’infiammazione di quest’organo può causare conseguenze gravi per l’organismo.La pancreatite acuta nel cane ad oggi è una patologia estremamente temuta perché può manifestarsi in modo grave ed avere un alto tasso di mortalità e tempi di guarigione molto lunghi. Esistono tuttavia vari gradi di gravità e alcune forme sono lievi e possono addirittura passare inosservate e senza sintomatologia evidente. I cani affetti da questa patologia necessitano solitamente di varie terapie che generalmente richiedono il ricovero.Vengono colpiti cani di media età ma può insorgere anche in soggetti più giovani e potenzialmente a qualunque età.Le cause di pancreatite acuta nel cane non sono ben chiare ma sono stati individuati diversi fattori predisponenti. Sicuramente una dieta ricca di grassi e povera in proteine può predisporre a questo tipo di patologia, anche l’eccessiva integrazione con alimenti non dedicati esclusivamente al cane (ad esempio cibo per gatti), o l’ingestione di alimenti avariati (ingestione di rifiuti) possono essere nocivi. Altri fattori che possono indurre la pancreatite sono l’ipercalcemia, l’ipertrigliceridemia, l’obesità, infiammazioni concomitanti quali enteriti, colangiti (ossia infiammazioni alla cistifellea), colangioepatiti (ossia infezioni alle vie biliari e al fegato) e l’assunzione di determinati tipi di farmaci quali ad esempio l’aziatioprina (farmaco immunosoppressivo), il bromuro di potassio (farmaco per l’epilessia) i sulfamidici (antibiotici), il cisplatino e l’asparginasi (farmaci oncologici).Potenzialmente anche alcuni farmaci possono predisporre allo sviluppo di pancreatite. Un tempo si credeva che anche le terapie cortisoniche potessero predisporre alla pancreatite ma questo non è stato confermato da recenti studi.Esiste anche una predisposizione di razza, e le cinque razze in cui è stata osservata una maggiore prevalenza della patologia sono il Miniature Schnauzer, lo Shetland Sheepdog, lo Yorkshire Terrier, il Barbone Nano e il Bichon Frisè. Va tuttavia ricordato che la pancreatite acuta può insorgere in qualunque razza.Anche cause traumatiche, sia chirurgiche che accidentali (es. grossi traumatismi addominali), possono predisporre all’insorgere della pancreatite acuta. A volte, l’ipoperfusione del pancreas in seguito a procedure anestesiologiche può predisporre allo sviluppo di pancreatite.Cani con altre patologie concomitanti, ad esempio disturbi endocrini (es. morbo di Cushing, ipotiroidismo, diabete mellito) sono maggiormente predisposti allo sviluppo di pancreatite.Sono stati identificati anche dei fattori ereditari, più precisamente mutazioni della tripsina che predispongono allo sviluppo dell’infiammazione del pancreas. Nella figura 1 vengono riportate le principali cause di pancreatite acuta nel cane. Indipendentemente dalla causa che raramente viene identificata con certezza, il decorso fisiopatologico di questa malattia è ben chiaro: uno o più dei fattori predisponenti sopracitati causa un rilascio eccessivo di enzimi pancreatici in particolare del tripsinogeno attivato a tripsina che innesca un processo di autodigestione dell’organo e un’intensa e acuta cascata infiammatoria. Figura 1: Schematizzazione dei fattori in grado di causare la pancreatite acuta nel cane. Tratto da Petrelli A, Fracassi F: La pancreatite acuta nel cane: eziopatogenesi, sintomatologia e diagnosi. Veterinaria 2016; 30:99-114Quali sintomi può dare questa patologia?Come detto in precedenza questa non è una malattia da sottovalutare e non sono da trascurare neanche i sintomi che possono variare da molto lievi, come ad esempio disappetenza, qualche sporadico episodio di vomito o lieve fastidio addominale, fino al vero e proprio addome acuto (addome estremamente dolente) con vomito frequente (vari episodi al giorno), anoressia e il così detto “atteggiamento a preghiera”( zampe anteriori allungate sul pavimento e zampe posteriori estese), disidratazione fino ad arrivare a stati di shock in cui il cane non riesce a stare in piedi.Figura 2. Cane con pancreatite acuta e assume il così detto “atteggiamento a preghiera” Questi sintomi (Tabella 1) non sono tuttavia patognomonici di pancreatite acuta, cioè fanno sospettare questa patologia come tante altre del comparto craniale addominale quali ad esempio problematiche epatiche, di cistifellea, gastriche o duodenali. Sintomi % Anoressia 91% Vomito 90% Debolezza 79% Dolore Addominale 58% Disidratazione 33% Febbre 23% Tabella 1: Sintomi con relative frequenze in corso di pancreatite acuta nel cane. Come si diagnostica questa patologia?La diagnosi si effettua integrando i dati dell’anamnesi (ossia la storia dell’animale), della visita clinica, degli esami di laboratorio e di diagnostica per immagini (soprattutto l’ecografia). Gli esami emato-biochimici e delle urine non permettono di individuare elementi specifici per diagnosticare la pancreatite; tuttavia, sono necessari per escludere le altre diagnosi differenziali che possono determinare una sintomatologia simile. A tele proposito gli esami di base che devono essere eseguiti sono:- Esame emocromocitometrico completo- Esame biochimico completo- Esame delle urineEsistono poi dei test più specifici per individuare la pancreatite:- Misurazione della lipasi e/o della così detta lipasi DGGR- Test per l’immunoreattività della lipasi pancreatica canina (cPLI)- Test per l’immunoreattività tripsinosimile sierica (TLI)La lipasi DGGR e il cPLI, pur con vari limiti (nessun test è perfetto), sono considerati i due parametri più attendibili per la diagnosi di pancreatite acuta nel cane. Va tuttavia sottolineato che per qualunque parametro laboratoristico esistono false positività (ossia il test è positivo ma la malattia non è presente) e false negatività (il test è negativo ma la malattia è presente). E’ compito del veterinario quello di integrare tutte le informazioni per emettere una diagnosi, non è possibile infatti basarsi su un singolo test. Ecografia addominale: I segni evidenziabili ecograficamente sono in relazione alla gravità della patologia, alla durata e all’estensione dell’infiammazione del tessuto pancreatico e delle strutture circostanti. Secondo uno studio, la capacità dell’ecografia addominale di evidenziare la pancreatite acuta nel cane è del 68%.Come si cura la pancreatite acuta nel cane ?Al pari di quanto avviene per molte patologie, la terapia dovrebbe essere finalizzata alla rimozione dell’eventuale causa sottostante. Per tale motivo risulta di fondamentale importanza indagare la presenza di potenziali fattori di rischio quali la presenza di ipertrigliceridemia, ipercalcemia, ingestione di rifiuti, tossici o alimenti fortemente ricchi di lipidi, anestesie recenti o somministrazione di farmaci. Nel caso in cui l’animale risulti in terapia con farmaci in grado di indurre pancreatite, quando possibile, tali farmaci andrebbero sospesi o quantomeno sostituiti. Purtroppo molto spesso non è possibile identificare la causa scatenante.Le terapie e la prognosi dipendono molto dallo stato di gravità della pancratite.Una grave pancreatite acuta nel cane è una patologia molto seria con alto tasso di mortalità e richiede cure intensive mentre una pancreatite moderata può essere gestita con fluidoterapia endovenosa e analgesici e i pazienti con pancreatite molto lievi possono a volte, anche se raramente, essere gestiti con terapie domiciliari.Esistono forme estremamente mortali di pancreatite acuta, le pancreatiti necrotizzanti gravi.Terapia di supportoUn’adeguata fluidoterapia rappresenta il punto cardine nella terapia della pancreatite acuta. La fluidoterapia deve essere individualizzata secondo le esigenze del singolo paziente.AlimentazioneFino a poco tempo fa l’indicazione era quella di non alimentare l’animale per diversi giorni al fine di “far riposare” il pancreas. Non esiste evidenza scientifica che questo sia corretto e pertanto le indicazioni sono quelle di alimentare da subito i soggetti con pancreatite. L’unica controindicazione è rappresentata dai cani con vomito frequente e difficile da bloccare; tuttavia, dopo 12 ore di assenza di vomito è indicato iniziare ad alimentare il soggetto con un alimento a bassissimo tenore lipidico. Nei casi di anoressia prolungata (2-4 giorni) è indicata una nutrizione enterale (sondino nasale, esofageo o gastrico). AnalgesiaNell’uomo la dolorabilità addominale viene riportata nel 90% dei soggetti con pancreatite. Nei nostri animali vengono indicate percentuali più basse. Nei nostri animali questi dati sono molto probabilmente falsati dal fatto che non siamo in grado di discriminare se vi sia o meno dolore addominale e molto probabilmente queste percentuali sono più alte. E’ opportuno considerare che ciascun cane e gatto con pancreatite abbia dolore addominale e dovrebbe essere trattato di conseguenza. Possono essere utilizzati differenti protocolli di analgesia ma è bene che i farmaci antinfiammatori vengano evitati.AntiemeticiNel caso in cui il cane, nonostante la terapia fluida e l’eventuale gastroprotettore, continui a vomitare è opportuno somministrare un antiemetico. Somministrazione di plasmaIl plasma contiene numerose sostanze quali fattori della coagulazione, inibitori delle proteasi albumina che possono essere benefici in un soggetto con pancreatite. Nonostante la somministrazione di plasma venga suggerita da molti autori né in medicina umana né in medicina veterinaria è stato provato che la terapia abbia un’influenza sulla prognosi dei pazienti con pancreatite acuta. AntibioticiRaramente i cani con pancreatite presentano complicazioni infettive e pertanto non vi è evidenza che la terapia antibiotica sia utile nel management di questa patologia. La terapia antibiotica può eventualmente risultare utile nelle forme più gravi al fine di evitare una traslocazione batterica dall’intestino. AntinfiammatoriNon vi è indicazione che vi siano dei benefici riguardanti l’utilizzo di corticosteroidi o antinfiammatori non steroidei (FANS) nella terapia della pancreatite. Molti FANS sono stati inoltre riconosciuti come possibile causa di pancreatite e vanno pertanto evitati.Intervento chirurgicoNumerosi protocolli chirurgici sono stati proposti nella gestione della pancreatite acuta e cronica quali il lavaggio peritoneale, la pancrectomia parziale e la necrosectomia. Non esistono studi sistematici che dimostrino l’efficacia di tali procedure nel cane. Attualmente le eventuali indicazioni chirurgiche riguardano soltanto gli ascessi pancreatici o le pseudo cisti che non tendono a regredire.Con la collaborazione della Dr.ssa Elena Zanato “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
L’aumento della sete (polidipsia) nel cane è un sintomo aspecifico che può verificarsi in corso di diverse patologie sia acute che croniche e spesso si presenta associato ad altri segni clinici. Tra i sintomi associati più frequenti c’è la poliuria, ossia l’emissione di elevate quantità di urine. Quasi sempre queste due problematiche sono associate e nei testi scientifici la terminologia tecnica utilizzata è di poliuria/polidipsia, ossia l’urinare e il bere eccessivo. Nel caso in cui il cane abbia libero accesso all’esterno, può accadere che venga notata esclusivamente l’eccessiva assunzione di acqua ma non l’eccessiva urinazione. Questi sintomi possono insorgere in maniera repentina e molto evidente, sintomo di malattia acuta, viceversa una patologia cronica può portare ad un’insorgenza lenta e graduale. Ma come facciamo a capire se il nostro cane sta bevendo troppo? Normalmente i nostri cani bevono, nell’arco della giornata, circa 30-40 ml di acqua per kg di peso corporeo. E’ normale che un cane alimentato esclusivamente a crocchette o nella stagione estiva beva un po’ di più. Solitamente si parla di polidipsia patologica nel cane quando vi è un’assunzione di acqua >100 ml/kg al giorno. Per fare quindi un esempio, un cane di 10 kg si può definire polidipsico quando beve più di 1 litro si acqua al giorno (10 kg x100 ml=1000 ml). Per determinare l’assunzione di acqua è opportuno lasciare a disposizione una sola ciotola di acqua da riempire con una quantità nota e valutare, dopo 24 ore, quanta ne abbia bevuta. Bisogna fare attenzione a fonti di acqua che si possano trovare fuori casa, ad esempio al parco o nel giardino, che possono quindi influenzare tale valutazione. Se l’aumento della sete non è così evidente e repentino può essere d’aiuto anche l’osservare i cambiamenti di abitudine dell’animale, ad esempio la richiesta di acqua dal rubinetto o il cercare di bere acqua dai sanitari. Una volta sospettato un reale aumento della sete è sempre importante fissare una visita con il veterinario curante, poiché questo sintomo, anche se si presenta da solo, può essere indice di patologie, a volte anche gravi. Le cause di poliuria/polidipsia sono molte, includono sia malattie acute che croniche Quali sono le principali patologie che portano a poliuria e polidipsia? DIABETE MELLITO. Il diabete mellito è una patologia molto comune nei cani al di sopra dei 6-7 anni ed è una malattia caratterizzata dall’aumento di glucosio nel sangue dovuto ad una carenza dell’ormone insulina. L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas e serve a mantenere normali i livelli di glucosio nel sangue. Nel cane il diabete mellito deve essere riconosciuto in fretta e la terapia deve essere iniziata il prima possibile, altrimenti vi è il rischio di uno scompenso chiamato chetoacidosi diabetica. La terapia del diabete mellito si basa principalmente sulla somministrazione sottocutanea di insulina e sulla somministrazione di un’apposita dieta. SINDROME DI CUSHING. Questa malattia è caratterizzata da un aumento dell’ormone cortisolo, un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, secondario ad una malattia dell’ipofisi o delle ghiandole surrenali stesse. E’ una malattia che solitamente insorge i cani anziani ma si può verificare anche in cani di mezza età. In questi soggetti, solitamente, il bere e l’urinare eccessivo si associa a un aumento dell’appetito e a volte a problemi dermatologici o altri sintomi (es aumento di volume dell’addome, debolezza, ansimare eccessivo, ecc.). La diagnosi di questa malattia non è semplice e per arrivare a confermarla e ad impostare una terapia il veterinario deve effettuare diverse indagini diagnostiche (esami del sangue e delle urine di base, esami di diagnostica per immagini e test endocrini specifici). INSUFFICIENZA RENALE. L’insufficienza renale può manifestarsi in maniera sia acuta che cronica e generalmente nel cane è secondaria a diverse patologie o comunque causa di diversi meccanismi patologici. La forma acuta generalmente è molto pericolosa, insorge in maniera repentina e può risolversi solo con adeguate terapie e spesso è necessario il ricovero dell’animale. le cause di insufficienza renale acuta sono il più delle volte infettive (es. leptospirosi), tossiche (es. farmaci antinfiammatori, piante tossiche) o ostruttive. La forma cronica invece, in cui i sintomi di poliuria e polidipsia sono spesso più evidenti, è dovuta nella maggior parte dei casi ad un danno cronico dell’organo e le cause possono essere diverse e non sempre identificabili. La terapia, soprattutto per le forme croniche, si basa sull’assunzione di una dieta specifica ed eventuali terapie farmacologiche che possono essere differenti da caso a caso. PIOMETRA. La piometra è un’infezione uterina che si può presentare abbastanza frequentemente nelle cagne non sterilizzate. La poliuria ha solitamente una insorgenza acuta. Oltre alla poliuria e polidipsia si osservano frequentemente scolo vulvare, apatia, dolore addominale, calo dell’appetito e vomito. La terapia è il più delle volte di tipo chirurgico. POLIDIPSIA PSICOGENA. Alcuni cani iniziano a bere in modo eccessivo per un problema comportamentale. Il più delle volte si tratta di soggetti giovani e spesso tale disturbo si associa ad altri problemi comportamentali. Solitamente questi soggetti non cercano l’acqua in modo costante e il bere eccessivo si manifesta maggiormente in corrispondenza di determinate situazioni (es quando qualche componente della famiglia rientra o esce da casa o quando si viene a creare una condizione stressante per l’animale). A questa diagnosi si arriva dopo avere escluso tutte le altre cause di poliuria polidipsia (diagnosi per esclusione). Per la terapia è necessario rivolgersi a un veterinario comportamentalista. ALTRE CAUSE. Esistono molte altre patologie, più infrequenti, che possono portare ad un aumento della sete, ad esempio tumori, malattie in grado di determinare aumento di calcio nel sangue, policitemia (aumento dei globuli rossi), infezioni delle vie urinarie (es. pielonefriti), malattie del fegato, diabete insipido (carenza o inattività di un ormone chiamato ADH che serve a far concentrare le urine), eccessivo contenuto di sodio nella dieta ed altre cause. FARMACI. Un'altra importate causa di aumento della sete nel cane è l’assunzione di certi farmaci. In particolare i farmaci diuretici e ancor di più i cortisonici possono indurre allo sviluppo di urine diluite con conseguente intensa poliuria polidipsia. Può essere utile ridurre l’acqua a disposizione del cane? Nella maggior parte dei casi non è una buona idea quella di ridurre l’acqua a disposizione. Nella maggior parte dei casi i cani bevono in modo eccessivo perché ne hanno bisogno. Quasi sempre i cani bevono troppo poiché la patologia sottostante li porta ad urinare eccessivamente. Bevono quindi per non disidratarsi. E’ quindi evidente come sia importante lasciare sempre abbondante acqua fresca a disposizione. Esistono dei rari casi nei quali può essere utile limitare l’acqua da somministrare. Si tratta tuttavia di situazioni particolari e poco frequenti (es polidipsia psicogena) e in tal caso la restrizione di acqua deve essere prescritta dal medico veterinario. Cosa fare e come si fa diagnosi? All’apparire di questo sintomo è importante recarsi dal proprio veterinario curante. Dopo la raccolta della storia clinica (anamnesi) e l’esecuzione una visita accurata, vengono generalmente effettuati degli esami ematologici e delle urine: Esame emocromocitometrico completo Profilo biochimico completo Analisi delle urine completo con eventuale urinocoltura e antibiogramma Successivamente può essere necessario procedere con delle analisi più specifiche, generalmente test ormonali e esami di diagnostica per immagini: Test di stimolazione con ACTH, test di soppressione con desametasone a basse dosi e misurazione dell’ACTH endogeno per la Sindrome di Cushing Misurazione del calcio ionizzato se si sospetta un problema di ipercalcemia RX addominale e toracica per valutare focolai infiammatori/infettivi o presenza di tumori Ecografia addominale Tomografia Computerizzata (soprattutto per valutare la presenza di tumori o problematiche alla ghiandola ipofisi) Test di privazione dell’acqua o prova analoga (es. risposta alla vasopressina) TERAPIA Poiché le patologie che portano all’aumento di sete sono numerose e molto diverse fra loro, anche le terapie possono essere molto differenti. E’ ovviamente importante iniziare una qualsiasi terapia solo dopo aver ottenuto una diagnosi certa.In collaborazione con la Dr.ssa Elena Zanato “DVM, Diplomato ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Internal Medicine - Animali da compagnia, Endocrinologia non riproduttiva, medicina interna e terapia (Malattie Metaboliche).”Prof. Federico FracassiAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
Il mastocitoma del cane è una neoplasia maligna della cute molto comune nel cane. I mastociti sono cellule che intervengono nelle allergie ed infiammazione. I granuli contenuti al loro interno possono essere rilasciati in grandi quantità (degranulazione), e provocare alterazioni locali (prurito, eritema, ulcerazione) e sistemiche (ulcere gastriche, emorragie, ipotensione). Alcune razze di cani sono maggiormente predisposte al mastocitoma, tra queste il boxer, carlini, bulldog, boston terrier, labrador retriever, golden retriever, weimaraner, rhodesian ridgeback, beagle, shar-pei, stafforshire terrier, ma di fatto il mastocitoma del cane può interessare qualunque razza. La causa è sconosciuta, ma si ipotizzano la predisposizione genetica in alcune razze, le anormalità molecolari, e l’infiammazione cronica. Solitamente il cane viene portato dal veterinario per la presenza di un nodulo cutaneo, che può o meno essere ulcerato in superficie e alopecico, e che può aver alternato periodi di scomparsa a periodi di recrudescenza. Questo è dovuto al rilascio di istamina da parte del tumore, che provoca un rigonfiamento del nodulo. Alcuni mastocitomi nel cane hanno un comportamento indolente, e possono essere presenti anche da anni, altri sono più aggressivi, e metastatizzano velocemente, prima ai linfonodi regionali, poi ai visceri (soprattutto fegato e milza). Diagnosi Il primo passo nell’iter diagnostico è la citologia del nodulo. Una volta confermato citologicamente che si tratta di un mastocitoma, il tumore deve essere stadiato, per verificare se ci sono o meno metastasi. La stadiazione serve per scegliere le opzioni terapeutiche migliori e per definire la prognosi. Il linfonodo sentinella, identificato mediante diagnostica per immagini avanzata, deve essere valutato mediante ago aspirato; sono necessarie le radiografie del torace, soprattutto per escludere altri problemi subclinici, l’ecografia addominale e la citologia di fegato e milza. In alcuni casi è necessario valutare anche il midollo osseo. Gli esami del sangue di base, insieme al profilo coagulativo e all’esame delle urine, completano la fase di stadiazione, e permettono di ottenere informazioni circa lo stato generale di salute del cane. Terapia La chirurgia rappresenta la terapia d’elezione per la maggior parte dei mastocitomi che non hanno metastatizzato, o che hanno metastatizzato al linfonodo regionale. Oltre alla rimozione del tumore primitivo è utile asportare sempre anche il linfonodo sentinella, indipendentemente dal risultato della citologia. L’esame istopatologico del tumore primitivo e del linfonodo sentinella permette di fornire moltissime informazioni prognostiche ed è uno tra i fattori prognostici più importanti, insieme alla stadiazione. In alcuni casi vengono suggeriti ulteriori approfondimenti, che permettono di anticipare meglio il comportamento biologico. In altri casi (grado istologico elevato, presenza di metastasi), la chirurgia non è sufficiente, e sarà necessario ricorrere alla terapia medica, che consiste in chemioterapia tradizionale o farmaci a bersaglio. In particolare, per questi ultimi, è consigliato richiedere sul tumore primitivo l’analisi mutazionale, dal momento che i farmaci inibitori tirosin-chinasici funzionano meglio o esclusivamente in caso di mutazione di un gene: il gene c-kit. La radioterapia può essere un’opzione se il tumore non può essere rimosso chirurgicamente, oppure se non si è ottenuto il controllo locale. I mastocitomi sono, infatti, radiosensibili, e la radioterapia può essere presa in considerazione in un approccio multimodale. Prognosi La prognosi varia moltissimo in funzione di grado istologico del tumore primitivo, stato del linfonodo sentinella e risultato della stadiazione del paziente. Numerosi altri fattori prognostici sono stati ben documentati e dovranno essere valutati in concerto, tra cui segnalamento, sede di insorgenza, presenza di ulcerazione e dimensione del mastocitoma primitivo, stato mutazionale di c-kit, Ki67 e KIT pattern. Per questi motivi il veterinario potrà proporre numerosi e utilissimi approfondimenti diagnostici in caso di diagnosi di mastocitoma del cane. “Med. Vet., Professore Associato Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Oncology - Animali da compagnia - (Oncologia)”Prof.ssa Laura MarconatoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}
Il mastocitoma del gatto è una neoplasia maligna che origina dai mastociti. I mastociti sono cellule che intervengono nelle allergie ed infiammazione. I granuli contenuti al loro interno possono essere rilasciati in grandi quantità (degranulazione), e provocare alterazioni locali (prurito, eritema, ulcerazione) e sistemiche (ulcere gastriche, emorragie, ipotensione). Nel gatto sono descritte due forme di mastocitoma: la cutanea e la forma viscerale. La forma cutanea è spesso localizzata e curabile con la chirurgia. Solitamente il gatto viene portato dal veterinario per la presenza di un nodulo cutaneo, che può o meno essere ulcerato in superficie e alopecico e che può aver alternato periodi di scomparsa a periodi di recrudescenza. Questo è dovuto al rilascio di istamina da parte del tumore, che provoca un rigonfiamento del nodulo. A volte, però, i noduli cutanei rappresentano una forma metastatica di mastocitoma che ha preso origine dalla milza o dall’intestino. In queste forme di mastocitoma viscerale, il gatto manifesta sintomi vaghi, tra cui inappetenza, vomito e perdita di peso. Il primo passo nell’iter diagnostico è la citologia del nodulo. Una volta confermato che si tratta di un mastocitoma, il tumore anche in questo caso deve essere stadiato. La stadiazione serve per scegliere le opzioni terapeutiche migliori e per definire la prognosi. Il linfonodo regionale deve essere valutato mediante ago aspirato; sono necessarie le radiografie del torace, l’ecografia addominale e la citologia di fegato, milza e di qualunque lesione venga visualizzata. Completano la fase di stadiazione gli esami del sangue di base, insieme al profilo coagulativo ed all’esame delle urine. Tutti questi esami permettono di ottenere informazioni circa lo stato generale di salute del gatto. La chirurgia rappresenta la terapia d’elezione per la maggior parte dei mastocitomi cutanei. In caso di mastocitoma viscerale, splenico o intestinale, deve essere presa in considerazione la terapia chirurgica. In funzione dell’esito della stadiazione e di altri parametri prognostici, può essere introdotta la terapia medica. La radioterapia non è quasi mai presa in considerazione.Quindi se il vostro gatto presenta un nodulo cutaneo oppure se mostra sintomi vaghi di inappentenza, perdita di peso o vomito il consiglio è di recarvi subito dal vostro veterinario per effettuare tutti gli esami diagnostici necessari. “Med. Vet., Professore Associato Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Diplomata ECVIM-CA, EBVS® - European Veterinary Specialist in Small Animal Oncology - Animali da compagnia - (Oncologia)”Prof.ssa Laura MarconatoAutore #sppb-addon-1719818877863 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877863 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877863 img{}#sppb-addon-1719818877864 { box-shadow: 0 0 0 0 #ffffff; margin:0px 0px 30px 0px;} @media (min-width: 768px) and (max-width: 991px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 20px;margin-left: 0px;}}@media (max-width: 767px) {#sppb-addon-1719818877864 {margin-top: 0px;margin-right: 0px;margin-bottom: 10px;margin-left: 0px;}}#sppb-addon-1719818877864 img{}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}.sp-page-builder .page-content #section-id-1719818877856{padding-top:30px;padding-right:0px;padding-bottom:30px;padding-left:0px;margin-top:0px;margin-right:0px;margin-bottom:0px;margin-left:0px;}#column-id-1719818877862{box-shadow:0 0 0 0 #fff;}